La fine di Brangelina ha incenerito in real time l'inno al Progresso intonato da Obama all'Onu
New York. Il contesto è importante. La notizia delle “differenze inconciliabili” fra Angelina Jolie e Brad Pitt è arrivata non in un momento qualsiasi ma proprio mentre nella caverna di marmo verde dell’Onu Barack Obama stava intonando il più appassionato degli inni al Progresso, all’Ordine Democratico e Liberale, perfezionare l’Umanità e redimere la Storia, e molte altre cose con la lettera maiuscola. Ha tratteggiato un’escatologia umanista, un orizzonte salvifico che si scontra quotidianamente con paturnie nazionaliste, ossessioni per i muri, istinti anti globalizzazione, logiche tribali e faide fra clan. La certezza di Obama, però, è che il Progresso democratico prevarrà infine su questi residuali accidenti della Storia. La Democrazia contiene l’antidoto alle sue stesse patologie: “Questo non significa che le democrazie sono senza difetti. Significa che la cura per ciò che mette in pericolo le nostre democrazie è un maggiore, non minore, coinvolgimento da parte dei nostri cittadini”. A dispetto di tutte le crisi globali, le divisioni e le difficoltà percepite, Obama è certo che la parte più nobile dell’umanità stia prevalendo, e per dimostrarlo illumina un contesto fatto di dati e indicazioni con il segno positivo. “I fatti e la storia sono dalla nostra parte”, ha proclamato.
E ancora: “I princìpi dei mercati aperti e della governance responsabile, della democrazia, dei diritti umani e del diritto internazionale che abbiamo forgiato rimangono il più solido fondamento del progresso umano in questo secolo”. Nel consesso onusiano ha superato, spostandosi nella corsia del liberalismo più puro e astratto, anche l’idea dell’eccezionalismo americano: il Progresso non è ancorato a un luogo e a un assetto di governo, ma riguarda l’idea stessa di Umanità, tutti sono coinvolti in questa corsa verso il Mondo Migliore.
Dovendo scegliere un testimonial per far risuonare questo messaggio in modo accattivante, a chi pensereste? A una crasi: Brangelina. Non c’è coppia nell’universo occidentale che meglio incarna tutto ciò di cui Obama ha parlato con urgenza e visione ideale. Le campagne umanitarie, i figli adottati, la vita glamour ma responsabile, le campagne a fin di bene, la leggerezza senza frivolezza, la sensualità senza la volgarità, una coppia cosmopolita e plurilingue che si muove fra l’Unesco e gli Oscar, fra i campi profughi e il Gay pride, spaziando da Tomb Raider a Terrence Malick senza sentirsi in difetto o in contraddizione. La chirurgia preventiva di Angelina, che si è sottoposta a una doppia mastectomia per ingannare le cellule che avrebbero potuto modificarsi nel modo sbagliato, è una delle vette di modernità di una coppia che è diventata un archetipo.
E mentre Obama celebrava davanti ai potenti della terra l’archè che Brangelina interpreta, la coppia si disfaceva, quel grande progetto che era molto più di un matrimonio o di una macchina da soldi, mostrava la sua profonda fragilità, smentendo con un fatto da copertina più potente di qualunque discorso da Palazzo di vetro quello che il presidente andava dicendo con la sua fredda passione. Mentre lui spingeva avanti la Storia, la loro storia era finita.
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