Clara Dollar ha ucciso il personaggio che aveva curato su Instagram. Con un metadubbio
La cura che ciascuno mette nella rappresentazione di sé genera un conflitto esistenziale
New York. La parola “curated” distingue l’account Instagram personale da quello costruito per promuovere un brand. Curato è un eufemismo per dire finto, commerciale, pubblicitario, mangiaclic. Forse soltanto Ivanka Trump si vanta esplicitamente del fatto che la sua vita social è curata così bene. Tutti gli altri curano tentando di non far vedere che stanno curando. La dissimulazione di naturalezza è la chiave del concetto di cura, in termini social.
Clara Dollar non è Ivanka Trump, e non è nemmeno Chiara Ferragni. E’ una studentessa della scuola di arti della New York University, non è una webstar che per ragioni commerciali necessita di una separazione fra la sua identità reale e quella di Instagram, fra la persona e il personaggio. Soltanto che negli ultimi otto anni si è dedicata a coltivare con metodo il suo personaggio social, che non promuove abiti sponsorizzati e non ha altro scopo se non rappresentarsi presso il mondo esterno. Ha curato non già la sua immagine, ma quella del suo doppio di Instagram. La @dollahbackgirl – nome che tradisce una passione vintage per Gwen Stefani: siamo già nell’ambito della cura – che ha creato indossa sempre la giaca di pelle nera, mostra prevalentemente il profilo sinistro, parla con caption argute e sarcastiche, fa solo cose belle e stravaganti, legge libri intelligenti, ogni tanto posta delle foto un po’ mosse che avranno certamente richiesto più tempo di quelle a fuoco. Ha lasciato fuori dalla sua vita di Instagram debolezze, ipocrisie, contraddizioni, errori o anche soltanto momenti in cui dice e fa cose banali.
Poiché Clara ha talento, capacità di scrittura e filtri (ricordare: anche il no filtro è un filtro), il sé che ha raccontato in giro è piaciuto, il giro dei follower s’è allargato. Insomma, Clara s’è fatta un’identità che sarebbe scorretto definire falsa: è curata. E lei un po’ ci è rimasta sotto. Lo ha capito quando è iniziata la storia con Joe, il compagno di corso più cool che si è innamorato della ragazza che ha conosciuto su Instagram. Il conflitto a quel punto è esploso: la ragazza non curata si è sforzata di assomigliare sempre di più al personaggio che aveva affascinato Joe – giacca di pelle fissa, profilo sinistro esibito anche a cena – ma dopo un po’ il giovane s’è annoiato. Non aveva più voglia delle battute pronte e delle feste giuste. Clara, che ha raccontato il conflitto con la sua vita social in un articolo sul New York Times, fa il parallelo con i personaggi delle serie tv. La loro coerenza stanca, quindi devono sempre cambiare. I buoni diventano cattivi, gli eterosessuali gay, i terroristi eroi. Quelli che non cambiano muoiono, oppure vengono tagliati. Il suo personaggio di Instagram aveva stancato il ragazzo di cui si era innamorato, e lei non poteva nemmeno ammettere che si era innamorata, perché il suo personaggio distaccato e puntuto non prevedeva un tale cedimento. La storia va avanti e ognuno può andare a leggersela, ma il punto è che la vicenda di Clara è quella di tutti noi. E’ la cura che ciascuno mette nella rappresentazione di sé. La separazione fra persona e personaggio non è una breaking news, ma la storia di questa ragazza mostra bene la sua normalizzazione, che culmina in un metadubbio diabolico che assale le nostre menti ormai impregnate dell’idea di cura. Non è parte del personaggio anche raccontare al New York Times la storia di come il personaggio ha preso il sopravvento sulla persona? Non sarà un altro modo per curare la sua vita di Instagram?
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