La Norvegia è il paradiso delle auto elettriche, ma le vuole buttare fuori dalle città
Nel 2020, secondo un report del World Economic Forum, il 61,5 per cento delle auto immatricolate è stato elettrico, percentuale che sale all’89
per cento se si includono le ibride. Aumentano anche le zone car free
Fu quando una nave cisterna battente bandiera panamense si incagliò al largo della costa di Langesund, circa centocinquanta chilometri a sud di Oslo, durante la notte tra il 31 di luglio e il primo di agosto del 2009 e riversò in mare 1.000 tonnellate di nafta, che la Norvegia iniziò a interrogarsi sul futuro energetico del paese. La domanda era essenzialmente una: c’è futuro senza petrolio? La risposta, di istituzioni e opinione pubblica, fu la stessa: sì, esiste. Ma all’ideologismo verde prevalse, almeno nella gran parte della politica e della società civile, il pragmatismo: la risposta all’inquinamento e ai rischi ambientali non può essere ridurre tutto a una rinuncia al petrolio. Come fare?, fu la domanda dei più. La politica si rivolse alla scienza e la scienza indicò la via: serve investire in tecnologia.
Un pragmatismo che parte da una constatazione, conti alla mano, lapalissiana: l’economia norvegese non può fare a meno del petrolio. Questo rappresenta infatti circa il 52 per cento delle esportazioni e il 25 per cento del pil. Farne a meno significherebbe mettere a repentaglio le fondamenta economiche del paese.
Non poterne farne a meno però non vuol dire dovere per forza servirsene. “Il petrolio è il passato, ma è un passato ancora attuale, con il quale non possiamo non fare i conti. La transizione verso il futuro è una strada lunga e complicata, decidere in base all’ideologia e all’emotività è qualcosa non solo di sciocco, ma è soprattutto una decisione irresponsabile”, disse nel 2014 l’ex ministra del Clima e dell’Ambiente, Tine Sundtoft. In sintesi: la Norvegia continua a estrarre petrolio e gas, ma lo fa con tecnologie all’avanguardia per limitare i danni ambientali e soprattutto “vuole puntare su di una trasformazione interna del fabbisogno energetico puntando sulle rinnovabili”.
Nel 2020 circa il 97 per cento dell’energia della Norvegia proviene dall’energia idroelettrica grazie allo sfruttamento delle maree e dei corsi d’acqua. Un risultato che è stato possibile grazie a un percorso iniziato alla metà dell’Ottocento che ha subito un’importante accelerazione negli ultimi dieci anni grazie all’utilizzo di tecnologie all’avanguardia rese possibile dalle centinaia di progetti di ricerca che si muovono attorno ai generatori di start up del paese.
Un fabbisogno di elettricità che è cresciuto di quasi il cinquanta per cento negli ultimi anni a causa dell’elettrificazione quasi totale del paese. Un aumento dovuto principalmente all’aumento della richiesta di energia del settore trasporti. Perché, come sottolineò nel 2016 Vidar Helgesen, il successore di Sundtoft al ministero del Clima e dell’Ambiente, “è sui trasporti che si gioca una buona parte della questione ambientale”.
La Norvegia aveva già avviato la completa elettrificazione della rete ferroviaria e aveva raggiunto, con due anni d’anticipo, l’obbiettivo di avere almeno 50 mila veicoli elettrici sulle loro strade. Un numero cresciuto costantemente negli anni. Nel 2020, secondo un report del World Economic Forum, sono state immatricolate nel paese scandinavo 15.552 automobili, il 61,5 per cento delle quali elettriche. Una percentuale che sale all’89 per cento se si includono gli ibridi. L’obiettivo del governo è quello di eliminare entro il 2025 le vendite di mezzi di trasporto a benzina o diesel.
Negli ultimi cinque anni se l’aumento delle immatricolazioni è stato superiore a quello della popolazione, non è stato così per il numero totale dei veicoli, che è cresciuto ma molto meno di quello degli abitanti nel paese scandinavo. Cosa vuol dire tutto questo? Che i norvegesi in questo periodo hanno sì sostituito in buona parte le loro automobili, ma che in molti hanno deciso di non averne. Nelle grandi città per esempio il numero di veicoli nel 2019 erano inferiori a quelli del 2014 del 2,3 per cento. E questo perché le amministrazioni cittadine hanno deciso di disincentivare il traffico automobilistico.
Oslo nel 2019 aveva precluso l’accesso alle auto in numerosi quartieri della città, riuscendo a fine di quell’anno, prima città al mondo, di ridurre a zero le morti di ciclisti e pedoni. “Non siamo contrari alle auto, siamo contrari alle auto in città: occupano spazio, inquinano e sono pericolose. Tutto ciò alza i costi per la popolazione per due ragioni: riducono gli acquisti e aumentano la spesa sanitaria pro capite, disse la sindaca della capitale norvegese, Marianne Borgen, nel 2018. Con benefici per l’ambiente: il tasso di inquinamento nel 2019 è sceso di quasi sette punti percentuali, del 25 per cento rispetto al 2009. Scenderà ancora perché il comune ha incentivato l’utilizzo di macchinari elettrici nei cantieri. I vecchi macchinari per realizzare i lavori per il mantenimento di strade, edifici pubblici e quelli legati alla manutenzione del verde verranno rimpiazzati, in modo progressivo, da modelli totalmente elettrici.
Oslo punta anche a ridurre drasticamente il traffico nelle zone periferiche e nell’hinterland della città. Per farlo, nel dicembre del 2019, era stato approvato un piano di rafforzamento del servizio pubblico e nuove estensioni dell’area pedonale della città. La pandemia di Covid-19 ha scombussolato i piani. Parte dei fondi inizialmente stanziati per i mezzi di trasporto sono stati convogliati nella realizzazione di greenway, in pratica delle autostrade per biciclette, per collegare le zone periferiche al centro. “Il virus ha imposto nuove priorità”, ha detto la prima cittadina. Da marzo a novembre 2020 le biciclette, secondo le stime del Statistisk sentralbyrå, l’ente di ricerca pubblico norvegese che raccoglie, analizza e pubblica le informazioni statistiche, sono aumentate di circa il 10 per cento nel paese, e, secondo le stime del centro per la mobilità del comune di Oslo, gli spostamenti in bicicletta sono cresciuti di oltre un quinto rispetto all’anno precedente mentre i chilometri percorsi di quasi un terzo. A permettere questo aumento dei chilometri percorsi è stata anche la diffusione sempre maggiore delle ebike, le biciclette a pedalate assistita, che è aumentata nelle zone urbane del paese di quasi il 10 per cento.
In Norvegia fa freddo, c’è poca luce d’inverno e non è tutta pianura, eppure la gente in bicicletta ci va lo stesso e ci va sempre di più.