sicurezza stradale
Salvini usa la burocrazia contro le città 30
Il ministro dice che serve “collaborare per ottenere città più sicure", ma con una direttiva rende più difficile l'abbassamento della velocità nelle città invocando il pericolo di "intralcio per il normale flusso della circolazione". Eppure in tutte le città 30 gli ingorghi sono diminuiti
Almeno a parole Matteo Salvini dice che “la priorità è salvare vite” e che serve “collaborare per ottenere città più sicure: serve un equilibrio affinché non ci siano provvedimenti poco efficaci o dannosi”. Il tema è il solito: la decisione del comune di Bologna di rendere la città una città 30, ossia di estendere il limite orario di 30 chilometri all’ora a gran parte delle strade del capoluogo emiliano. Anche l’equivoco di fondo è sempre lo stesso: il limite non riguarda tutte le strade, ma solo quelle del centro storico e dei quartieri residenziali, mentre è stato lasciato invariato il limite massimo di velocità in quelle che uniscono i quartieri residenziali, i viali esterni al centro storico e tutte quelle cosiddette a “scorrimento veloce”. Un piano, quello dell'amministrazione bolognese, peraltro in linea con il Piano per la sicurezza Nazionale del Mit, approvato durante il governo Draghi con il supporto della Lega di Matteo Salvini.
Il “collaborare” del ministro delle Infrastrutture e trasporti però si sta, ai fatti, evolvendo in una direttiva che “si pone l’obiettivo di chiarire alcuni passaggi ai comuni che intendano fissare deroghe al limite generale di velocità di 50 km orari fissato per i centri urbani”. Una direttiva che prevede sì deroghe verso il basso (fino ai 30 km/h) e verso l’alto (fino ai 70 km/h) ma che potranno essere previste “solo per singole strade o tratti di strada, laddove sussistano determinate condizioni oggettive” (ossia ingressi e uscite da fabbriche, scuole, asili, parchi giochi ecc.). E che in ogni caso dovranno essere motivate caso per caso per “evitare qualsiasi fissazione generalizzata di deroghe al limite di 50 km orari nel contesto urbano”.
In ogni caso è un approccio un po' più morbido quello scelto dal ministro, rispetto alla volontà iniziale di azzoppare il progetto per tutelare i bolognesi. Anche perché uno scontro frontale con il sindaco di Bologna avrebbe provocato problemi in quelle città governate dal centrodestra che hanno già scelto di diventare città 30 de facto, come Olbia, o in maniera silenziosa, come Treviso. Lo stesso sindaco della città veneta ha ricordato a Salvini che "noi città 30 in verità già lo siamo da diversi anni. Mi spiego: il centro storico di Treviso è molto piccolo, medievale, quindi nell’ottica di realizzare una città su misura di pedoni e di ciclisti abbiamo inserito il limite dei 30 chilometri orari per garantire anche per strada, laddove non fosse possibile realizzare delle ciclabili, una promiscuità tra automobili e ciclisti". Prima di bacchettarlo: "Penso che i sindaci conoscano meglio di chiunque altro ogni angolo della propria città, i problemi e le esigenze specifiche di quel determinato territorio. Quindi sono loro che meglio di tutti possono prendere decisioni su queste materie, anche attraverso il confronto coi cittadini".
Una direttiva quindi che cerca, tramite la burocrazia, di rendere il più difficile possibile l’evoluzione delle città in città 30.
Tutto ciò viene giustificato dal ministro Salvini citando l’articolo 141, comma 6 del Codice della strada: “Il conducente non deve circolare a velocità talmente ridotta da costituire intralcio o pericolo per il normale flusso della circolazione”. Si spiega nella direttiva: “L’imposizione generalizzata di limiti di velocità eccessivamente ridotti potrebbe causare intralcio alla circolazione e, conseguentemente, risultare pregiudizievole sotto il profilo ambientale, nonché dell’ordinata regolazione del traffico, creando ‘ingorghi e code’ stradali”.
Questo però cozza contro l’esperienza della totalità delle città 30 in Europa, nelle quali non solo “ingorghi e code” sono diminuite, ma anzi la velocità veicolare media nelle ore di punta si è alzata leggermente.
Prima dell’evoluzione in città 30, iniziata nel 2019 e ancora non completata, a Barcellona nelle ore di punta si teneva in media una velocità di 22,8 chilometri orari, ora è salita a 24,2, grazie alla diminuzione complessiva dell’utilizzo medio delle automobili (-6,8 per cento). Nello stesso arco di tempo, gli incidenti stradali sono diminuiti del 16,6 per cento dal 2019 e del 3,1 per cento rispetto all’anno scorso.