Foto Ansa

la parabola

Dopo il divieto pure la bomba. Il crepuscolo del monopattino

Michele Masneri

Da mezzo per la mobilità simpatica e sostenibile, in pochi anni è diventato sinonimo di pericolosità sociale. Ma con l'ordigno che ha ucciso il generale russo Kirillov il monopattino ha perso per sempre l'innocenza

In pochi anni è diventato da mezzo per la mobilità simpatica e sostenibile a sinonimo di pericolosità sociale.  Ma ieri il monopattino ha perso per sempre e definitivamente la sua innocenza. L’ordigno che ha fatto saltare in aria a Mosca il generale Kirillov, il gran capo della difesa atomica russa, era trasportato proprio da un monopattino, che si sappia fatto mai accaduto prima (“Il monopattino bomba contro il generale delle atomiche”, titolava il Corriere della Sera, tipo “Totò contro Maciste”). Kirillov era il responsabile anche dei droni, e il monopattino è un po’ un drone di terra. Il monopattino vive la sua Spoon River: anche in Italia è il nuovo nemico. Parallelamente al fumatore di canne è la nuova vittima del panpenalismo melonian-salviniano che ha portato al nuovo codice della strada entrato in vigore da pochi giorni (ma forse il ministro dei Trasporti aveva dei report riservati da Mosca).  

 

Il monopattino non si potrà più guidare, anzi si potrà guidare ma solo con casco e assicurazione (altra sottigliezza del panpenalismo meloniano); come dire, non tecnicamente  impossibile, ma di fatto sì. Ovviamente le vittime sono soprattutto le aziende di sharing, perché, anche volendo, dove lo metti un casco, non essendoci i bauletti come nei motorini Cooltra? Dunque, RIP monopattino.  Che non è che faceva impazzire tutti, eh. Infatti il panpenalismo melonian-salviniano mica è scemo: il monopattino era amato da metà popolazione ma odiato dall’altra. Parcheggiato a caso sui marciapiedi, sfrecciante in mezzo alla strada, è l’incubo di ogni automobilista e pure del pedone che se lo vede addosso sui marciapiedi. A Roma, il turista teenager ubriaco, generalmente americano e in braghe corte anche a gennaio, che con l’amico o l’amica e comunque in due ti attraversa l’incrocio alle tre di notte è ormai un classico, e se riesci a schivarlo temi per la sua incolumità (dopo averlo insultato con energia). C’era poi chi saliva col monopattino in metropolitana e in treno, come mezzo di commuting, dandotelo sui piedi. Ognuno ha una sua storia di disavventure col monopattino, anche chi l’ha provato almeno una volta – cioè tutti – e facendosi malissimo, specialmente se boomer, data la sua pericolosità soprattutto tra sampietrini romani e pavé milanese. Ci sono quelli più veloci e quelli più lenti, a seconda dell’azienda noleggiante, e poi quelli, pare,  truccati che richiedono grande perizia. Insomma il monopattino come il motorino degli anni ‘80, e forse per questo l’antipatia suscitata dal mezzo è diffusa e pervicace. Forse perché sinonimo di anarchia stradale, e di gioventù scapestrata, data la bassa età e  anche basso reddito degli utenti, il monopattino è il mezzo cafoncello e libertario di questi anni.  

 

Non suscitano la stessa rabbia infatti le più placide bici elettriche, che pure raggiungono le stesse velocità (quella ufficiale di 25 km all’ora) e nessuno ancora le ha usate come ordigno.  Inoltre, sprovviste di canna, non capita quasi mai che siano condotte da più di un guidatore (generalmente più su con gli anni). E se riscuotono qualche vaffa dagli automobilisti, diciamo che rientrano nel generale odio sistemico tra ciclisti e conduttori di auto.  Però, anche qui, anche altri mezzi ugualmente fastidiosi non riscuotono lo stesso odio dei monopattini: per esempio a Roma sono tollerate le golf car che trasportano a passo d’uomo turisti con un autista che fa pure lo spiegone al microfono, e  però nessuno le ha vandalizzate né messe fuori legge anche se a prima vista non sembrano assai sicure.  

 

Abbandonato nei fiumi e nelle aiuole, deturpato, forse il monopattino attira antipatia perché è il simbolo di una certa idea  moderna e globalista di città. Di sinistra? Vabbè, comunque addio monopattino, motorino di questi anni incerti.  In “Il sol dell’avvenire” c’è un momento in cui Nanni Moretti autocita la Vespa di “Caro Diario” (“c’è una cosa che mi piace fare più di tutte…”) sgusciando per le vie di Roma in monopattino. E non dimentichiamoci il governo Conte II, che in quel gran carnevale di sussidi che fu non poté evitare di lanciare un bonus monopattino da 500 euro.  Ma la guerra al monopattino è fenomeno globale: A Parigi, che fu la capitale di quel mezzo, l’anno scorso quelli in sharing sono stati messi fuori legge addirittura con un referendum, dove una schiacciante maggioranza (89,03 per cento) votò per la dipartita delle trottinettes. Percentuali bulgare; anzi russe. 

Di più su questi argomenti:
  • Michele Masneri
  • Michele Masneri (1974) è nato a Brescia e vive prevalentemente a Roma. Scrive di cultura, design e altro sul Foglio. I suoi ultimi libri sono “Steve Jobs non abita più qui”, una raccolta di reportage dalla Silicon Valley e dalla California nell’èra Trump (Adelphi, 2020) e il saggio-biografia “Stile Alberto”, attorno alla figura di Alberto Arbasino, per Quodlibet (2021).