Il tappeto verde e le mele verdi: gli stilisti in ascesa
Hanno trent’anni e lavorano più o meno da quindici. Chi sono i giovani talenti della Milano Fashion Week
Passata anche la prima edizione del Green Carpet Fashion Awards, i premi alla moda sostenibile consegnati domenica sera alla Scala di cui parleremo più diffusamente sabato prossimo ma che per dirla in sintesi sono state un buon numero zero (plauso alla verve di Anna Wintour in abito lungo di paillettes e alla personalità di Chiara Vigo, tostissima signora che tramanda l’arte del bisso marino a Sant’Antioco), ecco una serie di considerazioni a chiusura della fashion week di Milano e del progetto Milano XL che ha riempito di meraviglia i visitatori della città: fra le sette installazioni allestite nei punti nevralgici della città, il Palazzo della cancelleria trasformato nella Biblioteca dei tessuti con i damaschi stesi alle finestre è stata in assoluto la più riuscita, bravissima Margherita Palli. Questa mattina, a Palazzo Giureconsulti, il sindaco Giuseppe Sala ha celebrato il passaggio di consegne fra la Fashion Week e il “media week end” del Prix Italia della Rai organizzato per la prima volta in città. Tre giorni di dibattiti attorno al tema delle fake news con appuntamenti oggettivamente imperdibili, vedi l’incontro di venerdì alle 17 al Museo della Scienza e della Tecnica a cui partecipa BBC, Università di Cambridge e Fondazione Veronesi. No vax e cultori della stregoneria moderna astenersi. Inaugurazione ufficiale il 29 sera con l’anteprima del biopic su Andrea Bocelli, l’uomo più esposto del momento e con la famiglia più numerosa.
Nicola Brognano e Mario Dice: i trentenni che lavorano da quindici. In questa settimana della moda molto ricca di giovani talenti, spiccano luminosissime le stelle di Mario Dice e Nicola Brognano. Del primo, che disegna anche Capucci oltre alla propria linea, di cui segue personalmente tutti i ricami, si sa già qualcosina perché è più vicino ai quarant’anni che ai trenta e perché, dopo aver lavorato a lungo dalle Sorelle Fontana, da Gattinoni, Trussardi e Zuhair Murad, inizia a vestire più di una celebrity sul red carpet. Del secondo, invece, non si sa ancora molto, se non che ha vinto l’edizione di Who’s on next del 2016, che ha ventisei anni e che lavora più o meno da dieci, di cui parecchi, fra il prima e il dopo diploma all’Istituto Marangoni, trascorsi nell’atelier di Giambattista Valli. A dimostrazione che la moda è meritocratica abbastanza da infischiarsene dei tuoi quarti di nobiltà, della religione che professi e delle tue frequentazioni notturne purché tu sia creativo e i tuoi capi piacciano, Dice è nato in un paese del Sannio che non cita mai per evitare di dover, appunto, aggiungere dove si trovi, perdendo così del tempo prezioso per interessare il suo interlocutore all’argomento che gli sta a cuore, cioè i vestiti, e Nicola in un paesino della Calabria affacciato sullo Jonio di cui, mi perdonerà, non ho trovato traccia sulla cartina. In compenso, ad applaudire la sua collezione di grembiulini sexy trasformati in abiti da sera (“Avant garden” il delizioso gimmick ricamato sulle pettorine) c’era il gotha della moda, compreso il direttore comunicazione e immagine di Pitti, Lapo Cianchi, e anche il più famoso talent scout della distribuzione, Riccardo Grassi. Lavorano entrambi circa diciotto ore al giorno e Brognano, con la sua faccina imberbe e gli occhi sfavillanti, dice che “non bisogna mollare mai”. Gli stagisti della comunicazione che, sempre più numerosi, si lamentano per i quattro week end all’anno da saltare causa settimane della moda, facciano due considerazioni sull’opportunità di chiedere una collocazione al più vicino sportello delle Poste.
Un abitodella sfilata di Nicola Brognano
Ferragamo si profuma di grandeur. Tutti pensano che sia la moda a traghettare il successo delle licenze come occhiali, profumi, hotel, pasticcini, fiori e quant’altro possa essere griffato, cioè e praticamente tutto. E’ vero il contrario, e si è notato molto sabato sera alla sfilata di Ferragamo, organizzata congiuntamente al lancio della nuova fragranza “AmoFerragamo”. Rispetto alla solita prassi della presentazione per quattrocento ospiti con decoro minimal, il debutto di un nuovo prodotto destinato al mass market ha convinto la maison, che controlla anche la produzione delle proprie essenze, a sostenerla davvero profumatamente. Questa volta gli invitati sono stati mille, accolti su un immenso prato di margherite ricostruito in piazza Affari attorno al ditone medio di Maurizio Cattelan svettante e inondato di luci. La collezione, eclettica, è ispirata ai fantasmi creativi del direttore Fulvio Rigoni, una vertiginosa congerie di glam, sesso e politica che spazia da Greta Garbo a Eva Peron e Carmen Miranda fra pitoni (molti), chiffon (moltissimo) e mule (infinite e dall’aria comoda) con il tacco scolpito. Da quando Alessandro Michele di Gucci ha liberato le collezioni dal diktat del rigore e della coerenza, ogni stilista segue il proprio estro.
Un abito di Ferragamo
Paillettes, mise en tete, coulisse, mule. Visto che, alla fine di ogni considerazione e di ogni dibattito sulla moda, c’è sempre qualcuno che ti chiede “che cosa si porterà la prossima stagione”, ecco le tre tendenze forti dalle passerelle di Milano.
Paillettes: grande, piccola, rossa, argento, oro. Molto in versione gonna, ma anche abito lungo.
Coulisse: C’è ovunque: sulle maniche degli abiti, ovviamente attorno alla vita, ma anche per poter fingere di rialzare una gonna di pelle già sexy, come da Trussardi.
Nudo: Dal rosa al tabacco, la nuance dell’estate è vicina alla pelle. Si accettano tocchi color arancio
Mules: Sì, alle donne di oggi piacciono come a quelle del Settecento, che di certo avrebbero faticato ad allacciarsi le scarpe sotto i panier. Anche nella versione sportiva di Hogan.
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