Anna Wintour (foto LaPresse)

 Anne Wintour dimostra che l'età conta solo se non vali niente

Fabiana Giacomotti

La storica direttrice di Vogue America rimarrà al suo posto “a tempo indefinito”. Così il ceo di Condé Nast, Bob Sauerberg, mette la parola fine a quasi un anno di speculazioni 

“A tempo indefinito”. Il ceo di Condé Nast Bob Sauerberg mette la parola fine a quasi un anno di speculazioni su possibili cambi di rotta a Vogue America con la locuzione perfetta: “Anna Wintour è fondamentale per le trasformazioni in corso nella nostra società e ha accettato di lavorare con me a tempo indefinito come direttore di Vogue e direttore artistico di Condé Nast”.

 

Anna Wintour con Lewis Hamilton 

 

L’ultima volta che avevamo ascoltato la stessa espressione in un contesto pubblico era stato nelle battute finali del film Notting Hill: Julia Roberts davanti a una schiera di fotografi e giornalisti mentre Hugh Grant la guardava sfoggiando la sua occhiata più languida. “Ripetimi la domanda”. “Anna, per quanto tempo intendi restare a Londra?”. “Indefinitamente”. Musica in crescendo, immagini del matrimonio, lei col pancione sdraiata sulla panchina dei communal gardens del quartiere, dissolvenza.

 

Dire a qualcuno che sarà “a tempo indefinito” equivale a offrirgli una dichiarazione d’amore, a maggior ragione nel lavoro dove i decreti dignità non hanno copertura alcuna pressoché ovunque, e in particolare negli Stati Uniti, dove i contratti apicali sono legati a così tante variabili (non solo economiche, ma anche di standard personale, cioè di status) da rendere una permanenza a vita un evento leggendario.

 

Alle sfilate di Londra con la regina Elisabetta 

 

Anna Wintour guida Vogue America dal 1988, lo stesso anno in cui ne diventò direttore Franca Sozzani in Italia: ha sposato tutte le cause democratiche possibili e sostenuto Hillary Clinton al punto di farla rimodellare in photoshop almeno un paio di volte, ma ha anche saputo dedicare una copertina a Melania Trump in tempi non sospetti, cioè nell’anno del suo matrimonio con Donald Trump, nel 2005, guadagnandosi i crediti necessari per non dover ripetere l’esperienza adesso.

 

Questo contratto a vita, che fa di lei, figlia dello storico boss dell’Evening Standard, Charles Wintour, il direttore più longevo di Vogue America dopo Edna Woolman Chase (1914-1952), e ben oltre la celeberrima Diana Vreeland (1962-1972), ribalta il canone tutto europeo, cioè la lagna, che vede ancora gli Stati Uniti come il paese di Benriesci in cui i vecchi si fanno da parte obbligatoriamente a sessant’anni per ritirarsi in Florida a giocare a golf liberando le poltrone per i giovani.

 

 

Al Met Gala 2018

Negli Usa funziona come altrove, anzi peggio: la competizione va a mille fin dalla scuola materna, e dopo l’università fa fede e da’ garanzia solo il fatturato che si produce. Anna Wintour vale qualche centinaio di milioni di dollari in pubblicità, ha una fama superiore a quella di buona parte delle star che mette in copertina, e ha fatto ricco il Costume Institute del Met. Ha anche un tenuta (negli Usa si direbbe una “stamina”) che troppe altre si sognano: a sessantotto anni gioca tutte le mattine a tennis fra le 6 e le 7, poi si fa sistemare i capelli e arriva in redazione prima delle 9.

 

Con Karl Lagerfeld 

 

Alle sfilate è la prima a sedersi, puntigliosamente all’orario segnato sul cartoncino di invito, osservando in un silenzio distante i parvenu del sistema che vi arrivano trafelati, biascicando di troppi impegni, perlopiù inesistenti. Venti giorni fa sua figlia Bee Shaffer, bellissima, ha sposato Francesco Carrozzini, figlio di Franca Sozzani. Dopo la prima cerimonia, gli sposi sono andati a depositare un fiore sulla tomba del direttore di Vogue Italia a Portofino. Anche la moda ha le sue famiglie regnanti. La chiamano, appunto, fashion royalty. Ne fanno  parte pochissimi. Uno di questi è Karl Lagerfeld. Anche lui ha siglato un contratto a vita, anzi due, con Chanel e con Fendi. In Italia, di contratti a vita nel settore spettacolo e affini se ne conosce uno solo, quello con Mediaset di Barbara d’Urso, anche lei ultrasessantenne. Stenteremmo a paragonarlo con quello di Anna Wintour, ma si tratta pur sempre di un buon metro di misura per capire come vada davvero il mondo oltre la legge Fornero e i decreti.