Le collezioni di Arbesser e Ferretti alla settimana della moda milanese
Tra richiami alla “scatola degli scampoli di tessuto” della nonna e la “precisione progettuale”
Alberta Ferretti Sfilata PE20
Alberta Ferretti Sfilata PE20
Alberta Ferretti Sfilata PE20
Alberta Ferretti Sfilata PE20
Alberta Ferretti Sfilata PE20
Alberta Ferretti Sfilata PE20
sfilata SS20 di Arthur Arbesser
sfilata SS20 di Arthur Arbesser
sfilata SS20 di Arthur Arbesser
sfilata SS20 di Arthur Arbesser
sfilata SS20 di Arthur Arbesser
sfilata SS20 di Arthur Arbesser
sfilata SS20 di Arthur Arbesser
La settimana della moda milanese, ormai introdotta dal premio “Chi&Chi” che viene consegnato a Palazzo Marino e che si avvia alla ventesima edizione in grazia e letizia, cioè con molte pressioni per riceverlo, inizia a tenere in molto conto le spinte e le pressioni sociali che ne garantiscono e ormai, in buona parte, ne giustificano, l’esistenza.
Dunque, ecco un richiamo alla “scatola degli scampoli di tessuto” della nonna di Arthur Arbesser, Matilde, transilvana rifugiata in Austria e alle storie bellissime che raccontava, ecco affiorare ovunque un’idea di recupero, di patchwork, di riutilizzo, anche quando così non è come nella bella collezione di Alberta Ferretti, che allinea con “precisione progettuale” abiti da atelier trasferiti nel pret-à-porter: i pantaloni ampi tie-and-dye mimano l’intarsio, così come le giacche in diverse sfumature di denim. Gli abiti in seta lavata sono costruiti con patchwork di colori alternati a lavorazioni crochet e indossati con borse modello postino in suede intarsiato, un chiaro riferimento ai colori e alle grafiche coloratissime dei Settanta, che le trentenni di oggi aspettano di vivere.
Leggi il pezzo completo di Fabiana Giacomotti qui:
generazione ansiosa