Cosa succederà alla moda italiana quando l'emergenza coronavirus sarà finita?
Per Mario Boselli, presidente dell’Istituto Italo Cinese e presidente onorario della Camera Nazionale della Moda, dopo la crisi di primavera, potrebbero riportare la produzione entro i confini nazionali abbandonando la delocalizzazione
E quando tutto questo sarà finito, dice Mario Boselli, presidente dell’Istituto Italo Cinese, presidente onorario della Camera Nazionale della Moda e imprenditore molto legato alla filiera del tessile import-export fra i due paesi, le imprese nazionali del settore avranno imparato a non fare riferimento alla sola Cina e ai suoi paesi satelliti per l’ approvvigionamento di tessile e manifattura moda, e a mettere in pratica, giocoforza, il famoso reshoring, cioè il rientro della produzione entro i confini nazionali, di cui finora hanno quasi esclusivamente parlato.
Dopo il primo momento di choc e il vero rimbalzo su ordini e vendite, che si vedrà tutto nel secondo trimestre, dall’epidemia di Covid-19 potrebbe dunque e addirittura venire del bene per le imprese e i dipendenti del tessile moda italiano; certo, con una marginalità molto più bassa per chi, e sono ancora tanti, in questi anni ha sventolato la bandiera del made in Italy e della garanzia sulla filiera produttiva continuando a delocalizzare grazie a leggi comunitarie molto lassiste. Secondo le prime proiezioni a cui accenna Boselli, per il settore governato da Confindustria Moda il primo trimestre dovrebbe chiudersi in linea con le attese (“Sono le code del 2019, che è stato sostanzialmente positivo”): il dramma andrà in scena da marzo in poi, quando si tireranno le somme sui mancati ordini di questa tornata di sfilate priva di buyer cinesi e in cui i pochi influencer di evidente origine asiatica vengono ad ogni buon conto scansati all'ingresso, non si sa mai. Dalla primavera inoltrata si capirà quanto lavoro è andato perso: stime ufficiose parlano con una riduzione di almeno il cinquanta per cento delle attività sulla filiera tessile a monte.
Eppure, volendola vedere con il don Abbondio manzoniano, chissà se questo scossone non rivelerà il proprio lato positivo, con il coronavirus che certo è un gran flagello, ma chissà quali soggetti spazzerà via. E dopo, osserva Giorgio Armani, bisognerà ricostruire il desiderio, riportare tutti nei negozi, davanti al computer sui siti di e-commerce. Al momento, tutti i negozi del lusso italiano e internazionale in Cina sono chiusi, ma sembra scemata anche la voglia di fare acquisti da casa. Bisognerà far rinascere la voglia di vedersi belli ed eleganti. E sarà il momento più delicato.