Ci eravamo detti che le mascherine non ci avrebbero avuti mai. Poi, alla prima sfilata in presenza, ci siamo lasciati sedurre dalla fascia di seta pieghettata modello paisley ricevuta in omaggio. Da quelle griffate a quelle di diamanti (ma come si lavano?). Problemi di stile e di sostenibilità
L’altro giorno, all’ingresso della sfilata di Valentino alle antiche Fonderie Macchi di Milano – che forse entrerà nella storia per il massimo distanziamento possibile fra una seduta e l’altra –, la pr "celebrities" Noona Smith Petersen, americana di grandi ascendenze e modi sbrigativi, distribuiva mascherine Ffp2 nere agli ospiti, costringendo i recalcitranti a sostituire quelle che a suo insindacabile giudizio erano poco acconce lì in mezzo alla strada: “Sorry dear, you know how it works”. Via i foulard, via le chirurgiche, via soprattutto le mascherine “fantasia” che avrebbero stonato nelle immagini delle televisioni e del collegamento social live, benché pochi degli ospiti fossero stati così goffi da sfoggiarne una brandizzata da un marchio concorrente. Solo dispositivi sanitari seri, e solo neri, anche perché di nero si veste sempre il direttore creativo Pierpaolo Piccioli e magari ci fossimo vestiti di nero tutti pure noi, perché sarebbero risaltati meglio i vestiti della collezione in video.
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