Armani riveste il Quirinale

Il "più importante degli stilisti italiani" (Time dixit) torna a Palazzo da interprete di quel lifestyle e quel gusto nazionali con cui Mattarella vuole abbagliare i propri ospiti

Fabiana Giacomotti

    A far fede a Rep – e non avremmo ragione per non farlo – nel gennaio del 1986 Giorgio Armani mise per la prima volta piede al palazzo del Quirinale e disse di sentirsi “intimidito”, anzi “piccolo piccolo”, dalla magnificenza di quel palazzo che anche Napoleone, dopotutto, aveva sperato di trasformare nella propria seconda reggia, dopo averne fatto sloggiare il Papa e chiamato Antonio Canova a curarne la ristrutturazione e l’abbellimento. In quell’anno, Armani aveva al proprio attivo già una ventina di copertine internazionali di gran calibro, compresa quella di Time che lo definiva il più importante degli stilisti italiani (“Giorgio’s gorgeous style”, aprile 1982, do you remember? Cambiò la storia dell’Italia del lifestyle), dunque è probabile che la gentile osservazione, sempre non sia apocrifa, gli uscì di bocca per educazione; forse era davvero un po’ intimidito da quel presidente larger than life di allora, Francesco Cossiga. Chissà. Comunque. Trentacinque anni e diverse onorificenze dopo, compresa quella di Cavaliere al merito della Repubblica, Armani è tornato al Quirinale “per espressa volontà del Presidente della Repubblica” da interprete di quel lifestyle e quel gusto nazionali con cui Sergio Mattarella vuole giustamente abbagliare i propri ospiti.

       

    La presenza di Armani ha assunto la forma di un tappeto in seta grigio perla di sei metri per otto per la camera da pranzo del Belvedere al Torrino e di un tessuto Armani Casa a effetto tridimensionale per vestire certe panchette rocaille dorate che mai e poi mai avremmo creduto funzionasse e invece ecco, perfetto. Osservando le settanta e più foto del progetto “Quirinale contemporaneo” che, un po’ sempre in quell’ottica napoleonica dello svecchiare e abbellire, il Presidente Sergio Mattarella sta sviluppando dallo scorso anno “con lo scopo di inserire l’arte e il design contemporanei (…) espressione della vitalità creativa italiana” nella sede più istituzionale della Repubblica, abbiamo scorto diversi Sottsass, un classico come le piantane Luminator di Pietro Chiesa prodotte da FontanaArte, quelle di Munari nel salottino giapponese (perfette) e poi opere di Marisa Merz, Michelangelo Pistoletto, Giulio Paolini (Mimesi - Hermes), uno strepitoso tavolino da centro di Paolo Portoghesi, un Burri nero da urlo, l’”Omaggio ai vandali” di Gastone Novelli, opera degli ultimi Anni Cinquanta, che sembra suggellare l’eterna capacità di rinnovamento e rinascita di questo palazzo.

      

    I Guzzini hanno illuminato la Scala del Mascarino; allo sbarco dell’ascensore troneggia il divano Flap di Francesco Binfaré, eccentricamente scelto in pelle argento. Nella sala del Piffetti (oh, quei suoi due cassettoncini) Paola Navone è stata richiesta di due poltrone Sellerina, che figurano a meraviglia, mentre una delle sue lampade “Pinecone” è stata collocata su una consolle degli appartamenti imperiali. Ci siamo goduti tutte le foto messe a disposizione dal Quirinale, una per una: gran gusto profuso a piene mani e a dimostrazione che il bello, quando lo è davvero, riesce a superare i confini della propria contemporaneità.

      

    Nota a margine: Armani è l’unico designer di lifestyle presente. Non osiamo immaginare le facce degli altri.