Dalla A di Angelo Flaccavento alla Z di Zegna. Alfabeto della Milano Men's Fashion Week

La moda maschile per il prossimo inverno in tre aggettivi: destrutturata, avvolgente, confortevole. Almanacco delle sfilate

Fabiana Giacomotti

La moda maschile per il prossimo inverno in tre aggettivi: destrutturata, avvolgente, confortevole. Ma con scarpe grosse ed evidenti per tornare a camminare tanto, appena sarà possibile.

  

Lo stile delle presentazioni della Milano Men’s Fashion Week inverno 2021: film veri, filmati di sfilate, filmati di presentazioni. Insomma ha fatto bene il Fashion Film Festival di Constanza Cavalli Etro a sponsorizzare l’intera manifestazione: spesso è per la stampa qualche incontro ad hoc, ognuno nel suo ufficio/casa/scrivania. Molti sfondi urbani, meglio se di grande firma architettonica.

 

L’effetto generale. Quousque tandem. Fino a quando potremo reggere così. A commuoverci per la sceneggiatura del filmato di Tod’s nonostante la recitazione micidiale, a sentirci così assurdamente fragili (sì, all’aggettivo abbiamo dedicato una paginata ironica sul Foglio dieci giorni fa, ma la verità è che tutti iniziamo a sentirci frangibilissimi, e a perdere i cosiddetti points de répère, i punti di riferimento). Questa deve essere l’ultima volta così.

 

Nel frattempo, rieccoci con l’ormai tradizionale alfabeto delle sfilate.

A come Angelo Flaccavento. Firma di rilievo della moda, nel periodo del lockdown che ha trascorso quasi interamente a Ragusa, a casa, ha affinato le proprie capacità artistiche, affollando di nuovi personaggi la sua galleria di omini stilizzati, colti, spiritosi e intriganti, che ricordano vagamente il tratto di Osvaldo Cavandoli ma sono infusi della grazia di MAD, la mitica Maddalena Sisto troppo presto scomparsa. Il direttore creativo di Tod’s, Walter Chiapponi, gliene ha chiesta una selezione speciale per tre felpe della nuova collezione. I fan di Angelo (che comprendono yours truly) aspettano di vedere una ricca selezione di immagini e vignette in mostra appena sarà possibile.

C come Chelsea boot. Un minimo di tacco aiuta anche i signori che in media, anche in Italia, non superano il metro e 73. In alternativa, molti stivali allacciati modello para-boot mocassini con le impunture a vista (Tod’s, per esempio: il direttore creativo Walter Chiapponi li definisce “antropomorfi”: in effetti la mascherina sembra sorridere).

C come colletti. Zegna, Tod’s, Prada (questa ultima soprattutto). Il collo delle giacche e dei cappotti, ma anche degli sweater, è sempre ampio. Talvolta altissimo sul collo, cucito sopra scolli proto-ottocenteschi anche nei cappotti (dopotutto, è il bicentenario della morte di Napoleone)

C come colpo di genio. Negli accessori ne abbiamo visti due. Il parallelepipedo portatutto con il gancio da scalata di Msgm, evoluzione credibilissima e molto cool del borsello (cioè, portabile senza vergogna ma anzi con gioia); i guanti di pelle in colori fluo di Prada, con il logo che si ipertrofizza in un portamonete applicato sul dorso. Comodissimo per pagare caffè e giornale senza togliersi i guanti, dunque evitando di doversi rovinare la pelle disinfettandosi di continuo

F come filosofia. Dopo il primo lockdown, una riflessione sui tempi e i modi-della-moda non era ancora stata completata. Adesso sì. Tutti riflettono sul rapporto fra realtà e sogno (anche il Barocco, secolo delle grandi pestilenze e dei lockdown eterni, ci rifletteva molto: allo scopo rileggersi Pedro Calderon de la Barca), quasi tutti hanno imparato a rinunciare a vezzi e vizi, scoprendo quanto fosse facile e anche utile ai fini di una vita più concentrata sull’essenzialità delle cose. Come dice Silvia Venturini Fendi, è finita con i lunghi viaggi alla ricerca di quel certo ritaglio di stoffa e con l’attacco di nervi per il modello X che non arriva e senza il quale non si può sfilare. Si può benissimo.

Long Johns. Sì, i pigiami mutanda delle famose battute di Gilberto Govi, che speravamo di aver seppellito con gli Anni Quaranta. No, non stanno bene a nessuno e continuano a essere grotteschi anche se lavorati con i grafismi splendidi di Prada.

P come protezione. Maglie striminzite (Prada, Iceberg, Eleventy),  cappotti e piumini (perlopiù in tessuto e/o maglia) avvolgenti oppure strutturati over, a effetto corazza morbida di forme lineari e ampie. Astrazione dei sensi, astrazione delle forme

R come rosa. Anche intenso (Msgm, Fendi), anche declinato in giacche di velluto ispirate all’abbigliamento da casa degli aristocratici tardo vittoriani (Etro) o in cappotti a coste (Prada). Il colore un tempo riservato ai maschi (la “scoloritura” del rosso regale; le fanciulle portavano il celeste, derivazione del blu del manto della Vergine) trionfa. Non ci dispiace.

R come riciclo. Si declinano su materiali riciclati i materiali impiegati nella bella collezione di Children of the Discordance, disegnata dal giapponese Shikama Hideami. Si ricicla lo stesso set della sfilata di Prada Uomo Autunno/Inverno 2021. Dopo l’evento troveranno una nuova vita in installazioni speciali per i prodotti e pop-up in tutto il mondo. Infine saranno donati a Meta, un progetto di economia circolare con sede a Milano, che propone soluzioni sostenibili per lo smaltimento dei rifiuti prodotti da eventi temporanei, attraverso la raccolta e il recupero dei materiali per la vendita e il noleggio. Meta lavora in collaborazione con La Réserve des arts, un’associazione che offre un servizio di raccolta e recupero delle materie prime e degli scarti decorativi delle sfilate di moda, mettendoli a disposizione di professionisti e studenti del settore

S come sneakers. Andate, sparite, evviva, non se ne poteva più, e soprattutto non si tolleravano più i modelli chunky, massicci, colorati, ornati quasi fossero costumi dei personaggi manga e non a caso pensati per la clientela asiatica nonostante non slancino di certo, anzi. Se ne sono visti pochissimi, e quei pochi li abbiamo già dimenticati.

S come suole. Geniali quelle di Fendi che si sfilano entrando in casa, dunque senza doversi cambiare sulla porta, modello culturale giapponese e mediorientale purtroppo largamente disatteso in Europa. Il tema degli ospiti che non portano in tasca o in borsa le pantofoline, strofinando le scarpe sui tappeti e i pavimenti immacolati e disinfettati, sta diventando centrale perfino negli inviti a quattro concessi dai Dpcm.

T come tattilità. Tutti – con riprese, testi, effetti speciali - hanno provato a rendere esplorabili con i cinque sensi queste sfilate online sempre più stranianti, in cui talvolta ti verrebbe da allungare la mano per saggiare tessuti e pellami (ci arriveremo, le sperimentazioni ci sono già). Miuccia Prada e Raf Simons l’hanno reso evidente chiedendo a Rem Koolhas e AMO un allestimento che rendesse quello che la stilista e grande dame della moda italiana reputa la “necessità di poter toccare le cose”. Marmo, resina, faux fur (vedere alla voce “riciclo”), ovvero quelle moquette e rivestimenti in pelo sintetico a pelo lungo che rivestivano le case cool fra gli Anni Sessanta e i primi Settanta, con effetto doppio e duale: caldo e freddo, duro e morbido, perseguito anche nei capi e nei volumi. Come dice Miuccia Prada: “(con Raf) abbiamo parlato di sperimentazione e libertà, delle possibilità da esplorare con i colori, le superfici e le sensazioni. La collezione parte dai sensi e dalle sensibilità. In questo momento ci manca la tattilità, poter toccare le cose. Gli indumenti offrono una rassicurante sensazione di umanità e sensorialità. Esiste un lato molto intimo nei vestiti, che rimanda in un certo senso alla nudità del corpo. Si tratta del bisogno umano di sensualità. Il bisogno astratto, ma molto vero e autentico, di qualcosa di fisico, il bisogno di toccare: la sensualità per il corpo, la struttura per gli abiti”.

V (ma anche S) come Silvia Venturini Fendi. “Hello it’s Silvia calling, I just wanted to tell you about… Normality Color What is Normal Today about... Light and darkness I wanted to talk to you, about.../Looking at life in black in white or looking at life through a spectrum and it’s like monochromatic and then all of a sudden… /Lights Elegance Normality Color Light and Darkness Life Humanity …an infinite Spectrum”. La colonna sonora della sfilata di Fendi, recitata con belle vocali chiare e precise dal direttore creativo Silvia Venturini Fendi, si intitola “WHAT IS NORMAL TODAY”, tema centrale oseremmo dire per l’intero globo terracqueo, al momento, è composta da Alessio Natalizia, in arte Not Waving, su concept di Nico Vascellari, visual artist e performer di fama internazionale, protettissimo da Marina Abramovic e compagno di Delfina Delettrez Fendi. Da anni firma le campagne del brand con risultati sempre sorprendenti in quella che definiremmo la normalità creativa di una famiglia eccezionale. I graffiti di Noel Fielding non erano indispensabili, la collezione era ottima di per sé, ma il personaggio è quanto di più vicino ai Monty Python abbia prodotto l'inGhilterra degli ultimi anni, dunque evviva

 Z come Zegna. Bè, fantastica. Com’era prima dell’arrivo di Alessandro Sartori? Non vogliamo ricordarcelo più, perché questa Zegna che riscrive i codici dell’abbigliamento da casa in un re-set fra interno ad esterno l’aspettavamo da anni. Il nuovo formale accoglie le molte dimensioni della nostra vita, che al momento svolgiamo quasi integralmente a casa. E che in futuro, con ogni probabilità, non lasceremo del tutto. Anzi. Interessanti i joggers con la fusciacca, visti anche da Etro.

Z come Zurzolo (Lorenzo). Attore ventenne molto bello, sguardo torbido il giusto, recitazione ecco, pronuncia strascicata della Roma bene, non essendo più la fine dicitura un tema di interesse per il cinema e il teatro. Passata l’età per incarnare un nuovo Tadzio, Zurzolo è il nuovo lord Alfred Douglas - a cui assomiglia parecchio, fra l’altro - della comunità dei direttori creativi della moda.  L’ha voluto Gucci, l’ha voluto Walter Chiapponi per Tod’s. Tutti folgorati dalla sua interpretazione nel musicarello della scorsa estate “Sotto il sole di Riccione” ma soprattutto nel serial Netflix “Baby”.