Tutti i simboli dell'Inauguration day di Joe Biden. Una catarsi americana
L'aspetto simbolico dell'abbigliamento è stata la nota più rilevante di una giornata della quale conoscevamo tutte le fasi dello svolgimento. Soprattutto nel caso di Lady gaga: il sogno americano condensato in un vestito
Nelle ultime scene dei film americani, in quelli di Walt Disney in particolare, la catarsi assume la forma simbolica del raggio di sole che squarcia le tenebre. E’ questo il momento tanto atteso dagli spettatori in cui “the evil character”, il personaggio del cattivo, se ne va seguito dalle truppe del male, mentre le nubi si squarciano, sulla terra baciata da sole spuntano le rose e le viole e si alza in volo una colomba. Sarà stato per il technicolor dei look del parterre che sedeva nella spianata di Capitol Hill, per la giornata cristallina e per la voglia sconfinata che avevamo di vedere tutto “en rose”, ma era questa la sensazione che si aveva ieri pomeriggio seguendo la cerimonia di insediamento della presidenza Biden da Capitol Hill mentre le telecamere continuavano ad alternare quei sorrisi e quelle espressioni gioiose con le immagini della famiglia Trump integralmente vestita di scuro, bambini compresi ad eccezione di Ivanka, che lasciava la Casa Bianca senza accogliere i nuovi inquilini nel gesto più maleducato della storia. Tutti avvolti nella loro personale tenebra compresa l’enigmatica Melania di cui no, non rimpiangeremo nemmeno la presunta eleganza perché per guadagnarsi la definizione non basta lo sfoggio di una giacca di Chanel e una Birkin in coccodrillo da 70mila dollari. Tutte e sempre comprate, peraltro, perché in quattro anni di presidenza, nessuno stilista ha bussato alla Casa Bianca offrendosi di vestirla o implorando di trasformarla in propria musa.
Mentre a New York la direttrice di Vogue Anna Wintour si preparava a far stampare una nuova copertina di Vogue America dopo le polemiche seguite all'immagine di Kamala Harris in sneakers (peccato, a noi piaceva) sotto la cupola di ispirazione palladiana del Capitol, invece, le rose e le viole erano molte ma non sempre riuscitissime. Abbiamo l’impressione che la “stilista emergente” del look in velluto e tweed color blu oceano della first lady, Alexandra O’ Neill, sia in realtà riemersa dalla Londra dei primi Anni Ottanta e avrebbe bisogno di frequentare una buona scuola di taglio perché costringere una signora di mezza età in un cappotto che le segna la vita, le taglia le gambe e le cade dalle spalle non è una gran dimostrazione di patriottismo sartoriale, a prescindere dall’entusiasmo dei media americani per la scelta.
Fino a notte fonda, quando dal Lincoln Memorial è andato in onda lo spettacolo “Celebrating America” presentato da Tom Hanks, che ha sostituito causa pandemia il tradizionale ballo inaugurale di presidenza e “the boss” Bruce Springsteen ci ha emozionate quasi più lui col suo cappottino e la sua chitarra acustica che intonava “Land of hopes and dreans” che tutte le star in gran spolvero, l’aspetto simbolico dell’abbigliamento è stata la nota più rilevante di una giornata della quale conoscevamo tutte le fasi dello svolgimento. Una sorta di lezione di simbologia del vestire a partire dall’uso dei colori: molto bianco (Jennifer Lopez a sua volta in Chanel con risultato più naturale e personale rispetto a Melania; Katy Perry che veste sempre malissimo ma stavolta si era ispirata al famoso Givenchy di “Cenerentola a Parigi” e rendeva accettabili anche i bottoni rossi e blu), ma soprattutto molte declinazioni del viola (la vicepresidente Kamala Harris, Michelle Obama, Hillary Clinton), colore bipartisan perché unione di blu e rosso.
C’era perfino la colomba: una reinterpretazione della celebre Colombe de la Paix di Jean Cocteau, simbolo del Surrealismo militante, ornava il bavero della giacca di Lady Gaga, disegnata da Daniel Roseberry, direttore creativo di Schiaparelli, americano a Parigi, che a poche ore dalla sfilata haute couture dell’inverno 2021 (si terrà come da tradizione lunedì mattina, ma naturalmente in via digitale) ieri sera commentava commosso: “Questo ensemble è una lettera d’amore per il mio paese e per un’artista che ammiro infinitamente”. Crediamo che nulla, nemmeno i tre brani scelti per la cerimonia (“Amazing grace”, scritta da un ex capitano di navi negriere alla metà del Settecento, stava lì a ricordare ai suprematisti bianchi che ci si può anche pentire nella vita) rappresentasse il messaggio che il presidente Biden voleva dare al mondo più della figura di Lady Gaga in Schiaparelli.
Vediamo di riassumere: una italo-americana che indossa il vestito disegnato da un americano per una maison francese fondata da un’italiana che aveva lasciato la propria famiglia in polemica e aveva costruito da sola la propria fortuna. Il sogno americano condensato in una giacca blu e una gonna rossa di taffettà che i media americani si sono affrettati a definire, come sempre, “dramatic”, aggettivo ubiquo per incasellare qualunque atteggiamento o abito sfugga alla tranquillità casalinga dei revers di velluto.
Molti guanti lunghi, “dramatic” anche loro, un po’ per ripararsi dal freddo e dal virus, un po’ perché sottolineano il gesto: il mondo intero, però, si è fermato incantato a osservare le dite lunghe, libere e affusolate di Amanda Gorman, National Youth Poet Laureate, ventitre anni, attivista su questioni di emarginazione, diaspora africana e femminismo, mentre accompagnavano la recitazione del suo poema, “The hill we climb”, concluso dopo le violenze del 6 gennaio. Mentre parlava, una delle donne più carismatiche del mondo della moda, Farida Khelfa, musa di Azzedina Alaia e di Jean Paul Gaultier, ha postato da Parigi sul suo profilo Instagram un’immagine di quella ragazzina minuta con due parole di commento: “Quelle grace”. Quanta grazia. La più elegante della cerimonia, spettacolo serale, è stata lei, con il cappotto giallo e le treccine fulani raccolte sul capo sulle quali spiccava un cerchietto Prada con il logo opportunamente scucito. State certi che a nessuno, nel mondo che sa riconoscere l’eleganza dove la vede, è sfuggito il suggerimento.
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