Alcune nuove realtà contraddicono lo stereotipo che riduce la moda contemporanea del dragone a un'imitazione di quella occidentale, sempre due passi indietro, anche da un punto di vista ambientale
In Cina coesistono tutte le mode del mondo, e non solo perché in Cina si produce gran parte delle mode del mondo. C’è anche la moda sostenibile; l’ambiente, con il digitale, è al centro dell’attuale discorso sulla moda a livello internazionale. Mentre è risaputo che nel digitale la Cina sia all’avanguardia, sulla vocazione verso un vestire e una produzione più etica e sostenibile sembrano prevalere i pregiudizi negativi sul “made in China”. Eppure, per smentirli basterebbe menzionare Ma Ke, la stilista nata nel 1971 a Changchun, pioniera della moda slow: da sempre Ma Ke utilizza materiali naturali e rispettosi dell’ambiente sia per il marchio di prêt à porter Exception de Mixmind, lanciato nel 1996, sia per quello di ricerca Wuyong (Useless). Con Wuyong/the Earth è stata protagonista di una performance a Parigi e a Londra fra il 2007 e il 2008 durante la quale oggetti scartati, come un vecchio lenzuolo ricoperto di vernice, venivano trasformati in abiti, mentre da un vecchio telone veniva costruito un magnifico cappotto. I vestiti venivano poi sepolti nella terra per una riflessione sul rapporto tra moda e risorse naturali.
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