Cari onorevoli, attenti alle scarpe!
Calderoli con le fibie, Delrio in stivaletti. Quanti errori di forma ieri alla cerimonia per il giuramento del presidente Mattarella. Potete levare un parlamentare dalla provincia ma non potete togliere la provincia da un parlamentare e nulla lo dimostra più delle calzature che indossano
Forse ricorderete la famosa tirata di Meryl Streep nel “Diavolo veste Prada” sul golfino color ceruleo di Anne Hathaway, tragico derivato fast fashion di una moda iniziata sulle passerelle anni prima, con altri tessuti e ben altre firme. A questo pensavamo ieri, tentando di identificare l’origine della brogue di vernice nera con fibbia sormontata in metallo brunito calzata dal senatore leghista Roberto Calderoli alla cerimonia per il giuramento del presidente Sergio Mattarella. Dopo lungo pensare, ci siamo ricordati di una calzatura abbastanza simile, ovviamente non in vernice e sormontata da borchiette di metallo, che Prada realizzò una decina di anni fa e che ebbe molto successo fra i modaioli più accaniti. Come i golfini color ceruleo, anche le scarpe seguono questo andamento estetico a goccia-che-cade – verso la fine dell’Ottocento il grande filosofo Georg Simmel lo definì appunto “trickle down effect”, per cui partono con ottime premesse di stile e materiali di prima qualità ma, nella rivisitazione che ne fanno le grandi catene e i piccoli produttori di provincia, un po’ per non rischiare di finire in tribunale per plagio, un po’ per assecondare i gusti meno raffinati e le tasche meno gonfie della loro clientela, a fine evoluzione hanno assunto proprio l’aspetto che avevano le scarpe indossate da Calderoli.
Che il senatore indossasse poi un paio di scarpe di vernice a una cerimonia ufficiale alle 2 del pomeriggio non è di certo un particolare trascurabile, ma tutto sommato secondario rispetto agli squarci di moeurs de province balzacchiani che quella scelta vestimentaria rivela. Potete levare un parlamentare dalla provincia ma non potete togliere la provincia da un parlamentare, e nulla lo dimostra più delle calzature che indossano. Con un abito si può anche barare, improvvisarsi Lucien de Rubempré. Con le scarpe mai, perché calzano piedi, e la forma che da quei piedi le scarpe assumono, soprattutto quando non siano realizzate su misura che è la strada migliore per mascherare eventuali difetti, raccontano moltissime cose. P
er esempio, la lunga strada percorsa per affermarsi (quante pieghe sulle scarpe del governatore Zaia, quanta fatica per contenerne la pianta), oppure l’ottima educazione ricevuta, a prescindere (Ignazio la Russa e Luigi Zanda, con le francesine) o, ancora, l’alterità perseguita fino all’estremo (che delizia gli stivaletti beetle di Graziano Delrio modello “It’s been a hard day’s night”, del tutto inadeguati per l’occasione, eppure che eccentricità riuscita) e la vanità nascosta (Francesco Bonifazi in mocassini con le nappine, sul modello che portava Mario d’Urso e, in genere, tutti i gagà del sud).
Nel giorno in cui l’istituzione massima della Repubblica Italiana celebra se stessa e l’unico modello possibile di scarpe sarebbe la francesina liscia, in vitello spazzolato, come quella che sfoggia, correttamente e con evidente mano calzaturiera artigiana, il governatore della Lombardia Attilio Fontana, fioriscono invece brogue adatte per una riunione di manager in tarda mattinata, o forse quello sarebbe lo scopo, chissà: ecco per esempio Francesco Lollobrigida, capogruppo di Fratelli d’Italia, che le abbina a pantaloni troppo lunghi (da Firenze in giù e salvo noblesse e gran cultura, si tende a far ricadere il pantalone in molli pieghe sulla scarpa).
Il tema della suola merita un discorso a parte: nessun politico, ma in genere nessuno proprio, avrebbe mai osato indossare scarpe formali dotate di suola di gomma fino a una decina di anni fa. La suola di gomma (“indistruttibile signo’”, come dice il calzolaio di via Monserrato che tenta sempre di applicartela anche sotto décollétées da ottocento euro, a rischio di azzerarne il valore) era riservata alle scarpe sportive o a quelle modaiole per il solito ricercatissimo effetto iconoclasta. I signori calzavano cuoio. Con l’avvento dei Cinquestelle, il parlamento si è riempito di gomma. L’amico e collega cattivissimo, lavorando di simbologia, dice che la scelgono per non rischiare di piantare sonori e pericolosissimi scivoloni lungo i corridoi e le coulisse infide della politica, ma non vogliamo crederci e riteniamo che si tratti di malignità. Siamo invece certi che aspettino solo l’occasione buona, disponibilità economica compresa, per chiedere a Fontana chi sia il suo calzolaio di fiducia.
Alla Scala