la crisi in passerella
Ucraini a Milano, tanti. Per le sfilate, però
Pochi russi, invece. La crisi ad est, vista dai palazzo del lusso, è qualcosa di estremamente fastidioso. La manager: "Andiamo avanti così da otto anni. Non vi pare curioso tutto questo can can adesso? Domandatevene la ragione"
Sfilate autunno-inverno 2022 a Milano, giorno uno. La città si è popolata di donne di ogni età tutte vestite in maculato ovvero animalier, una stampa che ogni volta sembra sull’orlo del cheap e poi torna nei guardaroba più eleganti, con tagli e forme nuove (fantastiche, per esempio, le cappe di Cavalli disegnate da Fausto Puglisi). In attesa di entrare alla sfilata di Fendi, che si rivelerà super interessante, colgo l’inconfondibile cadenza slava. “Where do you come from?”. “Both from Ukraine, but please speak italian. Our english is not very good and we love Italy”. Una è fotografa, l’altra lavora come product manager per un altro dei marchi del gruppo Lvmh, ed è invitata per questioni di contiguità o, forse, qualche futura collaborazione infragruppo che ultimamente, anche dai rivali di Kering, vanno per la maggiore.
Non darò altre indicazioni perché, come ovvio, non hanno voglia di apparire. Sono entrambe belle di quella bellezza chiarissima ma non efebica delle giovani slave che si occupano di moda. Terminate le sfilate di Milano, andranno a Parigi. Business as usual: la fotografa con qualche timore in più perché arriva dalle zone limitrofe al Donbass. L’altra è serena: “Ad ovest i ristoranti sono aperti e affollati, è tutto tranquillo. Il nostro presidente Zelens'kyj dice che l’obiettivo di Putin è di destabilizzare la nostra economia, dimostrare che siamo una nazione instabile dove è pericoloso investire. E dopotutto, scusa, è dal 2014, da otto anni, che vi sono attacchi ai confini, e che muoiono giovani, e che vengono sparati colpi di cannoni di precisione. Se adesso c’è tutto questo clamore dev’esserci una ragione, no? Comunque, dubitiamo davvero che ci sarà una guerra: abbiamo tutti troppo da perderci, voi dell’ovest vi agitate sempre tantissimo”. Sorridono, mostrano il biglietto e il green pass allo schieramento di pr in attesa, infilano la mascherina ed entrano. Le perdo di vista.
Due modaiole non fanno opinione, forse, epperò dall’area del mondo che rappresenta il quarto destinatario del nostro export di lusso non si sentono provenire venti ansiosi. L’amministratore delegato di Fendi Serge Brunschwig “ne parle pas politique” e forse ha ragione. La maison è in netto recupero, il modello di borsa F, fra le ultime creature di Silvia Venturini Fendi, fra i più richiesti, la collezione autunno-inverno disegnata da Kim Jones inizia a prendere l’allure che uno si aspetterebbe da Fendi, e fra i tagli rigorosissimi delle giacche e dei cappotti spuntano le ruches e gli chiffon color del cielo che il brand esplorò agli inizi dei Duemila e che rendono tutto molto moderno e desiderabile.
Da Calcaterra, altro nome da tenere d’occhio sul fronte dei capispalla e della purezza delle linee e dei volumi, il presidente della Camera nazionale della Moda, Carlo Capasa, sostiene che “i buyer russi sono tutti arrivati ieri”, compresi gli emissari di Mickhail Kusnirovich di Bosco dei Ciliegi, la holding che controlla anche i grandi magazzini Gum e che a Milano, peraltro, ha anche casa, e del gruppo Mercury di TsUM. Nessuno, in realtà, li ha ancora visti in giro, al contrario dei bielorussi e dei kazaki, ma è anche vero che siamo alle battute iniziali. In ogni caso, l’ansia di ricominciare è tale e tanta, l’energia così palpabile, i volti in arrivo dagli Stati Uniti accolti con tali feste che chiedere informazioni vuol dire attirarsi l’accusa di menagramo. Dopo due anni di pandemia, l’industria della bellezza non ha voglia di cadere in un nuovo vortice negativo.
Brunello Cucinelli, che persegue in maniera sempre più evidente l’obiettivo di trasformarsi nel couturier della maglieria di lusso e ha presentato maglie con effetti bouclé, garzati o fleece, montoni leggerissimi e grandi piumini in pelle “che ormai prenderanno il posto delle pellicce”, dice di aver realizzato delle ottime vendite anche con i buyer dell’est. Aggiunge che il settore della moda sbaglierebbe se cogliesse l’occasione della crisi nell’est e dell’aumento dei costi dell’energia per aumentare i prezzi: “Via, lavoriamo già con multipli a 16. Non bisogna esagerare”.