Il Foglio della moda
L'etica del bello si può insegnare. Anche con l'Onu
La moda è da sempre forma d'arte che serve a far riflettere. Ora serve un salto di qualità tecnologico, perchè i capi raccontino a tutti la propria identità e la propria storia
La moda non è mai banale. Se la moda è stata spesso equivocata, talvolta dalla stessa élite culturale, con il suo aspetto esteriore, e quindi confusa con un capriccio di vanità, è proprio in ragione della sua intrinseca complessità. La moda è in realtà qualcosa di molto profondo: basti pensare che, in ogni cultura, la cerimonia di vestizione del corpo riflette l’espressione più autentica dell’Io. La moda è dunque un potente veicolo di espressione che oggi, nell’era della comunicazione digitale, diventa lo strumento che costruisce l’identità delle comunità virtuali, contribuendo a distinguere, attraverso l’abito, la personalità di un leader rispetto a quello di un comune seguace (follower). “Come ti vesti ?” era il titolo di un celebre format televisivo, perché come ci vestiamo non è mai casuale. Ci vestiamo sempre per esprimere i nostri stati d'animo, per manifestare una libertà di pensiero rispetto agli altri, per condividere i valori di diversità ed inclusività con le subculture urbane. Noi siamo quello che indossiamo e non esiste monaco senza il suo abito.
Per usare un gioco di parole, credo che la moda non sia mai stata così di moda quanto ai giorni nostri. Ha infatti oggi il potere di influenzare l'opinione pubblica e di richiamare la società a riflettere su temi delicati. La moda è la più contemporanea delle forme d’arte perché vive delle persone, è una performance della quotidianità che si nutre della forza della condivisione. Ma non basta più. È opportuno costruire un futuro della moda in trasparenza. Ogni singolo “outfit” che indossiamo deve diventare una dichiarazione di valori, una precisa espressione culturale. È necessario dunque mettere in pratica il processo di una blockchain pubblica, trasparente, democratica e immutabile, sinonimo di garanzia di autenticità e di affidabilità per la comunità dei clienti.
A ogni prodotto si rende necessario associare un elemento fisico e tangibile, un’etichetta che riporti un QR code, insieme all'essenza del ciclo vitale di un capo di moda, oppure un microchip NFC che contenga in modalità criptata il codice univoco del prodotto, una vera dichiarazione di unicità. Sarà la tecnologia a salvare l'artigianalità italiana, diventata oggi la massima sublimazione della ricercatezza del prodotto di lusso. Il processo digitale diventa così l'unica manifestazione possibile di quella chiarezza di intenti che la moda è chiamata oggi ad affermare: raccogliere tutta la storia del prodotto, dal design alla selezione delle materie prime, alle singole fasi di lavorazione, al confezionamento, all’intera rete logistica fino ad arrivare alla collocazione nel canale retail fisico e digitale. È un atto dovuto nei confronti del consumatore che, oggi, si approccia alla moda come vera espressione dell'architettura del corpo.
Essere sostenibili non può più essere associato all'idea dell'acquisto di un capo composto da un solo elemento organico, dobbiamo avere l’evidenza della somma dei fattori. Quello che indossiamo è sempre un’affermazione culturale e sociale da poter esibire e dichiarare. Per questo motivo, come Direttore di Polimoda, ho sentito la necessità di creare un ponte semantico con le Nazioni Unite, un senso di responsabilità che mi ha spinto a ricercare una collaborazione con la massima autorità in campo sociale. Essere oggi Advocate for UN all'interno del programma di Conscious Fashion Lifestyle Network è un prezioso investimento per il futuro della moda. Solo dalle scuole può partire la garanzia di una presa di coscienza per la GenZ di una creatvità che coniughi espressione e rispetto sociale.
Massimiliano Giornetti è Direttore di Polimoda