I novant'anni di Valentino. La cosa più chic è festeggiare in assoluto riserbo
È l’ultimo grandissimo nome della moda mondiale ad aver vissuto come si conviene a un faraone, cioè senza l’obbligo di dover condividere alcunché con chicchessia. Zero tweet mattutini, zero tour dei Picasso per la rabbia del popolo delle tastiere, zero tituli se non quelli concordati
Molte paginate per i novant’anni di Valentino Garavani che ricorrono oggi (auguri), nessuna intervista e un unico, solo pensiero. Quanto debba essere cool, anzi quanto è sicuramente, senza dubbio, cool, chic, elegante, raffinato, mettetela come volete, festeggiare in totale, assoluto riserbo un compleanno così importante, mentre il resto del mondo pubblica su Meta anche la foto della bisavola attonita davanti alle candeline accese pur di acchiappare un po’ di like. Del genetliaco del signor Garavani da Voghera, dove negli Anni Ottanta festeggiò con l’intera cittadinanza e tutte le casalinghe possibili in una magica sfilata in piazza del Duomo, tié Arbasino, non uscirà neanche una foto sui profili degli invitati.
In realtà, con grande scorno di tutti i media, non è ufficiale nemmeno dove “l’evento intimo”, straordinario ossimoro, si terrà. Di certo a Roma, e dunque nella villa sull’Appia Antica. Non nel palazzetto londinese di Holland Park che conserva cinque Picasso, di certo non nel meraviglioso castello di Wideville a Davron Crespières, alle porte di Parigi, per il quale un giorno l’ineffabile duo Valentino-Giancarlo Giammetti, inseparabile compagno di vita e di affari sul modello di Pierre Bergé per Yves Saint Laurent, gelò una collega che ambiva a un invito segnalandole che a casa sua nemmeno alle cameriere era permesso essere grasse come lei. Era, credo, il 2004, forse il 2005. Oggi, quasi vent’anni dopo, l’aggettivo che qualifica il sovrappeso è stato eliminato dal vocabolario e si definisce esattamente così, sovrappeso, oppure non si definisce affatto perché ciascuno, si sa, è bello a modo suo e deve amarsi senza riserve, nonostante gli aggiornamenti mensili dei filtri di Instagram stiano lì a dimostrare che la body positivity è un’altra delle grandi chimere di questo periodo storico votato all’annullamento delle differenze purchessia.
Valentino Garavani da Voghera, che ha lavorato tutta la vita per rimarcarle, creando un mondo di lusso aspirazionale a partire dal punto di rosso che porta il suo nome, ufficialmente parla solo in francese concedendosi molte civettuole licenze lessicali (“ferme’ le taxi”, ascoltato con queste orecchie, decisamente la migliore). Soprattutto, è l’ultimo grandissimo nome della moda mondiale ad aver vissuto come si conviene a un faraone, cioè senza l’obbligo di dover condividere, partager, share, alcunché con chicchessia. Zero tweet mattutini, zero tour dei Picasso per la rabbia del popolo delle tastiere, zero tituli se non quelli concordati: sulle sue case favolose, sul celebre yacht TM Blue One, esistono libri e qualche servizio concesso dopo anni di patimenti e di moine. Questa sera, questo perfetto insofferente alle regole della “community”, festeggerà con la sua storica, rigidissima portavoce, Daniela Giardina, con l’adorabile Carlos de Souza, ex modello e pr e socialite e qualunque cosa purché gestita con grazia, la sua ex moglie Charlene Shorto de Ganay e i due figli, Sean e Anthony, futuri eredi di Giammetti e Valentino.
Dello straordinario racconto di vita di Valentino, dell’amicizia molto celebrata con Jackie Kennedy, del rapporto con Nancy Reagan, dei cammei nei grandi film sulla moda, del favoloso documentario di cui chiunque ricorda la “scena dei carlini” (lavaggio della chiostra dentale con spazzolino e dentifricio), della sua incomparabile capacità di rendere le donne desiderabili e inavvicinabili al tempo stesso, ha parlato in questi giorni solo Giammetti. In uno splendido racconto in prima persona, l’ha fatto il suo successore alla guida creativa della maison, Pierpaolo Piccioli. Lui non rilascia più dichiarazioni da tempo. Lo incontrammo l’ultima volta un paio di anni fa, a tarda sera, a Taormina, accompagnato come sempre da Giammetti, quel ragazzo della Roma bene che avrebbe dovuto diventare architetto e che invece architettò un impero per l’uomo che amava, lasciandolo libero di creare senza preoccupazioni, senza drammi, senz’altro impegno se non quello di essere se stesso, al meglio. Valentino era cortese e vagamente disinteressato alle facce che lo circondavano. Giammetti lo guidò nella breve conversazione con uno sguardo complice.
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