IL FOGLIO DELLA MODA
Il family business senza family
Pensare alla successione. Uno sguardo di insieme e qualche soluzione in vista dei passaggi di generazione dei tanti marchi della moda e del lusso persi in questi anni. Nella convinzione, errata, che l’“erede” fosse solo quello procreato per vie naturali
“Per me la moda è innanzitutto il senso di responsabilità nei riguardi dei marchi che produciamo: non c’è il nostro nome di famiglia sopra, ma quello di chi li ha creati, dei geni del design che hanno fatto la moda e lo sportswear come li conosciamo oggi. Il nostro dovere è di conservarli, restaurarli e rinnovarli”. Mentre appuntavo le parole che stava dicendo Lorenzo Boglione, erede di Marco, fondatore di BasicNet, da qualche anno vicepresidente con il fratello Alessandro dell’azienda che controlla brand entrati nell’immaginario collettivo come Superga, Kway e Robe di Kappa, mi venivano in mentre tutti gli altri marchi che non sono stati altrettanto fortunati. Quelli che abbiamo perso, in Italia ma anche in Francia, perché non c’era nessuno a raccoglierne l’eredità, la legacy come si dice in inglese che è un concetto più ampio perché include anche la preziosissima immaterialità creativa. In mezzo ai tanti Lorenzo e Lorenza (non mi ero accorta che a metà degli Anni Ottanta il nome andasse così di moda) che si scaldano i muscoli a bordo campo, quasi tutti per ora attivi nel settore sostenibilità delle aziende di famiglia, ho pensato ai tanti Lorenzo mancati. Quelli che non potevano nascere e che richiedevano complicate architetture legali per essere adottati, perché se per i single in Italia è praticamente impossibile un’adozione “legittimante”, per gli omosessuali single figurarsi. Quelli che sono eredi sì, ma nati da una coppia di amici e poi adottati come figliocci, che però non erediteranno l’azienda, già ceduta con preveggenza, ma solo il patrimonio del fondatore. Quelli che sono tantissimi perché non diretti, le aziende nelle quali il rischio di una faida para-familiare successiva alla scomparsa del fondatore è talmente elevata che la soluzione più efficace sarebbe la quotazione in borsa con un flottante massimo e un manager capace alla guida, ma trovarlo che vada bene a tutti (e, soprattutto, prepararlo al passaggio senza sgambettarlo) pare una missione impossibile. Quelli, ancora, di cui si prova a fidarsi perché sono evidentemente mediocri e poi ci si ritrova con Invitalia che domanda in giro se valga la pena di salvare l’azienda, perché non sempre il frutto dei legittimi lombi è garanzia di capacità e continuità, ma l’imprenditore medio italiano stenta ad affidare la propria creatura a manager esterni. Diceva don Bosco che non solo gli eredi sono tali, ma che tutti devono farsi carico di dare al prossimo, in relazione a quello che ricevono, opportunità agli altri. A pochi giorni ai quindici anni dalla morte di Gianfranco Ferré, l’esempio preclaro di quello che succede a pensare solo all’oggi nella moda, abbiamo fatto tutti un’ampia ricognizione. Aggiungendo qualche consiglio esperto.
Alla Scala