Il Foglio della moda
Lo scandalo di volersi piacere sempre
Nel viaggio pluridecennale per i diritti delle persone con disabilità, il Diritto alla Bellezza è ultimo. La rivoluzione arriverà a Venezia il prossimo 3 dicembre, con una mostra fotografica in occasione della giornata mondiale per l’handicap
Per gli Antichi (greci e romani) il legame tra bellezza e giustizia era fortissimo. La ricerca della bellezza in luoghi dove può sembrare impossibile trovarla è stata parte integrante del mio percorso di vita. Nel mio lavoro attuale, ultimo arrivato in questo mio viaggio pluridecennale compiuto nella storia dell’emancipazione del movimento per i diritti delle persone con disabilità, il Diritto alla Bellezza giunge ben ultimo. Prima c’era tutto un mondo di esigenze, primum vivere. Dal giorno in cui l’immagine delle differenze fisiche e psichiche si trasformano in possibilità di promozione di prodotti e contenuti, allora avviene la rivoluzione: Andrea Bocelli, Bebe Vio, sono i nomi più conosciuti. In quei luoghi e in quelle situazioni, a prima vista impossibili, che la Bellezza, cercata e scoperta, diventa scandalo: non un ostacolo, come recita l’etimologia della parola, bensì un modo differente di scoprire la realtà.
Scandalo significa anche “Inciampo”: finalmente si inciampa nella Bellezza, ed etica e estetica tornano di nuovo legate, come accadeva nel passato. Lo scorso 16 agosto, insieme alla mia squadra abbiamo cercato la Bellezza nei corpi mutilati dalle mine di donne, uomini, bambine, insieme con un grande fotografo, Riccardo Bagnoli (non un reporter di guerra, bensì un fotografo di bellezza nell’accezione più ovvia, la perfezione della bellezza femminile, le mannequin, la moda, la pubblicità) e con lui uno scienziato della medicina, Silvio Garattini.
Siamo partiti con la presidente di Emergency, Rossella Miccio (colei che ha raccolto l'eredità di Gino Strada). È la continuazione di un percorso cominciato tre anni fa con una particolare scommessa che ha fatto della ricerca della Bellezza nel mondo della disabilità la sua cifra. Questo viaggio così diverso dal solito continuerà in Italia e all’estero, in tutti quei luoghi dove le guerre dimenticate (59 in questo momento nel mondo) fabbricano disabilità per arrivare a Venezia il prossimo 3 dicembre, giornata mondiale per l’handicap, a palazzo Labia (il 3 dicembre 2020 abbiamo raccontato il diritto al lavoro con “il Lavoro è di Tutti”; l'anno scorso il Diritto allo Sport, ora il Diritto alla Bellezza).
L’obiettivo della nostra scommessa è anche nell’aiutare gli italiani a distinguere tra lo spettacolo del dolore, la topica della denuncia, la critica del sentimentalismo (per non usare l’orrendo termine, buonismo) e il porsi al servizio del Servizio Pubblico. È un percorso ad ostacoli (qui lo scandalo vero) che prova a rendere alla televisione di stato un po’ del suo ruolo, il compito che negli ultimi vent’anni è andato perdendosi in modo esponenziale. Perché la bruttezza, la volgarità, l’aggressività, la denuncia sciamannata a tutti i costi, sono comportamenti talmente sbagliati che tendono a trasformarsi immediatamente in male: il bello invece è buono e viceversa.
E chi segue la televisione, (nonostante quello che i signori del web dichiarano, sono tanti) né può essere catturato in positivo. Il sentimento di popolo che abbiamo verificato farsi corale, davanti al dolore causato da due morti Ezio Bosso e Piero Angela, se pur così distanti tra di loro, è stato motivato da una uguale emozione, dalla ricerca della Bellezza come fine ultimo dell’uomo, una bellezza che ci permette una crescita morale.
Scrive Christian Boltanski nel suo “Lo spettacolo del dolore” che il ruolo dei media nel raccontare le “vittime” della sofferenza debba rispondere a precisi meccanismi, ma che questi meccanismi, (qui aggiungo io) il media mainstream può rovesciarli e utilizzarli per accompagnare un cambiamento positivo della società. A volte accade, malgrado l’uso continuo della Bruttezza per fare ascolti, a volte possiamo riuscire a vedere la realtà tramite un cannocchiale rovesciato, attraverso la Bellezza, appunto.
Alla Scala