il foglio della moda
Francis Kurkdjian: come costruire storie sul senso più antico
Il maestro profumiere più famoso del mondo ci parla del “guardaroba olfattivo”: un certo numero di profumi in armonia fra di loro, accostabili a piacere, declinabili a seconda dell’umore e del vestito
Non essendo evidentemente facile lavorare sul senso umano più antico e imprevedibile, l’olfatto, quando si collabora con il mondo della moda che comunica perlopiù per immagini, bisogna adeguarsi ai codici del suo linguaggio. Il maestro profumiere più famoso del mondo, Francis Kurkdjian, l’ha fatto conservando però i propri, e cioè creando per la sua linea eponima un “guardaroba olfattivo”: un certo numero di profumi in armonia fra di loro, accostabili a piacere, declinabili a seconda dell’umore e del vestito. Profumi pret-à-porter, caldi o leggeri, sportivi o eleganti. Quando lo incontro a Parigi, si sta preparando a una nuova collaborazione con Maria Grazia Chiuri, direttrice creativa di Dior: circa un anno fa, ha sostituito François Demachy a capo della divisione che equivale al primo accesso al brand Dior, i profumi. Nei primi nove mesi dell’anno, il segmento profumi e cosmetici di Lvmh si è avvicinato ai 6 miliardi di euro di fatturato, e una nota specifica del presidente Bernard Arnault ha indicato proprio le fragranze Dior, fra le quali storiche referenze come Sauvage e miss Dior, fra quelle di maggior successo.
Nel capitale della Maison Kurkdjian, il gruppo Lvmh è entrato nel 2017, acquisendone la maggioranza a sette anni dal debutto: Kurkdjian aveva poco più di quarant’anni, era famoso da quando, a venticinque, laureato da poco all’Institut Supérieur International du Parfum, aveva creato un profumo maschile rivoluzionario, Le Male di Jean Paul Gaultier. Il premio Coty, l’Oscar del profumo, era arrivato nel 2001. Dopo una lunga serie di successi per Armani (Mania, nel 2002), Burberry, Acqua di Parma, in anni più recenti Kurkdjian si era esercitato su Baccarat e su due profumi della Collection Privée di Dior, Cologne Blanche e Eau Noire. La maison Dior era l’approdo ultimativo del sogno di un ragazzino che, come racconta al Foglio e non rilascia interviste molto spesso, sognava la moda, anzi la haute couture, guardando lavorare il nonno, emigrato armeno, ricostruirsi una carriera come sarto di abiti da uomo nel sobborgo parigino dove si era rifugiato senza conoscerne la lingua, i modi, la cultura. Aveva trasmesso quell’ «abilità favolosa nel taglio» a sua figlia, la madre di Francis, che per anni aveva assecondato il desiderio del figlio di diventare ballerino dell’Opéra creandogli i costumi e sostenendolo nelle prove fino a quando, dopo una selezione andata male, lo aiutò a convogliare il sogno accantonato della danza sullo studio delle essenze. Complice l’articolo su una rivista, il mestiere di naso divenne «una passione, e presto un’ossessione» . Il profumo, osserva, è «la continuità dell’abito», ma possiede un proprio linguaggio, molto preciso. Trascrivere la sensazione di un tessuto in termini olfattivi, spiega, è “un lavoro molto complesso che richiede un lessico preciso. Per questo, dice, le parole per me sono molto importanti: bisogna acquisirne non solo il senso, ma le sfumature. E questa precisione è basilare”, osserva, “perché deve essere tradotta in ingredienti”.
Nella primavera del prossimo anno, nell’Orangerie de Châteauneuf a Versailles cioè nel cuore del Trianon, verrà inaugurato il “Giardino del Profumiere”: centinaia di essenze profumate per rievocare lo stile e il clima olfattivo della corte di Luigi XIV. È il suo regalo a Versailles, dove qualche anno fa ha ricreato, dalle ricette originali, una delle essenze predilette di Maria Antonietta (inutile bramarla: fra eccesso di rose e di “fiori bianchi”, è lontana dai gusti di oggi almeno quanto profumi come Mitsouko ci ricordano il Liberty e Shalimar gli Anni Folli. I profumi si evolvono esattamente come il linguaggio). Il giardino riporterà all’attenzione dei visitatori piante storiche, e anche i cosiddetti fiori "muti", come giacinti, peonie e violette, dalle quali non si riesce a ottenere estratti utilizzabili in profumeria, e le cui fragranze devono essere ricostituite dal profumiere.“Fin da quando ho conosciuto il mio partner Marc Chaya nel 2003, ho sempre desiderato di far rivivere l'immaginario che avvolgeva le sontuose celebrazioni del Re Sole durante le quali si profumavano i laghetti e le fontane dei giardini di Versailles”, sorride. Vorrebbe che il linguaggio dei profumi diventasse patrimonio comune: ci saranno laboratori, percorsi, esperienze aperte a tutti. “Quando ho fondato la maison con Chaya, il mercato del profumo era dominato da marchi di moda e couture, che vendevano fragranze capitalizzando l'immagine del marchio, le collezioni di abbigliamento e accessori: per loro, il profumo equivaleva a un accessorio”, osserva. “Sentivo il bisogno di fare le cose in modo diverso, di creare più liberamente, di diventare il profumiere che avrebbe presentato una propria visione dell’universo delle essenze e non solo attraverso il prisma dell'olfatto. Il pubblico è alla ricerca di creazioni che non siano solo eccezionali e di alta qualità, ma anche di legittimità, di un'esperienza più vicina alla creazione. E poi, è tramontato il diktat che voleva adottassimo un profumo per la vita. Da qui nasce l'idea del guardaroba olfattivo: vivere il profumo come un capo. Si indossano diverse fragranze in base al desiderio. Un profumo deve raccontare una storia, farci sognare, aprire l'immaginazione. È attraverso il racconto, le emozioni e le sensazioni che mi danno che inizio le mie creazioni. La formula, le materie prime, vengono dopo”.
La costante del giardino Una grotta barocca, intima e perturbante, ricostruita sur scène da Eva Jospin (ora chiamata ad allestire la boutique Max Mara di Milano con una installazione sulla fragilità della natura), la costruzione dei giardini delle Tuileries da parte di Caterina de’ Medici, il potere femminile che si è esercitato a lungo nell’uso dei fiori e delle piante officinali o velenose, il fascino. Nello show della collezione Dior estate 2023, Maria Grazia Chiuri ha sviluppato un tema caro al fondatore, e anche a lei, che è l’ambivalenza della natura e del suo ascendente sul femminile. Peraltro, un aiuto importante al “naso” della maison, Francis Kurkdjian
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