Il Calendario Pirelli ha fatto pace con le donne. È ora di passare oltre

Fabiana Giacomotti

Ecco the Cal 2023, specchio dello zeitgeist pol. corr. Molto è cambiato dal 1963 del debutto, quando ne vennero stampate 400mila copie, ed era destinato agli uffici e ai garage dei maschi. L’ultima edizione di The Cal è in tiratura limitata e parla a un universo femminile con il suo linguaggio. Ma sembra un Cencelli dell’inclusione

A precisa domanda sul futuro del Calendario Pirelli - gli infiniti tentativi di imitazione sono falliti, ma è anche vero che nemmeno gli ante-boomer usano più un calendario cartaceo, senza contare che il mondo vira verso un futuro più sostenibile, perché non pensare magari a un NFT che andrebbe bene anche ai collezionisti – l’amministratore delegato di Pirelli Marco Tronchetti Provera ribadisce il valore culturale del progetto, la bellezza di riunire ogni anno i talenti più significativi dello zeitgeist, ricorda che la tiratura resta comunque limitata, specifica che Pirelli usa solo materiali sostenibili. The Cal, insomma, is here to stay, nonostante non ci siano dubbi che molto sia cambiato dal 1963 del debutto, quando ne vennero stampate 400mila copie, ed era destinato a “celebrare la bellezza femminile”, cioè ad ornare esclusivamente gli uffici e i garage dei maschi.

   

L’edizione 2023 è stampata in 12mila copie, è certamente bellissima, ma parla a un universo femminile con il linguaggio delle donne. Il tema dell’empowerment ricorre di continuo, insieme con quello dell’inclusione estetica, e non è la prima volta. Il Calendario 2016 di Annie Leibovitz fu una rivoluzione. Questo, pur nell’eccezionalità delle immagini, perché lo sguardo di Emma Summerton è certamente dei più poetici, cerca appigli socio-culturali in modo troppo evidente, su basi troppo flebili e troppo larghe (se qualunque volto del momento è “musa” di qualcosa, è evidente che nessuna lo sia), e finisce per incorrere negli stessi difetti che le modelle coinvolte addebitano alla moda, e cioè il “tokenism”, ovvero il Cencelli dell’inclusione: ogni sfilata una o due modelle nere, una o due iper-curvy, una asiatica anzi due che se no i coreani, che al contrario di noi occidentali percepiscono le differenze, si offendono. Quest’anno al Calendario Pirelli manca solo la over age, speriamo non si offendano le ultrasessantenni.

  

  

Va riconosciuto, però, che nel corso dei decenni The Cal ha subito un’evoluzione estremamente positiva nei riguardi dell’immagine femminile. Mentre aspettavo di parlare con la fotografa dell’ispirazione a Leonora Carrington e il suo “Latte dei sogni” che è anche il leit motiv della Biennale di Venezia di Cecilia Alemani in via di chiusura, ho sfogliato il librone celebrativo dei cinquant’anni del Calendario, e sono rimasta piuttosto raccapricciata dalla sequenza di immagini delle edizioni a cavallo fra il 1990 e il 2010, neanche pochi (la sveglia definitiva, il woke, mi arrivò nel 2009, alla cena londinese per il lancio del calendario firmato da Terry Richardson che pochi anni dopo sarebbe stato travolto dal Me Too, quando il direttore del Guardian, vicino di tavolo, mi chiese come noi donne potessimo tollerare roba simile).

   

Vedere tutta insieme una galleria così ricca di quel genere di foto che per decenni ci è stato spacciato come nudo artistico prende un attimo alla gola, e dunque viva Emma Summerton che a Bella Hadid fa vestire anche le corna come nel celebre dipinto della Carrington che conserva il MoMa. La sensibilità mondiale è cambiata in via definitiva, e anche se la moda che lo zeitgeist guida non si è fatta ancora inclusiva quanto vorrebbe Ashley Graham, che in questa galleria di “muse” moderne e un po’ tirate per i capelli interpreta “l’attivista” e osserva giustamente come siano ben pochi gli stilisti che pensano abiti per fisicità come la sua senza limitarsi ad adattare a una taglia 54 a una 40, non ci sono dubbi che da sei anni a questa parte The Cal sia diventato un oggetto, un progetto, un simbolo diverso rispetto a quello che i nostri padri collezionavano e che noi regalavamo al commercialista perché sapevamo che esporlo non avrebbe reso onore al nostro essere donne. Adesso si può.

      

   

Le modelle che vi prendono parte continuano a ripetere le stesse cose che dicevano le loro sorelle maggiori e anche loro stesse anni fa, e cioè che sono molto onorate, che il Calendario è un punto di arrivo importante e tutto quel genere di gentili banalità che si pronunciano in questi casi, ma è evidente che questa volta si siano sentite particolarmente a proprio agio. E' un Calendario risolto, sereno, pacificato. Resta da capire, ancora una volta, quale possa essere il futuro di The Cal ora che anche il tema dell’inclusione è stato esplorato a fondo e la correttezza politica saggiata a dovere. Resta, appunto, la sostenibilità. Etica, morale, produttiva. Dal Calendario Pirelli, che comunque continuerà ad essere collezionato, ricercato, è arrivato il momento di togliere le donne.