Il foglio della moda - GRANDI MANOVRE
Stile di governo. Anche Santanché entra nella partita
Una parte delle deleghe sul tessile è stata attribuita al ministero del Turismo. Ma la ministra non rientra nelle simpatie del settore, che pure non è storicamente di sinistra e che non sembra propenso ad affidarsi alla politica
In effetti Paola Cortellesi aveva visto lungo, nella sua strepitosa imitazione di Daniela Santanchè che “crede” fortemente “in Céline, in Vuitton, in Saint Laurent” perché, a sorpresa, una parte delle deleghe sulla moda sono state attribuite al ministero del Turismo. Non è ancora chiaro quali saranno, queste deleghe, ma è improbabile che si concentrino sulla valorizzazione del made in Italy e sulle iniziative territoriali come già accade, in forma regionale, al Pirellone. Certo è che funzionari di primissima caratura sono stati chiamati per occuparsene e che alcuni si sono già trasferiti a via di Villa Ada, in attesa di capire come procedere. Per chi conosce Santanchè la mossa non è peregrina e nemmeno così sorprendente. Oltre ad amare i brand del lusso come cliente (ci fu il clamoroso scivolone dell’abito verde bandiera a una Prima della Scala di anni fa col farfallino ton sur ton, entrato di imperio nella galleria degli orrori visti nel Foyer nell’ultimo secolo, ma di sicuro è una donna che conosce il “diritto all’eleganza” di conio Soumahoro e in moda spende) per anni Santanchè ha tentato di conquistarla da imprenditrice dell’editoria attraverso Visibilia, la società oggetto di una richiesta di fallimento ora ritirata da parte della procura di Milano e che sicuramente rappresenta una spina nel fianco e del ministro e dell’esecutivo.
Ma se Santanché ama la moda, purtroppo non è vero il contrario: il settore, che pure non è tutto “di sinistra” come si crede (storicamente, anzi, il tessile ha votato a destra) ha le sue simpatie. Fra le quali Santanché non rientra. È improbabile che dal ministero del Turismo, la ministra Santanché giocherà un ruolo di primo piano su un settore che vive per circa l’ottanta per cento di export. Però ci sono le manifestazioni di piccolo cabotaggio, le iniziative regionali, le campagne sull’estero: un piatto infinitamente più ricco di quanto si creda, che va ad innestarsi sulla politiche-della-politica locale, le sue regole e le sue convenienze. Dunque?
Dunque, Santanché va a infilarsi in un settore di suo poco propenso ad affidarsi alla politica, tanto più locale, di matrice e gusti e relazioni internazionali, che palesemente non l’ha mai sostenuta, e che per quanto attiene allo sviluppo territoriale e ai temi del lavoro finora si era appoggiato al ministero dell’economia (idillio totale con Carlo Calenda che fondò il Tavolo della Moda, discreto feeling con Giancarlo Giorgetti) o, nei casi in cui fosse richiesto, al ministero della Cultura. E proprio questo, dove accanto a Vittorio Sgarbi è stata confermata Lucia Borgonzoni come vice-ministro, non sembra disposto a lasciare la presa.
Anzi. Grazie alla naturale militanza nella Lega, l’asse fra Borgonzoni e Giorgetti si era rivelato particolarmente proficuo nel corso del governo Draghi, facilitando intese e favorendo una generale benevolenza che, nel giugno scorso, ha portato all’approvazione della legge delega di riordino del settore dello spettacolo firmata da Dario Franceschini e da Andrea Orlando. Adesso, Borgonzoni sta lavorando a un testo similare per la moda, dove permangono ancora molte disparità sia nei salari sia negli scatti di carriera e nelle opportunità. Vorrebbe, potremmo giurarci, lavorarci in pace, e non ci sono dubbi che conducessero a questo fine tutte le presenze del ministero della Cultura dei mesi scorsi nei convegni delle associazioni di categoria più attive sul territorio, a partire da Cna.
Alla Scala