il foglio della moda - strategie
Il lusso di essere padani
Ai vertici della moda mondiale si edono manager italiani. I movimenti in corso da Lvmh a Kering e quel dossier Burberry accantonato in Prada
Dev’essere l’aria della Pianura Padana italiana, quella voglia di emergere più forte di tutto e soprattutto della nebbia che, a dispetto del riscaldamento globale, continua ad avvolgerla per lunghi mesi all’anno. Ma è un fatto che, al momento, da lungo tempo e in modo sempre più evidente, i manager più in vista della moda mondiale siano tutti italiani e, in genere, nati fra Pavia, Parma, Modena, Milano, con qualche propaggine in Veneto. Jacopo Venturini, ceo di Valentino; Carlo Alberto Beretta, general brand manager di Tod’s; Antonio-Toni Belloni, direttore generale del gruppo Lvmh; Gianfranco D’Attis, nuovo ceo del marchio Prada, in arrivo dagli Usa dove era presidente di Christian Dior Americas e dove sta per arrivare Andrea Guerra come ceo del gruppo, voluto in particolare da Miuccia Prada (secondo indiscrezioni dell’ambiente finanziario milanese, prima di risolversi alla nomina e al nuovo organigramma del gruppo che porterà in un prossimo futuro alla gestione di Lorenzo Bertelli, head of corporate responsibility di Prada, il padre Patrizio Bertelli, cofondatore, fra i primi fautori di un polo del lusso italiano, nei mesi scorsi aveva esaminato molti dossier, fra cui quello di Burberry, preferendo poi non fare scelte che avrebbero inevitabilmente imposto il cambio di governance).
Nel gruppo Kering, i due manager di punta sono Francesca Bellettini, ceo di Saint Laurent, nata a Cesena, fra le venticinque donne più influenti al mondo, e Marco Bizzarri, modenese, amministratore delegato di Gucci: da qualche settimana, e in particolare dopo l’uscita al tempo stesso dignitosissima e accidentata del direttore creativo Alessandro Michele, molto amato dai media internazionali e la cui ultima collezione sta andando a ruba, modello reliquia, si rincorrono le voci di un prossimo abbandono di Bizzarri, forse di una sua sostituzione con Bellettini. Nel frattempo, nel giro di poche ore è cambiata la gestione dei principali marchi del gruppo Lvmh, portando ancora una volta un manager italiano, Pietro Beccari, originario della provincia di Parma, ai vertici di una multinazionale del lusso: dal prossimo febbraio, sostituirà Michael Burke alla guida di Louis Vuitton, primo manager non francese alla guida del brand eponimo del gruppo (possiamo già contare che porterà con sé il fidatissimo capo della comunicazione, Giuseppe Sperandio, dunque aggiungiamo un altro nome italiano al computo) lasciando le redini di Christian Dior, di cui era amministratore delegato dal 2018, a Delphine Arnault, prima figlia del fondatore Bernard Arnault. Una sorta di suggello a una carriera iniziata nel gruppo LVMH nel 2006, dove Beccari era entrato come vicepresidente esecutivo marketing e comunicazione, voluto dal braccio destro di allora di Arnault, Yves Carcelle, che ne aveva ravvisato il potenziale incontrandolo in Henkel, dove era a capo della divisione haircare. Nel 2012, Beccari era stato chiamato a Roma alla guida di Fendi in sostituzione di Michael Burke, sessantacinque anni, in Lvmh dal 1986, di cui oggi prende nuovamente il posto.
Sui trascorsi originari e calcistici di Beccari, dissuaso ancora giovanissimo da Arrigo Sacchi dall’ accarezzare mire calcistiche professionali, si è molto scritto e si scrive tuttora, soprattutto, però, per enfatizzarne la forma mentis organizzata sulla struttura del gioco di squadra. Beccari è uomo di team, il genere “si vince tutti assieme”, come peraltro ha lasciato intendere lo stesso Arnault nella nota diffusa ieri: ha svolto un lavoro eccezionale in Christian Dior negli ultimi cinque anni: “La sua leadership”, ha detto, “ha accelerato il fascino e il successo di questa iconica Maison. I valori di eleganza di Monsieur Dior e il suo spirito innovativo hanno ricevuto una nuova intensità, supportata da designer di grande talento (Maria Grazia Chiuri e Kim Jones, ndr). La reinvenzione della storica boutique al 30 di Avenue Montaigne è emblematica di questo slancio. Sono certo che Pietro condurrà Louis Vuitton a un nuovo livello di successo e di desiderabilità”.
Arnault ha speso molte parole di encomio anche per la figlia, Delphine, che lo scorso anno aveva favorito la nomina di Camille Miceli ai vertici di Pucci: “La sua nomina è un’altra pietra miliare in un percorso di carriera nella moda e nella pelletteria definito dall’eccellenza, prima durante i dodici anni trascorsi da Christian Dior e poi da Louis Vuitton nell’ultimo decennio, dove è stata numero due con la responsabilità di tutte le attività di prodotto della Maison. Sotto la sua guida, la desiderabilità dei prodotti Louis Vuitton è aumentata in modo significativo, consentendo al marchio di stabilire regolarmente nuovi record di vendita. Le sue acute intuizioni e la sua incomparabile esperienza saranno elementi decisivi per guidare il continuo sviluppo di Christian Dior.” Il primo segno che qualcosa stesse cambiando nella galassia LVMH era arrivato lo scorso luglio, con la trasformazione della holding Agache, che detiene il 48 per cento di LVMH, in società in accomandita semplice, modello Fiat epoca Agnelli. Arnault, blindava insomma il gruppo da possibili scalate, tutelava i cinque figli, di cui tre già impegnati nel gruppo, e nel frattempo assicurava una migliore separazione fra gestione e proprietà. Lo stesso Arnault aveva spiegato la decisione in una nota, indicando come il gruppo volesse restare a vocazione familiare “per sostenere lo sviluppo a lungo termine” dei suoi marchi “rispettando ciò che li rende unici e forti”.
Per prima cosa, e forse non è un caso che si sia atteso così a lungo, Beccari dovrà nominare un direttore creativo della linea uomo in Vuitton dopo la prematura scomparsa di Virgil Abloh lo scorso anno. Per la prossima sfilata della linea, il 19 gennaio, è stato chiamato, in collaborazione con il team creativo interno, Colm Dillane, designer del brand KidSuper, entrato a far parte del calendario della fashion week di Parigi nel febbraio del 2020, con una presentazione digitale, e già vincitore di uno dei tre premi istituiti in memoria di Karl Lagerfeld all’LMVH Prize, con lo stesso Abloh in giuria. Sarà un banco di prova per lo stesso gruppo Lvmh. In attesa di capire l’evolversi della situazione in kering. La prima sfilata di Gucci senza un direttore creativo si terrà domani.
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