PRIMAFILA
Il mio canone inverso sulla mascolinità
"Voglio rompere le regole, ribaltare gli schemi dell’abbigliamento maschile e femminile, facendo indossare abiti femminili agli uomini e abiti maschili alle donne". Parla la richiestissima fashion consultant, “ospite speciale” di questa edizione di Pitti Uomo
La moda è cultura e, per me, parte della mia estetica. Qualcosa di spontaneo, che fa parte della mia quotidianità. Cerco di creare nel mondo più autentico possibile, e quello che faccio risponde ai miei sentimenti, a quello che provo, a ciò che sento e che ritengo giusto per il mio marchio. Mi piace rompere gli schemi, “make things wonky”. La moda è divertimento e bisognerebbe continuare a superare se stessi. Qualcosa funziona, qualcosa veramente no, e io voglio mettermi alla prova, capire quali siano i miei limiti. Voglio rompere le regole, ribaltare gli schemi dell’abbigliamento maschile e femminile, facendo indossare abiti femminili agli uomini e abiti maschili alle donne. Credo che questo li renda particolarmente sexy.
Essere stata invitata da Pitti Uomo (a sfilare) è un grande onore. Quando è arrivata la lettera, abbiamo iniziato a pensare a come traslare quello che facciamo qui a Londra a Pitti, e che cosa significhi farlo in un luogo diverso, in una città carica di storia e di bellezza come Firenze. Perché parte di quello che facciamo, come lo abbiamo peraltro sempre fatto, prevede, include l’interazione con la città in cui si svolge. Il primo e più importante elemento di riflessione per me era il rapporto con la città e con la sua comunità, per cui ho iniziato ad esplorare le diverse zone di Firenze, a conoscere – per quanto possibile – i suoi abitanti, i diversi gruppi che vi lavorano, che la vivono ogni giorno.
Pitti è un luogo fisico e al tempo stesso un progetto bellissimo, ma non volevo usarlo come sfondo. Per questo, trovare uno spazio e un’area che avesse dei codici pre-esistenti definiti e che ospitasse una comunità forte è stato molto importante. Alla prima riunione con i responsabili del progetto a Firenze (Lapo Cianchi e Francesca Tacconi, ndr), abbiamo finito per parlare più di famiglia, scuole, spesa quotidiana, e cicli di vita dei quartieri popolari che di sfilate. Tutto questo è in stretta relazione con il mio lavoro, con un bagaglio cognitivo ed emotivo che si mescola a riflessioni di carattere sociale e culturale e che si riflette nelle collezioni. Una sorta di canone inverso, dove anche le ispirazioni e le inclinazioni più conflittuali tra loro arrivano a una soluzione, a una coesistenza provvisoria e ogni volta da ricostruire.
*Martine Rose, neoquarantenne di origini britannico-giamaicane nata a Croydon, Londra, è l’“ospite speciale” di questa edizione di Pitti Uomo. Sfilerà questa sera alla Loggia del Porcellino con la sua collezione. I suoi design traggono ispirazione dalle sue esperienze e dal suo interesse per le sottoculture rave, hip-hop e punk. Ha fondato il marchio eponimo a Londra nel 2007 e, partendo da una capsule iper curata di camiceria, ha creato un brand di fama internazionale molto sostenuto dalla critica più attenta. Fashion consultant richiestissima, capace di influenzare la direzione del menswear contemporaneo, Martine Rose si ispira alla propria cultura di origine e al profondo interesse che nutre per la musica e le diversità multiculturali della scena londinese. Famiglia e comunità sono al centro della sua riflessione, espressa anche nella scelta delle location di sfilata: dai mercati coperti di Tottenham ad un vicolo nel quartiere di Camden, fino alla scuola elementare Torriano. Nella sua estetica si trova sempre una tensione tra attrazione e resistenza ai codici riconosciuti dell'abbigliamento maschile.
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