il foglio della moda
Dal tessuto al vintage: produrre il nuovo valorizzando il vecchio, questo è il problema
Upcycling, riuso, riciclo. Quali sono le strategie di tutte le parti della filiera del tessile utili per rivoluzionare in modo sostenibile il comparto. Il girotondo
Dal tessuto al vintage, le strategie e gli investimenti della filiera per mantenere in equilibrio occupazione, pianeta e le benedette “emozioni” che ci spingono a continuare a desiderare moda. Girotondo fra i partecipanti al convegno 2023 Il Foglio della moda - Banco BPM a Verona
La Pelle, Recupero del Recupero (quasi) all’Infinito
Se c’è un materiale che può essere citato come esempio di una circolarità nella sua completezza fenomenica, questo è la pelle. Per il suo essere un materiale di recupero, per il modo in cui sono rigenerati e trasformati i residui del suo processo produttivo. E poi per il numero crescente di progetti manifatturieri che ne riutilizzano le parti in eccesso. Una volta erano progetti speciali, virtuosi, ma pur sempre caratterizzati da una visione creativa inedita. Oggi sono quasi diventati la regola perché l’upcycling è uno strumento green dai forti connotati comunicativi.
Alcuni brand si sono mossi in tal senso da diversi anni. Era il 2010 quando Hermès decise di lanciare Petit H, accessori giocosamente extralusso e unici realizzati con gli scarti di pellame della divisione leather goods per saddlery. Non sempre questi accessori sono disponibili perché dipendono dai quantitativi di scarti presenti nel momento. Chanel possiede l’Atelier des Matières dove si raccolgono e si decostruiscono abiti, borse, scarpe e materiali inutilizzati come i pellami. Nascono nuovi oggetti, che la maison definisce “valorizzati” e non riciclati, termine ritenuto poco attraente. Alcuni pezzi di pelle sono così diventati manici di coltelli.
Ma il progetto forse più significativo è quello di LVMH Nona Source. Nasce nel 2021 ed è la prima piattaforma online che rivende (a chiunque) i materiali di scarto delle griffe controllate dal gigante francese del lusso. Nona Source offre ai giovani designer e ai nuovi marchi europei tessuti e pellami di fascia alta a prezzi competitivi per incoraggiare il riciclo creativo. Anche Kering sostiene vari progetti di upcycling. Dal 2018, il conglomerato del lusso collabora con La Réserve des Arts, ong che raccoglie materiali di scarto e ritagli da aziende e istituzioni culturali della regione di Parigi e di Marsiglia, che poi vengono riutilizzati. Dal 2019 Kering sostiene il progetto Tissons la Solidarité, che sta sviluppando una formazione sull’upcycling per le sarte nell’ambito di un programma di reinserimento professionale.
Tra il 2018 e il 2021, col progetto Gucci up sono state raccolte millecinquecento tonnellate di scarti di pelle e tessuto dai fornitori della griffe. Dal 2023 il progetto è confluito nel Circular hub per promuovere l’innovazione e favorire l’accelerazione del percorso di trasformazione circolare della moda e del lusso. C’è chi confeziona gioielli e ornamenti, chi restaura vecchie borse solo di pelle, chi crea patchwork. L’upcycling è una cosa seria e non una questione di facciata, di comunicazione, di marketing.
È una sfida che richiede concretezza e che ben si sposa con un materiale come la pelle, che rappresenta una materia prima, e stiamo parlando di pelle “made in Italy” in grado di dare garanzie anche certificate della sua sostenibilità e circolarità.
Nei confronti del consumatore, i progetti legati all’upcycling sono ritenuti positivi per considerazioni ambientali, quasi una pratica ecologica, quello che in effetti è.
Fulvia Bacchi
Direttore generale UNIC, ceo Lineapelle
Va Riscoperto il Significato dei Tessuti
Invento, disegno e produco tessuti dal 1989. Dai miei inizi a oggi, il tessile ha vissuto una grande rivoluzione, non solo in termini di tecnologia industriale ma anche di geografia produttiva: si è passati dal telaio meccanico a quello digitale, dalle grandi produzioni dei distretti italiani e francesi alla delocalizzazione delle filiere tessili in Asia e sono stati spazzati via decine di migliaia di posti di lavoro .
Questi fatti però li conoscono tutti. La storia che invece pochi ricordano è quella della “metamorfosi del significato” dei tessuti. La mia mamma aveva imparato dalla sua i fondamenti sacri dell’economia domestica e aveva una precisa idea della “qualità” che oggi non esiste più. Durante la messa della domenica, quando ero ragazzo, la flanella in pura lana cardata dei miei pantaloni mi pungeva le gambe ogni volta che mi sedevo, ma ne andavo fiero e mi sentivo elegantissimo; la camicia di papà in cotone doppio ritorto era sempre perfetta e ingualcibile sotto la cravatta in organzino di seta cotta, il cappotto in vicugna di mio nonno non era confondibile con i suoi pantaloni di vigogna per andare a caccia, e lo chemisier in seta shappe di mia mamma la faceva risplendere di luce perlacea mentre faceva la ramanzina al mio fratellino, di ritorno da una delle sue scorribande con tutte le gambe escoriate ma sapientemente nascoste sotto gli spessi calzettoni in filo di scozia gasato e mercerizzato.
Migliaia di ricordi diversi, uguali per tutti gli over cinquanta come me. In quell’epoca c’erano ancora i sarti e la scelta del tessuto era una decisione meditata a lungo sull’asse della qualità e del prezzo. Erano vestiti fatti per durare più stagioni; quando si cresceva si passavano al fratellino e lui a sua volta li cedeva al cuginetto. Upcycling perfetto! Negli stessi anni iniziava l’era delle confezioni industriali e dei grandi magazzini: ogni tanto, bambino, accompagnavo papà da qualche cliente e la discussione primaria era sulla qualità, sulla resistenza e sulle performance. Il tessuto sarebbe rimasto elegante e ingualcibile senza dovere ricorrere alla stiratura e alla pulisecco? Poi arrivarono gli stilisti che con il loro genio fecero ombra ai tessutai. E poi arrivò l’era dei brand dove il prodotto diventó in larga parte “comunicazione”.
E infine arrivò il fast fashion che usando i tessuti d’importazione a prezzi bassi produceva in continuazione tendenze che invecchiavano alla velocità della luce. Questi tessuti dovevano essere soprattutto i più economici possibile perché tanto non servivano per resistere ma solo a esistere per servire il trend di stagione. La Fabbrica Lenta Bonotto è una manifattura tessile dove duecento maestranze ogni giorno producono tessuti a regola d’arte per le maison del lusso internazionale usando sia i vecchi telai meccanici del 1956 sia quelli digitali della fabbrica 4.0. Dal 1970 a oggi hanno risieduto in Fabbrica Lenta 326 artisti che hanno prodotto e lasciato oltre 24mila opere d’arte. Dal 2016 la Bonotto è partecipata dal Gruppo Zegna che produce da tutta la vita i tessuti di più alta qualità al mondo. Da dieci anni usiamo la plastica GRS riciclata dai rifiuti, le lane RWS, le sete organiche e le canape, Lini e cotoni GOTS e tutte le viscose sono FSC. Però, abbiamo capito che oggi tutto questo non basta più. E allora abbiamo deciso che la nostra strada sia quella di alzare la qualità al massimo livello per tessere tessuti che durino per tantissimo tempo e contribuiscano ad aiutare la moda ad andare oltre al glamour. Upcycling significa imparare a costruire il futuro usando il presente e ri-usare il passato con raffinato orgoglio e colta sensibilità.
Giovanni Bonotto
Direttore creativo Bonotto spa
Come Favorire il Riciclo su Scala Locale
Gli outlet svolgono un ruolo importante nella filiera della moda, nel solco di una continuità che da sempre caratterizza tutti gli attori di questo settore e in particolare McArthurGlen.
Essere sostenibili è infatti parte integrante del DNA del canale. I Designer Outlet hanno introdotto un innovativo modello di business che rappresenta un'opportunità di estensione del ciclo di vita del prodotto e quindi dell’intero processo commerciale dell’industria della moda. Non sono canale di deflusso, ma veri e propri attori: agenti di cambiamento e motori di crescita per le aziende, le economie dei territori, creatori di nuove destinazioni e comportamenti d’acquisto per le persone.
Gli outlet restano però dei luoghi fisici che non producono, ma ospitano, rendono possibile e facilitano la vendita da parte delle aziende produttrici, le quali ovviamente hanno strategie proprie e una gestione indipendente, anche in termini di sostenibilità. E quindi, qual è il nostro impatto, come ci muoviamo rispetto a dinamiche che prescindono da noi? Per esempio, interveniamo con quella che definirei la diligenza del buon padre di famiglia, dando valore alle politiche ESG e alle iniziative dei singoli marchi, contribuendo a rafforzarle laddove possibile, promuovendole e supportandole nel planning, nelle operation e nella comunicazione.
McArthurGlen vuole dare continuità a questa identità, non limitandosi alla sola dimensione del business, ma guardando anche all’impegno sociale, una volontà che risponde in primis a una necessità percepita anche dai nostri clienti come riflesso dell’evoluzione sociale. Già trenta anni fa, il “giving back” era un pilastro valoriale dell’azienda. Con il nuovo programma Evolve, il gruppo ha mosso un ulteriore passo in questa direzione. Evolve è una visione, un progetto di sostenibilità composto da diverse aree di intervento e da una strategia ambiziosa che si propone di guidare un cambiamento reale. Un approccio a pilastri orientato a ridurre al minimo l’impatto delle attività del Gruppo sul pianeta, massimizzando la ricaduta positiva nelle comunità in cui opera e integrare la sostenibilità in ogni ambito dell’attività.
Il punto di partenza è proprio il riconoscimento della nostra responsabilità sociale e ambientale che si riflette anche in progettualità che hanno preceduto Evolve. Prendendo ad esempio il centro di Noventa di Piave, da tempo vengono sostenute iniziative sul territorio che coniugano il core business con programmi di sostenibilità e inclusività rilevanti come Recycle Your Fashion, temporary shop dedicati all’abbigliamento vintage e alla circolarità, progetti come l’importantissimo #backtolife – che ha permesso di dar vita a una collezione inedita di borse uniche, numerate, create dalla designer veneziana Carla Plessi con tessuti provenienti da giacenze preziose di aziende partner, realizzate dalle ospiti di una residenza protetta.
Con Evolve ci impegniamo a fare di più: salvaguardare il pianeta e l'ambiente, con l’obiettivo di creare un mondo migliore per le generazioni future e in cui vivere oggi. L’obiettivo è la riduzione delle emissioni aziendali di anidride carbonica a sostegno dei target di azzeramento totale per il 2040, implementando opportunità sul fronte delle energie rinnovabili e proteggendo l'ambiente naturale, tramite la gestione responsabile dell'uso di risorse e materiali, al fine di ridurre gli sprechi in tutti i settori di attività. L’impegno è anche contribuire a un sistema di economia circolare invitando gli ospiti dei centri McArthurGlen, e cercando di agire come modello di ruolo, a fare altrettanto per promuovere una migliore qualità della vita e un utilizzo più equo delle risorse che offrono i territori in cui sono presenti i Centri stessi.
Daniela Bricola
General manager McArthurGlen
La Durata Deve Diventare Parte del Progetto Moda
Lunga vita alla moda. È un augurio di successo ma è anche un invito a ripensare l’esistenza dei prodotti in termini di maggiore durata, di possibilità di riciclo e potenzialità di riutilizzo e trasformazione. Solo uscendo dalla logica take-make-waste, possiamo iniziare a ragionare e agire in modo sostenibile. Ai tre pilastri del vecchio modello lineare si sostituiscono nuovi principi: ridurre i rifiuti e l’inquinamento, far circolare prodotti e materiali, rigenerare la natura. È quasi una rivoluzione copernicana. Per questo diventa fondamentale ripensare tutta vita del prodotto, dal design alla scelta delle materie prime ai processi produttivi, seguendo il prodotto fino al suo smaltimento.
E in queste grandi sfide per la sostenibilità, ricerca e tecnologia rappresentano potenti alleate. Un esempio è l’esperienza di Prada con Re-Nylon, un tessuto che può essere rigenerato all’infinito senza perdere di qualità. Si tratta di un importante traguardo nella tecnologia dei tessuti e nel lusso sostenibile. Quando si crea un prodotto bisogna già pensare alla sua fine; anzi, meglio, alla sua seconda vita. Per questo è nato Re.Crea, il consorzio coordinato da Camera Nazionale della Moda Italiana che vede la partecipazione di Dolce&Gabbana, MaxMara Fashion Group, Gruppo Moncler, Gruppo OTB, Gruppo Prada, Ermenegildo Zegna Group per gestire al meglio i prodotti a fine vita e per promuovere la ricerca e lo sviluppo di soluzioni di riciclo innovative.
Nel modello circolare non esiste la parola fine ma il punto finale di un ciclo può e deve diventare un nuovo inizio attraverso varie tecniche di riciclo ma anche con attività di riuso, riutilizzo, trasformazione. Recuperare e dare valore ai capi vissuti è un tema di grande attualità: lo richiedono i giovani consumatori e lo propongono le nuove generazioni di designer: non è un caso che molti designer emergenti abbiano il tema del riuso al centro della loro ispirazione. Così il brand Cavia, ad esempio, spazia dal patchwork di tessuti riciclati al crochet e alla maglieria mentre Be Nina nasce dall’up-cycling di antichi materiali della tradizione pugliese come centrini, lenzuola, tovaglie e asciugamani ricamati a mano.
Per i nuovi designer è forte l’urgenza di un approccio sostenibile e la passione per il riuso non conosce confini. In occasione dei CNMI Sustainable Fashion Awards 2022, il premio per i designer emergenti è andato a un progetto nigeriano mirato a ridurre i rifiuti tessili e sostenere l’artigianato locale. Il brand NKWO progetta capi prêt-à-porter a partire da abiti e materiali esistenti tradizionali. Inoltre ha inventato un nuovo tessuto – Dakala Cloth - utilizzando una tecnica innovativa di spelatura e cucitura di tessuti di scarto.
Nelle sue molteplici interpretazioni e declinazioni, l’upcycling rappresenta una strada interessante verso la sostenibilità che apre nuove possibilità di estetica e di design, stimola la creatività e dà vita a soluzioni originali, che offrono alle persone il piacere di indossare capi veramente speciali. Si tratta dunque di una scelta vincente non solo da punto di vista etico ma anche estetico e di business. Oggi i modelli di business circolari che mantengono i prodotti in circolazione, come la rivendita, il noleggio, la riparazione e il remake, rappresentano il 3,5 per cento dell'industria della moda. Hanno il potenziale per crescere fino a rappresentare il 23 per cento dell'industria della moda entro il 2030 e rappresentano un'opportunità da 700 miliardi di euro, fornendo fino a un terzo del contributo al raggiungimento dell'obiettivo di contenimento dell’aumento del riscaldamento globale a 1,5 gradi (accordo di Parigi). Recuperare il passato per pensare il futuro non è solo una bella suggestione ma un tema di grande attualità e un fattore di portata strategica.
Carlo Capasa
Presidente Camera Nazionale della Moda
La Circolarità Nasce Anche dai Clienti più Sensibili
Mytheresa è il leader mondiale del lusso online. Offriamo abbigliamento di lusso per donna, uomo e bambino, oltre a prodotti di arredamento e design. Spediamo in oltre centotrenta paesi, la nostra attività è cresciuta di oltre il venti per cento nell’ultimo anno, raggiungendo un Gross Merchandise Value di quasi 900 milioni di euro; siamo orgogliosi di essere in attivo. Non vendiamo solo prodotti, ma soprattutto emozioni. Il tre per cento di clienti top rappresenta quasi il 35 per cento del nostro business totale. Non solo spendono molto, ma sono estremamente fedeli: a partire dal secondo anno, fino al cento per cento.
Dunque, guidiamo il successo con le emozioni, soddisfiamo i bisogni emotivi e creiamo momenti unici con esperienze che il denaro non può comprare. Sappiamo che la sostenibilità è molto importante per la maggior parte nostri clienti. Anche in questo caso la consideriamo da un punto di vista emotivo. I clienti che acquistano sul nostro sito vogliono sentirsi sereni riguardo al loro acquisto. Anche i nostri dipendenti vogliono sentirsi soddisfatti dell’azienda per cui lavorano. Quindi, per una gran parte dei clienti la sostenibilità non è un argomento scientifico, ma una questione di “sentirsi bene con se stessi”, e con le conseguenze del proprio comportamento sull'ambiente e sugli altri.
Abbiamo dichiarato e pubblicato i nostri impegni ESG nel 2021, lungo quattro direttrici: MyPlanet, MyTalent, MyProduct, MyPolicy. Con MyPlanet lavoriamo molto duramente per ridurre la nostra impronta in termini di emissioni di carbonio, rifiuti (in particolare rifiuti di plastica) e riciclabilità dei nostri imballaggi. Nell’ultimo anno fiscale abbiamo raggiunto il novanta per cento di elettricità rinnovabile nei nostri processi. Collaboriamo con esperti per monitorare la nostra carbon footprint e la compensiamo interamente con iniziative come il Gold Standard Projects a cui i clienti, sempre informati sulle emissioni di gas serra causate da tutti i processi, possono partecipare: al cliente europeo costa 25 centesimi in più. Offriamo anche la possibilità di scegliere tra la nostra signature packaging e l’eco-packaging. Con MyTalent siamo orgogliosi di avere più di ottanta nazionalità all'interno dei nostri team.
Investiamo molto in corsi di formazione ed eventi con relatori, in particolare per quanto riguarda la diversità e l'inclusione, la creazione di pari opportunità e la condivisione di storie personali. A partire da quest'anno offriamo ai nostri team l'opportunità di contribuire ad un'organizzazione benefica di loro scelta sotto forma di un “social day” all'anno per ciascun dipendente. Con MyProduct aumentiamo le informazioni sui materiali e sulla provenienza dei prodotti per offrire ai clienti una maggiore trasparenza sui capi acquistati.
Abbiamo aderito al programma Fur Free Retailer nel Gennaio 2023 e non vendiamo più prodotti con pellicce o pelli esotiche. Promuoviamo brand e prodotti con chiari attributi di sostenibilità e stiamo sviluppando le nostre linee guida per l'approvvigionamento responsabile. Cerchiamo anche di creare entusiasmo e coinvolgimento per i prodotti con caratteristiche sostenibili. L’upcycled bag Love Trotter di Etro by Marco De Vincenzo, venduta in esclusiva su Mytheresa, è realizzata per esempio con scarti di tessuto e plastica rigenerata. Abbiamo lanciato una capsule di Stella McCartney realizzata con materiali provenienti da foreste curate in modo responsabile e con dettagli in cristallo senza piombo, oltre alla maglieria di Joseph con filati di scarto riciclati e le borse di Chloé prodotte da scarti di magazzino.
Infine, abbiamo ascoltato il feedback dei clienti che dichiaravano di non sentirsi a proprio agio ad acquistare prodotti nuovi se non motivati dall’effettiva possibilità di trovare un buon utilizzo per capi di lusso che già possedevano e abbiamo creato una partnership con Vestiaire Collective, grazie alla quale i nostri top client possono vendere alla piattaforma capi pre-owned, in cambio di un buono da spendere su Mytheresa. Dall’Europa, abbiamo esteso il progetto al Regno Unito e agli Stati Uniti: sono stati già scambiati abiti per 5,3 milioni di euro.
Michael Kliger
Ceo Mytheresa
Come Guardare con Creatività all’Esistente
Oggi più che mai è fondamentale essere autentici di fronte ai nostri clienti. L’acquisto di un bene di lusso non è legato a una necessità ma a un’emozione, al sentirsi parte di un marchio e di quello che rappresenta, ispira, esprime anche in termini di valori. Miu Miu offre un prodotto di altissima qualità, manifattura italiana e che esprime in modo forte la visione e la creatività di Miuccia Prada. La sostenibilità è un tema centrale e lo è particolarmente per le generazioni del futuro.
I nostri clienti appartengono in larga parte alla generazione Z e ai Millennials: una persona che ha meno di trentacinque anni si aspetta che un brand come Miu Miu possa dialogare anche su questo tema in modo autentico, realizzare progetti di valore. Per questo, il nostro impegno è volto a fare bene quello che possiamo fare. Sostenibilità per il nostro brand non significa proporre semplicemente un prodotto sostenibile dal punto di vista tecnico, ma essere un’azienda più aperta e moderna, sotto tanti punti di vista.
Con il progetto Upcycled by Miu Miu abbiamo voluto ridare grande valore all’esistente, accrescendo la durabilità dei capi. Miu Miu ha sempre avuto un forte amore per il vintage e il concetto di referenza. Questo è un aspetto affascinante del processo creativo di Miu Miu: significa conoscere i paradigmi, sovvertirli e costruirne di nuovi. Così, attraverso Upcycled by Miu Miu rendiamo il ciclo di vita dei prodotti più lungo: abbiamo recuperato dai migliori mercati vintage del mondo una selezione di capi che abbiamo guardato con la nostra lente, per reinterpretarli e creare qualcosa di nuovo. Una volta ripristinati, i capi sono stati rimodellati e decorati con ricami e dettagli emblematici del marchio. Capi unici, rifiniti a mano, che acquistano così maggior valore, perché raccontano una storia e racchiudono anche quella di chi li ha indossati in passato. Capi amati, la cui vita viene prolungata, rinnovata, protratta.
Nella continua ricerca di ideologie sostenibili, ci siamo messi in gioco e abbiamo provato a riflettere su come creare una collezione che rispondesse a questa esigenza, utilizzando un approccio a 360 gradi che partisse dal processo creativo. Così il progetto Upcycled by Miu Miu si configura come un framework estremamente spontaneo, non forzato, quasi fosse un contenitore: ogni anno riflettiamo su un tema, una tipologia di prodotto e lo interpretiamo con l’upcycling: abbiamo già dato vita a tre episodi e stiamo lavorando al prossimo.
La pandemia ha avuto il forte effetto di stravolgere il paradigma del consumo del lusso. Prima di allora, consumo e nazionalità del cliente erano quasi disgiunti. Con la pandemia ci siamo trovati a pensare prima di tutto al cliente locale, mettendo al centro dell’offerta le sue esigenze e specificità, e in questo processo Miu Miu si è dimostrato un marchio estremamente flessibile. Essere parte di un gruppo con elevatissima creatività interna, con un modello di supply chain agile, ci ha consentito di reagire in maniera tempestiva alle richieste un mercato sempre più volatile. Abbiamo osservato attentamente i nostri clienti, rifocalizzandoci sulle diverse piazze nel mondo. Siamo diventati più precisi nel comprenderne i bisogni e questo ci ha permesso di sviluppare prodotti più vicini alle loro esigenze. Ora il turismo è ripartito, ma lo zoccolo duro dell’offerta è sempre pensato per il cliente locale, che abbiamo coinvolto dialogando con un vero e proprio approccio omnicanale, fornendo lo stesso livello di servizio direttamente a casa o attraverso il nostro sito.
Benedetta Petruzzo
Ceo MIU MIU
manifattura