courtesy Giorgio Armani  

la sfilata e il compleanno

Le lacrime di Armani e Cucinelli in un mondo sempre più volgare

Fabiana Giacomotti

Tornate a sognare. Per un caso, entrambi gli stilisti arrivano a dire la stessa cosa ai giovani: di impegnarsi a riscoprire la bellezza, di guardare al mondo con meraviglia

Ecco Giorgio Armani che a Venezia, per la sua grandiosa, sognante e appena malinconica “One Night only” alle Tese delle Nappe, all’Arsenale, si commuove raccontando della coetanea con cui poche ore prima ha scattato un selfie. Vederla lì sulla banchina, mentre cercava di cogliere una sua immagine senza disturbarlo, era evidentemente troppo per chi come lui continua a credere nell’educazione e nel rispetto dei sentimenti degli altri, e dunque si è affrettato a scendere dalla barca e farsi il selfie con lei, emozionatissima, perché “il gesto di questa signora mi ha ripagato di tutte le difficoltà e di tutte le fatiche della mia vita” e perché bisogna occuparsi dei sentimenti, curarli, e nutrirli, e anche prestare maggiore attenzione “al mondo che lasciamo ai nostri nipoti”.

Ed ecco la sera dopo Brunello Cucinelli, che per festeggiare i settant’anni riunisce quasi seicento ospiti nella sua Solomeo, borgo di un sogno rinascimentale di bellezza nell’operosità a mezz’ora da Perugia, e fatica a ricomporre la voce nel consueto eloquio pacato perché gli si spezza più volte per l’emozione e ancora una volta, parlando agli ospiti della sua infanzia contadina, ricorda ai giovani di oggi di coltivare i propri sogni, a perseguirli con ambizione ma anche nel rispetto degli altri, della natura, e tu ti ritrovi a pensare a questi due uomini che affiancano i propri dipendenti perfino nella gestione delle cose spicce, a Cucinelli che la sera fa lezione di gestione manageriale alle sue dipendenti perché, se mai volessero un giorno avviare una loro attività, non devono essere impreparate, e fatichi a ricomporre i valori di queste due generazioni nate appena prima e appena dopo la seconda Guerra Mondiale con quella dei ragazzi non marginalizzati, non ignoranti, non cresciuti in situazioni di apparente degrado che però uccidono a calci una capretta o quelli che ritengono lecito correre a 150 chilometri all’ora su strade cittadine e sfidare la morte, si intende degli altri, per un filmatino su TikTok.

 

Il compleanno di Brunello Cucinelli (courtesy Brunello Cucinelli)

Quale anello si è spezzato nella trasmissione delle competenze e delle regole del vivere civile perché il sapere e l’aura di affettuosa sacralità che circonda “il maestro Armani per cui nulla è immeritato”, come mi scrive uno sconosciuto a commento di un post sulla standing ovation che gli è stata tributata all’Arsenale per quei suoi abiti scintillanti di bellezza e intrisi di cultura del bello e dell’arte e di rimandi al Picasso veneziano degli arlecchini stemperati nel rosa Tiepolo, non sia percolato fino ai liceali che hanno ritenuto divertente, “figo”, sparare con una pistola ad aria compressa alla docente e deriderla sui social? Che cosa si è ribaltato perché due imprenditori dalla storia straordinariamente brillante e cioè determinata, trovino del tutto naturale commuoversi e lasciar emergere i sentimenti mentre la generazione cresciuta a rapper e trapper “ehi bro”, ritenga invece suo diritto alzare le mani per strada se ti lamenti perché ti hanno spintonato senza scusarsi? Perché le analisi pubbliche di Cucinelli sulla “sostenibilità culturale e morale” che deve andare di pari passo con quella “economica e tecnologica” arrivano giusto sui giornali, che i giovani non leggono, e non diventano insegnamento ed esempio per quelle centinaia di migliaia di genitori che ritengono il successo una leva per esercitare la sopraffazione e la insegnano ai propri figli fin dalle prime partitelle sul campetto di calcio del quartiere, spesso avvolti orgogliosamente nei suoi preziosi cashmere? Se la cultura popolare si nutre di televisione e di serie, abbiamo trent’anni di volgarità da scontare, come peraltro il nuovo corso impresso da Pier Silvio Berlusconi e Mediaset sembra indicare, di Gomorre e di Suburre da smettere di portare ad esempio, e di modelli nuovi, o forse molto antichi, da proporre. Quando Armani dice di guardare al mondo (e sì, anche alle sue collezioni, ma quello viene naturale), con meraviglia, evoca in realtà un’innocenza e una limpidezza di sguardo quasi incompatibili con l’ambiente minuziosamente cattivo, dettagliatamente feroce, che il Covid ha portato a galla e che in apparenza non si riesce più a reprimere: “Venezia può essere decadente, ma spesso la decadenza porta a galla i sentimenti”, dice Armani. Il punto è capire a quale genere di decadenza si riferisca.

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