Primafila
L'alchimia di ricomporre i segni del tempo
In un presente tanto tormentato, come può muoversi un artista? Il lavoro dei creativi è ostacolato da insidie non solo ideologiche. Qualche spunto
Lo scenario che ci si presenta innanzi in questo scorcio di nuovo millennio non è certo tra i più rassicuranti. Focolai e conflitti ovunque, fame e carestie per moltissimi popoli, etnie che soccombono sotto la crudele volontà di altre di cancellarli. Per un artista non è facile dunque muoversi su un terreno irto di insidie, insidie non solo ideologiche. Sappiamo bene come ognuno, però, debba fare il proprio dovere secondo coscienza. L’impegno dell’artista, ancora una volta, come nel mio caso, è di dare un contributo positivo a una società che apparentemente, solo apparentemente però, non ha alcun bisogno d’arte. Metaforicamente è come voler installare frigoriferi in un paese privo di elettricità.
Ecco allora il lavoro dell’artista, ecco il mio lavoro, che cerca di cucire, assemblare, ricomporre, grazie anche all’uso delle tecnologie digitali, la memoria storica, collettiva della cultura in cui tutti noi, indipendentemente dalla tessera del nostro DNA di appartenenza siamo stati immersi e imbevuti.
Come un archeologo, cerco i segni del tempo, li decifro e li elaboro cercando un equilibrio tra il passato e il presente. Tutto mi appartiene e si trasformerà in un futuro che è già presente. Il mio lavoro è quello di uno strano e atipico alchimista che cerca di far convivere, esattamente come vasi comunicanti, gli elementi tipici, opachi e poveri del naturale, della storia, con quelli cangianti e accesi dell’artificiale. Un piede nella cultura storica del passato e l’altro nella magia inaspettata del tecnologico. Camminare diritti, così, non è facile.
Dunque il miracolo dell’arte si continua a ripetere, come un instancabile replay della storia. La vera fatica, invece, è quella di abbattere le barriere tra scienza e arte e di operare attraversamenti in diagonale. Queste incursioni dei linguaggi, queste contaminazioni renderanno più umano l’inespressivo volto della macchina. Il lavoro dell’artista rimane ed è quello di far arrivare alla nostra retina, al nostro cervello dei flash al magnesio che andranno a illuminare le zone buie e segrete della nostra percezione.
Dal 6 Aprile al 13 ottobre, presso l'ex Chiesa di Sant'Agnese a Padova, sede della Fondazione Alberto Peruzzo, si terrà la mostra "Fabrizio Plessi. Nero Oro": il progetto, che occupa per la prima volta tutti gli spazi dell’edificio, di origine medievale, si compone di tre momenti articolati nelle tre aree principali: nella navata un'opera aurea, archetipo di un mosaico, dialoga idealmente con i frammenti d'affresco del Trecento ritrovati nel corso del restauro e tutt'ora esposti; nell'ipogeo, dove sono esposti alcuni reperti archeologici, una colata d'oro sembra invadere i resti di una strada romana ancora visibile; nella Sacrestia oltre cento disegni raccontano l'evoluzione del tema dell'oro nella poetica dell’artista, che compie ottantaquattro anni in questi giorni.
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