Tra moda e affari
Alive and kicking. Le nuove mosse di François Pinault
Dopo il mega-acquisto dell’immobile in via Montenapoleone per 1,3 miliardi, arriva la nomina di Stefano Cantino, ex Vuitton, a deputy ceo di Gucci. Due prove che ha molta voglia di riprendere le posizioni perdute. E Lvmh risponde subito
Stefano Cantino non è un uomo di moltissime parole, però si può star certi che quando questa parola la dà, la mantiene a ogni costo. Dunque, sebbene sia stato a capo delle aree marketing e comunicazione di alcune fra le più importanti realtà della moda internazionale, nella sua lunga carriera è stato più un facitore che un narratore, ed è forse per questo che la sua nomina a deputy ceo di Gucci, incarico che assumerà dal prossimo 2 di maggio con un salto importante di competenze e responsabilità, non abbia stupito affatto chiunque lo conosca almeno un po’. Cantino, che in Gucci risponderà al presidente e ceo Jean-François Palus, forse l’unico manager di cui François Henri Pinault si fidi ciecamente, proviene da Louis Vuitton, dove negli ultimi cinque anni ha supervisionato le strategie di comunicazione e immagine, e ancora prima da Prada, dove è stato per oltre vent’anni, ricoprendo ruoli di crescente responsabilità nelle aree del marketing e del commerciale, fino ad assumere l’incarico di communication and marketing director.
E qui si pongono già due argomenti di valutazione e di dibattito per il piccolo mondo della moda. Il primo: la capacità attrattiva ancora evidente di Kering nonostante le difficoltà dell’ultimo periodo, dovute principalmente al turn around in Gucci, in realtà appena all’inizio, e alla ripercussione incredibilmente lunga dell’incidente di comunicazione occorso in Balenciaga due anni fa, oltre ai molti dubbi provocati nel mercato dall’ultima collezione di Saint Laurent presentata al mercato e non troppo gradita all’ala intransigente del femminismo che non ritiene interessante assistere alla sfilata di donne al tempo stesso insaccate e scoperte in abiti fatti di nylon da collant (non è che non piacciano le provocazioni, ma arriva il momento in cui bisogna ricordare ai creativi che esiste un tema di dignità per il quale le donne hanno lottato a lungo e che monsieur Yves sapeva épater la bourgeoisie con toni di ben diversa maestria).
Dunque, per Kering aver assunto un manager di primo livello della galassia Lvmh (che ha prontamente risposto annunciando la nomina del sostituto, l'ex presidente dell'agenzia Wieden+Kennedy, Blake Harrop, come executive vice president, image and communication) è certamente un’importante dimostrazione di vitalità, esattamente come l’acquisto, una settimana fa, dell’acquisto della storico edificio neoclassico di via Montenapoleone 8 per 1,3 miliardi da Blackstone, l’operazione più elevata come valore per singolo asset avvenuta in Italia, e che peraltro fissa nuovi canoni nella definizione dei valori delle vie del lusso: cinque piani, 11.800 metri quadrati di superficie lorda, fra gli affittuari lo stesso Saint Laurent ma anche Prada e soprattutto Cova, marchio della galassia Lvmh con cui, ci dicono fonti Kering, esiste naturalmente un gentlemen agreement perché, a prescindere dalla concorrenza, non vi siano ripercussioni di alcun genere. L’altro piccolo particolare di cui tener conto in questa mossa e in questa nomina, oltre alle ovvie dichiarazioni entusiaste di Palus (“la sua esperienza nell’industria del lusso, unita alle sue competenze, al suo pensiero strategico e alla sua cultura artistica, fanno di lui una preziosa aggiunta alla nostra squadra”) e di Francesca Bellettini, deputy ceo di Kering (“un altro passo nel consolidamento del management del brand”) è che in Gucci si andrà a formare nuovamente, ancorché parzialmente, la stessa squadra che vent’anni fa siglò alcuni fra i più importanti successi di Prada. Sebbene all’epoca fosse molto giovane, Alessio Vannetti era già infatti molto in vista fra i manager della comunicazione del gruppo. Adesso è executive vice president e chief brand officer di Gucci.
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