Lvmh entra in Moncler. Il momento perfetto per lo shopping di Arnault

Fabiana Giacomotti

La partnership con il più grande gruppo del lusso al mondo rafforza il controllo del presidente e ad Remo Ruffini e assicura stabilità al marchio. La crisi delle pmi manifatturiere italiane si aggrava e la moda si polarizza sempre più. Una manna per chi può comprare

Lvmh entra in Moncler. Tramite un veicolo societario di nuova costituzione, la holding di Bernard Arnault ha acquistato una quota del 10 per cento di Double R (il veicolo di investimento controllato da Ruffini Partecipazioni Holding, la holding di Remo Ruffini, patron di Moncler) che detiene una partecipazione diretta in Moncler pari a circa il 15,8 per cento. In base ai termini dell'operazione, Double R aumenterà la sua partecipazione in Moncler fino a un massimo del 18,5 per cento attraverso un programma di acquisto di azioni Moncler in un periodo di circa 18 mesi. Il finanziamento di questi acquisti, secondo una nota ufficiale diramata ieri sera alle 22.30, sarà messo a disposizione da Lvmh, che aumenterà il suo investimento in Double R fino a un massimo di circa il 22 per cento del capitale. La partnership tra Ruffini Partecipazioni Holding e Lvmh, il più grande gruppo del lusso al mondo, “rafforzerà la posizione di Remo Ruffini come maggiore azionista di Moncler”. Remo Ruffini, è specificato, continuerà a definire e guidare i piani di sviluppo futuri del Gruppo e, in qualità di presidente e amministratore Delegato, assicurerà “il proprio apporto al successo del Gruppo Moncler”.

 

Il Gruppo Lvmh, in qualità di azionista di minoranza stabile e a lungo termine di Double R, “supporterà la realizzazione della visione di Remo Ruffini per il futuro del Gruppo Moncler”. Nel contesto dell’operazione, le parti hanno stipulato un patto parasociale che regola il loro rapporto in qualità di azionisti diretti di Double R e di azionisti indiretti di Moncler. La struttura di governance conferma Remo Ruffini come azionista di controllo di Double R e attribuisce a LVMH, tra l’altro, il diritto di nominare due membri nel Consiglio di Amministrazione di Double R e un membro nel Consiglio di Amministrazione di Moncler. Remo Ruffini, presidente e amministratore Delegato di Moncler, ha dichiarato: “Questa partnership rafforza la posizione di Double R in Moncler e fornisce la stabilità necessaria per realizzare la mia visione per il futuro. Ho sempre ammirato lo spirito imprenditoriale di Bernard Arnault e la sua profonda comprensione del settore del lusso e sono felice che supporti così chiaramente le mie ambizioni di lungo termine per gli straordinari marchi del nostro gruppo”. Bernard Arnault, presidente e amministratore Delegato di LVMH, ha dichiarato: “Moncler è una delle storie di successo imprenditoriale più significative del settore negli ultimi vent’anni. La visione e la leadership di Remo Ruffini sono straordinarie e sono lieto di investire nella sua holding per rafforzare la sua posizione di azionista di riferimento in Moncler e supportare l’indipendenza del Gruppo Moncler”.

 

Fin qui, la posizione e le dichiarazioni ufficiali, diramate quando metà della fashion community si trovava a Parigi, dopo la sfilata di Rick Owens, e un’altra discreta parte ancora a Milano per la prima di “Orontea” diretta da Robert Carson al Teatro alla Scala, e sono schizzati fuori a metà del terzo atto per scrivere la notizia e farne un paio di riflessioni. Necessarissime a questo punto. Perché, dopo l’assunzione di Benedetta Petruzzo, autrice della favolosa crescita di fatturato di Miu Miu, come managing director di Dior, due settimane fa, questa nuova mossa di Arnault è la riprova della sua intenzione di acquisire, controllare, o anche e come in questo caso sostenere, ma con una discreta capacità di manovra garantita da due consiglieri, quanto di meglio è rimasto nella moda italiana indipendente. Il momento è, purtroppo, di crisi profonda per le piccole e medie imprese manifatturiere nazionali, che subiscono un calo di ordini anche o superiore alla metà rispetto agli scorsi due anni, e al ministero del Made in Italy iniziano a moltiplicarsi i tavoli di discussione di misure straordinarie. Chiudono fabbriche manifatturiere in Romania che lavoravano per i gruppi del lusso ufficialmente fatto in Italia, in realtà in buona parte prodotto altrove grazie a una normativa molto lasca, a causa di un aumento del costo del lavoro che li rende meno competitivi. Ma se la produzione rientra nel paese, che è una notizia positiva, questa stessa produzione non è per il momento sufficiente a garantire una continuità positiva a molte aziende manifatturiere. Le nuove misure economiche annunciate poche ore fa in Cina, e principalmente l’abbassamento dei tassi, hanno fatto tirare un sospiro di sollievo agli operatori mondiali del lusso, tanto che la maggior parte dei titoli del comparto, fra i quali Prada e Cucinelli, hanno chiuso ieri in netto rialzo. Ma è evidente che il mercato della moda italiana si stia polarizzando in modo definitivo: da una parte i gruppi indipendenti, che non sono pochi ma non tutti in buona salute, dall’altra decine di migliaia di piccole aziende, nate senza eccessiva specializzazione negli anni del boom, che rischiano di non sopravvivere alla morsa del calo degli ordini e dell’esposizione finanziaria e fiscale. All’ultimo Tavolo della Moda, l’argomento principale è stato il credito di imposta. Ma per chi ha disponibilità e visione, questo è il momento perfetto per comprare. E chi ha la massima disponibilità, è Bernard Arnault.

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