Il foglio della moda
Vendere la moda come un viaggio culturale
La moda è cambiata moltissimo nella sua essenza, nella comunicazione e nel campo d’azione. L’elemento più interessante sono i nuovi confini della sua rappresentazione
La moda è sempre stata testimone, rappresentante e spesso anticipatrice dei fenomeni socio culturali. Il vestire ha sovente rappresentato la contemporaneità e il cambiamento del vivere, del viaggiare, del lavorare. In passato fare e pensare moda significava realizzare abiti ed accessori per migliorare l’immagine e far sognare il pubblico. I colori, le forme, i materiali cambiavano e si evolvevano seguendo dei ritmi di crescita ben precisi. La comunicazione e le presentazioni erano rivolte a un ristretto numero di addetti ai lavori che avevano la possibilità di avere un contatto diretto con i diversi marchi: il loro compito era poi di trasmettere prodotti e concetti al pubblico, in un periodo in cui i negozi multimarca superavano ampiamente i monomarca.
Oggi, la moda è cambiata moltissimo nella sua essenza, nella comunicazione e nel campo d’azione. Se in passato già vi erano stati degli avvicinamenti con l’arte e il design, oggi questi contatti sono fortissimi ed interattivi. La tecnologia più avanzata per materiali e sistemi produttivi si è sovrapposta alla sartorialità artigianale, in alcuni casi arricchendo gli abiti di contenuti. Molta attenzione alla praticità e alle prestazioni magari a scapito della creatività. Del resto, lo stesso fenomeno avviene nel design d’arredo o nell’automotive: mobili funzionali ma meno estrosi, auto sicure ma meno sorprendenti. L’ammirazione davanti a un abito di alta moda o a una fuoriserie del passato stenta oggi a crescere in noi. In compenso, la Moda è cambiata molto nella sua comunicazione, sia per presentazioni stabili sia effimere. I negozi non sono più degli spazi in cui vengono mostrati dei prodotti, bensì degli involucri che raccontano la storia e il DNA di un brand. Sono luoghi dove si vivono esperienze, dove lo spirito creativo viene enfatizzato al massimo. L’architettura stessa e gli arredi sono fortemente identificativi e spesso pensati e voluti dagli stilisti stessi. La grande proliferazione dei negozi monomarca nel Mondo vuole sottolineare la volontà da parte di brand e art director di presentarsi in modo unico e preciso. In alcuni casi assistiamo anche a spostamenti geografici, alla ricerca di nuove zone della città in antitesi alle consolidate vie dello shopping: il negozio come destinazione, luogo in cui non si arriva per una frettolosa visita ma per passare del tempo in grande serenità. Le vetrine sono piccoli palcoscenici in cui il prodotto è sì presente, ma fa parte di una scenografia complessa e ben studiata: oggetti fuori scala, citazioni colte, rappresentazioni di interni o di mondi onirici servono a catturare l'attenzione del passante. In questo ambito, la connessione con la pittura, la scultura, la fotografia, il disegno industriale diventa coerente e naturale.
Ma oggi l’elemento più interessante sono i nuovi confini della rappresentazione della moda: luoghi insoliti, pop up store nelle location più diverse, allestimenti che coinvolgono il paesaggio e le architetture. Un modo per cercare di essere sempre più vicini al pubblico, di esprimere il proprio pensiero culturale coinvolgendo i luoghi, l’arte, il cibo, il design. La Moda diventa quindi un progetto culturale, un sistema di comunicazione allargato che declina in modo nuovo e innovativo il pensiero di un brand, spesso anche capovolgendone anche i codici, rileggendoli attraverso nuovi luoghi e nuove modalità. Non basta avere testimonial importanti e conosciuti, non basta vestire gli attori di un film: se mai come ora assistiamo a una sovraproduzione di prodotti, a una “normalizzazione” creativa da una parte e a un minor bisogno di acquisto dall'altra, è evidente che lo sforzo debba essere maggiore e diverso. Bisogna cercare di conquistare il compratore, di far scattare il piacere del possesso di un abito o di un accessorio, lavorando quindi sulla ricerca di nuovi orizzonti di comunicazione, spezzando confini consolidati ma spesso obsoleti. Questo approccio deve essere calibrato con grande maestria, soprattutto in questo particolare momento storico in cui tutti abbiamo bisogno di certezze e di rassicurazioni. Quindi, la creatività deve accompagnarsi a una grande concretezza, e questo delicato equilibrio si può raggiungere solo con un preciso lavoro di team che coinvolga professionalità diverse. Raccontare l’eccezionalità e la cultura come nuova normalità, fare del desiderio necessità, dare un forte contenuto agli abiti, testimoni del nostro tempo. Nessuno rifugge la moda, non si può sfuggirle anche se ne è influenzato indirettamente. Ampliare lo spettro di comunicazione significa raggiungere un pubblico più allargato, dando forti contenuti ad abiti ed accessori. Le contaminazioni con vari settori del business e del costume sono sempre maggiori e spesso diventa difficile tracciare dei confini tra le varie discipline. Da una parte, la tecnologia che ha completamente cambiato i tempi e i canoni della comunicazione; dall’altra, espressioni di cultura come musei e fondazioni che non vogliono essere dei momenti autocelebrativi ma racconti d’impresa e spunti per il lavoro di oggi e domani. E’ un mondo in continua evoluzione e cambiamento, che richiede un’analisi sempre più attenta e precisa del comportamento e delle necessità del consumatore, senza appiattire l’offerta, ma offrendo al contrario al pubblico la possibilità di personalizzare le proprie scelte.
Giulio Cappellini è imprenditore, art director e designer
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