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Il Foglio della moda - Vanti della moda

TikTok, incidenti domestici e tubi di rossetto Saint Laurent

Claudia Vanti

Passato il momento di idillio dei social, per tanti marchi il 2025 sarà il momento giusto per ripensare la presenza e la comunicazione sulle piattaforme, dove l'interazione è ormai polarizzata al massimo. Senza trascurare la possibilità di ritornare alle più tradizionali riviste

Se la grande fuga dai social network è iniziata, per lo meno da quelli più diffusi e non lo è da ora, la moda, che per anni si è alimentata anche attraverso la comunicazione e le interazioni sulle piattaforme, non abbandonerà il campo ma in qualche caso rischierà di non trovarsi nel posto più cool del momento. Tanti marchi hanno già ridotto al minimo, se non eliminato del tutto, la propria presenza dalle piattaforme più “generaliste”, per fare un paragone con la tv, che anni fa ha subìto la stessa mutazione.

I social hanno vissuto un momento di idillio con la moda già da prima della pandemia ma oggi, nel momento di massima presenza dell'industria della moda nel web, le polemiche, i casi che divampano per un giorno al massimo e il sostanziale disinteresse dei più giovani per alcuni network provocano quanto meno uno scossone. TikTok, che non è l’ultimo arrivato perché gli Usa, nella loro guerra senza quartiere contro la Cina, gli hanno scaricato addosso la potenza byte di Rednote e già la propaganda sostiene che da New York a Miami la Gen Z non usi altro, dalla moda è comunque percepito come più “democratico”, perché da voce e immagine anche a micro collezioni poco più che amatoriali, che vi possono trovare lo spazio giusto per migliaia di visualizzazioni.

D’altro canto l'algoritmo predittivo con il quale si indirizzano i contenuti agli utenti non è detto che vada incontro alle necessità pubblicitarie dei top brand, i cui messaggi sono lanciati in una sorta di ruota della roulette. Inoltre, e anche questo gioca a sfavore degli strateghi del marketing e delle loro elucubrazioni pagate a fee orario, i video brevi di TikTok premiano un nuovo tipo di influencer dedito più all’intrattenimento, al tutorial in pillole e alla “trovata” (gimmick) che alle tendenze o all’info-fashion

Un esempio? Le centinaia di video che mostrano come sia possibile, con sprezzo del pericolo e uso di pinze e tenaglie, ricavare un anello dall'astuccio di un rossetto Yves Saint Laurent. Pratica sconsigliabile, sia perché il numero degli incidenti domestici è già molto alto di per sé, sia perché il risultato è una fascia di plastica dorata, non esattamente un must have per il quale sacrificare le dita. 

Peraltro, non si vive di sola Gen Z. In controtendenza rispetto all’interesse ossessivo per i giovanissimi degli ultimi anni, improvvisamente la moda sembra scoprire, fosse la prima volta, il mercato dei “silver spender”. Il rapporto annuale sullo stato della moda di McKinsey & Company e BoF ha rivelato infatti che i marchi concentrati sui giovani nel 2025 potrebbero avere delle difficoltà, mentre “la generazione di età superiore ai cinquant’anni rappresenta una popolazione in crescita con un'alta quota di persone con buona capacità di spesa, perciò un approccio intergenerazionale incrementerà la crescita”. Avrete visto il casting della sfilata couture di Valentino, suppongo, una sfilata di capelli bianchi come non s’era mai vista e Alessandro Michele lì a dire che no, in effetti non ci aveva pensato e che a lui le persone mature anzi sono sempre piaciute, ma anche la partnership tra New Balance e Miu Miu, che ha trovato la sintesi tra un brand relegato per anni al guardaroba del weekend dei papà (le dad shoes) e il nome in cima ai desideri fashionisti del 2024. 

 

               

 

Gli utenti adulti, peraltro, usano ancora social network storici, chiamano ancora Facebook quello che da anni è Meta, ma la comunicazione moda che passa sulla piattaforma è un po' impersonale, generica come le pubblicità dei profumi che in periodo prenatalizio vengono trasmessi sui canali televisivi tra un anticalcare e un bastoncino di pesce surgelato: uno spot nel mare magnum degli annunci massmarket più che i contenuti mirati che la moda merita.

Proprio il 2025, non un anno facile, sarà però il momento giusto per ripensare la presenza e la comunicazione sui social media, proprio ora che l'interazione è scivolata nella polarizzazione che non risparmia niente e nessuno, tantomeno l'ultima it-bag o la sneaker che “se mi fossi presentato così mia mamma me le avrebbe suonate”. Un commento velenoso non si nega a nessuno, e ce n'è per tutti, per Lewis Hamilton che indossa i capi della sua collab con Dior (“i poteri forti vogliono imporci le treccine”) e per modelle che, curvy o troppo magre, non vanno bene mai. Senza contare il classico “chi se lo mette? o, da parte dei più appassionati, le geremiadi sulla supremazia della moda di un tempo (Quale tempo? Ognuno ha il suo).

I social media manager si eclissano, impossibile moderare i commenti e creare dei canali di discussione coinvolgenti, ci siamo fossilizzati in contrapposizioni e schemi di comportamento fissi dai quali è difficile uscire se non andandosene. O migrando, se i nostri brand preferiti troveranno un modo e uno spazio piacevoli come una rivista da sfogliare. E, perché no? Nel frattempo, qualche rivista in più, digitale o in carta, potremmo acquistarla e apprezzarla.

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