Modella presenta una creazione della collezione haute coutere primavera estate 2025 disegnata da Kevin Germanier (Ansa)

Il foglio della moda

Ricicli glamour. Il ragazzo delle perline cinesi e io

Sara Sozzani Maino

Kevin Germanier sogna Dior ma sa anche che in questo momento aprire una propria attività è estremamente difficile e mantenerla uno sforzo epico: "Se un giovane mi chiedesse come fare adesso a lanciare un suo brand gli direi di lasciar perdere" dice

Questa intervista avviene per vocali via whatsapp. Dopo la sua prima collezione couture, e i miei impegni fra l’Accademia di Brera e la Fondazione, Kevin Germanier e io abbiamo entrambi poco tempo, ma l’idea di approfondire quell’esplosione di colori e forme che ha appena sfilato a Parigi mi stimola. Gli trasmetto le domande, lui risponde con la cadenza dolce dello svizzero che parla in inglese. “Quali materiali ho usato nella collezione? Gli scarti e i pezzi disponibili che ho trovato e che mi piacevano: rafia, matite colorate, paillettes, Swarovski, vintage Dior, Givenchy, scarpe di Oscar de la Renta. Ho voluto rappresentare una miss o mister perfect, una sorta di Bree Van de Kamp di “Desperate Houseviwes” o Nicole Kidman di “The Stepford wives”, che decide di cambiare un po’ le cose. In meglio. Che cosa succederebbe se nelle vene iniziasse a girarle una delle perline dei vestiti che indossa, se tutto il suo sangue si trasformasse in perline?”. Kevin ha attirato la mia attenzione nel settembre 2018. Mentirei se dicessi che ricordo esattamente dove, ma credo fosse per la sua collezione di laurea alla Central Saint Martins. Quello che inizialmente mi ha attirato è stata la travolgente esplosione di colori e positività della sua moda. Incuriosita, ho deciso di contattarlo, e mi ha spiegato che la maggior parte del suo lavoro prevedeva l’uso di perline di riciclo, frutto di un clamoroso acquisto di scarti da una discarica di Hong Kong ai tempi del suo stage dopo la vittoria dell’Eco Chic Design Award, un centinaio di sacchi per dieci dollari. Ho trovato la scelta incredibilmente stimolante perché, sebbene questo accadesse più di sette anni fa, l'industria della moda era ancora in gran parte convinta che la sostenibilità non fosse abbastanza glamour o che potesse anche solo abbellire una passerella couture.

Così, decisi di invitarlo all'evento Vogue Talents nel settembre 2018, e il resto, come si suol dire, è storia. Mi attrae il suo approccio genuino ma determinato: promuovere la creatività significa anche sostenere valori e aumentare la consapevolezza e Kevin incarna tutte queste caratteristiche. E’ anche deciso a non seguire strade già tracciate, a non volersi concentrare su una sola community o gruppo di interesse (alla sua sfilata c’erano davvero persone di tutte le età) e, come mi ha vocalizzato, a non volersi paragonare ad altri: “Ho un approccio diverso. Nella haute couture, per esempio, offro un servizio speciale: se una cliente possiede una vecchia giacca Chanel che desidera regalare a sua figlia, ecco, posso trasformarla in una gonna, oppure decorarla. Cerco di fare la differenza con il mio lavoro, non mi interessa inquadrare me stesso e la mia impresa nel sistema. Se poi dovessi diventare direttore artistico di una grande maison, manterrei lo stesso approccio, su scala diversa”.

Non è un mistero che sogni Dior, lo ha detto lui stesso in più occasioni; però, sa anche che in questo momento aprire una propria attività è estremamente difficile, e mantenerla uno sforzo epico. “Non vorrei sembrare odioso, ma se un giovane mi chiedesse come fare, adesso, a lanciare un suo brand, gli direi di lasciar perdere”. Lui, che autofinanzia la propria linea con collaborazioni importanti (Laurastar, Guerlain, Caran d’Ache), può contare però sulla sua famiglia, e in particolare su sua nonna e le sue amiche (un giorno bisognerà proprio scrivere un articolo sul ruolo che le nonne hanno svolto nella formazione dell’ultima generazione di designer): una parte delle collezioni di Germanier è prodotta infatti nel Vallese, da sua mamma, sua nonna e sua prozia, queste ultime entrambe ultra ottantenni, oltre che da una ventina di vicine, che lavorano tutte a maglia per lui. 

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