
Zoe Saldaña (foto Getty)
I Vanti della moda
Come si misura il successo degli stylist (non sul doppio palloncino di Zoe Saldaña)
Quando lo stylist sa mettere la sua capacità di interpretare i capi al servizio dell’occasione e della personalità di chi li indossa, ne guadagnano sia l’immagine della star sia il brand. Basta solo non trasformare gli abiti in assemblaggi grotteschi nell’ansia di apparire
Il celebrities styling è esploso con la moltiplicazione degli eventi utili alla comunicazione digitale, e gli artefici dell’immagine di cantanti, star dello schermo e celebrità a vario titolo sono figure essenziali, riconosciute e tra le più invidiate dell’universo moda, in cima alle aspirazioni di molti studenti delle scuole di settore. Alcune di queste figure a dire il vero rivendicano l’autonomia nella scelta dei propri outfit; Blake Lively, per esempio, preferisce i rapporti diretti con le maison rispetto all’intermediazione di un image maker, ma facendo un bilancio delle sue uscite pubbliche si può notare come il suo istinto non sempre funzioni.
Quindi affidarsi a un professionista equivale sempre ad assicurarsi l’immagine ideale per eccellere e farsi ricordare al meglio della forma? Dipende: alcuni stylist tendono a lasciarsi prendere la mano da un’esagerazione che flirta con l’autopromozione, alla ricerca del look che più di tutti si faccia notare (il look “iconico”, si direbbe, non fosse un termine diventato urticante per la noia che provoca il suo uso sconsiderato).
L’eccesso non si verifica solo nei look ipertrofici, simili a installazioni, che stupiscono più per il numero di aiutanti alla mise en scène a favore di scatto fotografico che per la resa, ma è già negli innumerevoli red carpet, premiazioni, anteprime, party pre e post eventi che alimentano le infinite gallery da scorrere distrattamente nel flusso delle notifiche. La continua richiesta di creare immagini nuove, a ripetizione, come avviene già per i designer e le collezioni dai timing serratissimi, fa male alla creatività, anche a quella degli stylist.
Dai Golden Globes di gennaio fino al Festival di Cannes (quest’anno dal 13-24 maggio) è un flusso continuo di abiti da palcoscenico che passa attraverso Grammy Awards, Berlinale, Bafta, SAG Awards (solo per citare le manifestazioni più note) senza dimenticare il Festival di Sanremo, il Met Gala e naturalmente gli Academy Awards, gli Oscar: tante occasioni per mostrare look che a volte un malinteso senso dello spettacolo fa virare verso la meraviglia forzata o la rincorsa al brand dal quale non si può prescindere. A titolo di esempio, si può dire che Petra Flannery non abbia fatto un ottimo lavoro consigliando l’abito a doppio palloncino di Saint Laurent a Zoe Saldaña per la serata degli Oscar, sebbene non ci fossero dubbi che, essendo la maison produttrice di “Emilia Perez”, Saint Laurent Film presents, la sua interprete non avrebbe potuto scegliere un altro marchio. Magari, però, si sarebbe potuto scegliere un altro abito.
In più bisognerebbe tenere conto che su un palco ci si muove, a volte ci si esprime solo in un breve discorso e altre volte si canta, come ai Grammy e come a Sanremo, pur sempre il più importante celebrity event italiano. Dunque, sarebbe meglio tralasciare i look assemblati solo per lasciare il segno (quale segno?) senza considerare le necessità legate alle esibizioni, che diventano un azzardo se si veste l’ennesima mantella con lo strascico, l’abito-bomboniera o il cappello che blocca la visuale. Non a caso agli Oscar della musica di Los Angeles, i Grammy Award, dove il celebrity system, per quanto non immune dai disastri, è più rodato, spesso è previsto un outfit per il red carpet e uno, o più, per lo show, dove imperversano minidress e body a prova di inciampo o uno streetwear di lusso adatto a muoversi tra microfoni e amplificatori. Quando lo stylist sa mettere la sua capacità di interpretare i capi al servizio dell’occasione e della personalità di chi li indossa, ne guadagnano sia l’immagine della star sia il brand: i jeans di Celine scelti da Taylor McNeill per Kendrick Lamar al Super Bowl non sono andati esauriti in un solo giorno per caso, ma perché sono apparsi irresistibili, coerenti con il personaggio e diversi dallo statico panorama denim di oggi.
Creare un’immagine per qualcuno, che si sia letteralmente al fianco della “propria” star come Law Roach con Zendaya o dietro le quinte come Joseph Cassel Falconer con Taylor Swift, spesso vestita da Fausto Puglisi, è una magnifica occasione per giocare con abiti bellissimi, basta solo non trasformarli in assemblaggi grotteschi nell’ansia di apparire.

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