Così in trent'anni la Sardegna è diventata l'isola della musica jazz
L'amore per la Sardegna e la guida di un indimenticabile amico cagliaritano che non c'è più, Alberto Rodriguez, mi hanno permesso di essere assiduo testimone, negli ultimi trent'anni, del percorso della musica afro-americana nell'isola.
L'amore per la Sardegna e la guida di un indimenticabile amico cagliaritano che non c'è più, Alberto Rodriguez, mi hanno permesso di essere assiduo testimone, negli ultimi trent'anni, del percorso della musica afro-americana nell'isola, dal nulla all'attuale posizione di primo piano in Italia (e non solo). Verso la fine degli anni Settanta la Sardegna scontava la penalizzazione di essere un'isola, e quindi di andare incontro a maggiori spese anche per i musicisti italiani. Il primo sintomo che qualcosa stava cambiando si ebbe nel maggio 1980, quando al Teatro Massimo di Cagliari arrivò l'Art Ensemble of Chicago dei tempi d'oro, con Lester Bowie tromba, Roscoe Mitchell e Joseph Jarman sassofoni, Malachi Favors contrabbasso, Don Moye batteria. Era il gruppo giusto per un grande incipit, perché era capace di esplorare tutta la “Grande Musica Nera” dall'Africa fino a un futuro possibile, addirittura con brani di jazz “rabbiosi ed estremi” mimati senza emettere alcun suono. Più tardi, d'estate (credo fosse il 1983), all'Anfiteatro Romano di Cagliari, più piccolo ma più autentico di com'è ora, arrivarono fra gli altri alcuni musicisti italiani importanti. Ne rammento soprattutto due: il pluristrumentista Gianluigi Trovèsi, bergamasco, già affermato a livello europeo, e il trombettista Paolo Fresu, 22 anni, sardo di Berchidda nel Logudoro, futura star internazionale. Li rammento perché Trovesi, con la sua statura gigantesca, incombeva su Fresu e gli stava vicino quasi per proteggerlo. Aveva capito – me lo disse lui stesso – quale straordinario talento ci fosse nel virtuoso sardo. Poco tempo dopo, in altri luoghi di Sardegna risuonano le note del jazz. A Sant'Anna Arresi, nel sud dell'isola a pochi chilometri da Capo Teulada, il festival “Ai Confini tra Sardegna e Jazz” comincia nel settembre 1985 a opera di Basilio Sulis, che riesce a organizzare un concerto del gruppo del trombettista Don Cherry. Ora la rassegna di Sant'Anna ha doppiato il quarto di secolo. Nel 1988, per iniziativa di Paolo Fresu, nasce il festival di Berchidda nei giorni a cavallo di Ferragosto. Gli spettatori sono pochi ma il decollo è rapido. Oggi il festival “Time in Jazz” di Berchidda e dintorni è di levatura internazionale. Fra le manifestazioni sarde più riuscite meritano una citazione i festival estivi di Cala Gonone e di Santa Teresa di Gallura, di fronte alle Bocche di Bonifacio dalle quali prende il nome di “Musica sulle Bocche”. Ma torniamo a Cagliari e al suo “Jazz in Sardegna“, come si è chiamato per diritto di priorità. Sono arrivati i migliori maestri americani, fra i quali il divino Miles Davis, Dizzy Gillespie, Art Blakey, Cecil Taylor, Ornette Coleman e il Modern Jazz Quartet. Però adesso c'è una svolta fondamentale, tale da insidiare il lungo primato di Umbria Jazz. Da alcuni anni il festival cagliaritano si intitola “European Jazz Expo” (EJE) per “promuovere un marchio unico a livello internazionale”, come affermano i suoi responsabili. La sesta edizione di EJE è appena terminata. Ha offerto tre giorni di buona musica (non sempre), ma in primo luogo ha prospettato grandi novità a breve scadenza. Vediamo. Nel 2011 EJE avrà luogo a fine maggio, dal 16 al 31. E si svolgerà in uno dei luoghi più belli della città, il centrale Parco di Monte Claro, una parte del quale sarà attrezzata per i concerti e ribattezzata Parco della Musica. Ho assistito a una conferenza di programmazione e posso testimoniare la volontà degli addetti di realizzare il progetto, malgrado il periodo di crisi e i tagli dei bilanci che investono anche la cultura. In questa edizione hanno primeggiato due complessi italiani. Sono il magnifico quartetto costituito da Antonello Salis pianoforte e fisarmonica, Gavino Murgia sax soprano, Paolo Angeli chitarra, Hamid Drake batteria; e il gruppo del compositore e sassofonista Francesco Bearzatti che ha riproposto la sua “X, Suite for Malcolm”, dedicata a Malcolm X.
Universalismo individualistico