Musicista e cantante fuori dal comune, Dee Dee non si ferma più
La vocalist americana Dee Dee Bridgewater si autodefinisce musicista-cantante per sottolineare la sua capacità di dirigere con disinvoltura tanto un trio quanto una grande orchestra e di comporre temi pregevoli.
La vocalist americana Dee Dee Bridgewater si autodefinisce musicista-cantante per sottolineare la sua capacità di dirigere con disinvoltura tanto un trio quanto una grande orchestra e di comporre temi pregevoli. Viene da Memphis, Tennessee; per l'anagrafe si chiama Denise Eileen ed è figlia del trombettista Matthew Garrett. Con lui debutta a sedici anni mentre frequenta la high school. In Italia approda nell'estate 1973 come cantante della big band di Thad Jones e Mel Lewis che partecipa alla prima edizione di Umbria Jazz. L'orchestra tiene due concerti. Dee Dee, già sposata al secondo trombettista dell'orchestra, Cecil Bridgewater, è una splendida donna di 23 anni. Gli esperti capiscono subito di avere di fronte un nuovo “animale da palcoscenico”. Ha una bella voce in grado di oscillare senza problemi da sonorità dolci e leggere a esclamazioni improvvise e potenti e di dare il giusto pathos ai brani di blues. Sulla scena si muove come a casa propria, senza mostrare alcuna emozione di fronte alla folla del festival. “E' nata una stella”, scrivono i quotidiani. Ma Dee Dee non è una cantante soltanto di jazz. In seguito collabora con Max Roach, Dizzy Gillespie, Sonny Rollins, Dexter Gordon, ma agli appassionati “puri” della musica afro-americana infligge dispiaceri non da poco interpretando anche canzoni commerciali e soprattutto partecipando a quattro edizioni consecutive del Festival di Sanremo, ottenendo per tre volte risultati eccellenti. Nel 1989 è ospite d'onore insieme con Ray Charles e canta con lui “Till The Next Somewhere”; nel 1990 addirittura vince il Festival con i Pooh (“Angel Of The Night”) e nel 1991 si qualifica terza con Marco Masini (“Just Tell Me Why”). Ma continua a considerare il jazz la sua vera musica, e naturalmente la notorietà altrimenti conseguita la favorisce: i suoi dischi più impegnati sono apprezzati e si vendono. Uno, “Live in Paris” (1987) è lanciato sul mercato in Italia dall'etichetta Gala di Luciano Linzi, poi ci pensa la Verve e oggi la Emarcy. Nel frattempo Dee Dee si trasferisce a Parigi e lascia il marito conservandone il cognome. Diventa pure attrice di commedie musicali interpretando “The Wiz” per la quale ottiene un Tony Award, e poi “Sophisticated Ladies” e soprattutto “Lady Day” (1987-88) dedicato a Billie Holiday. A questo punto Dee Dee si propone come erede di alcune grandi voci del passato, in special modo di Holiday, ma anche di Ella Fitzgerald (si ricordi il cd “Dear Ella”, 1997) e, con minore successo, di Josephine Baker (cd “J'ai Deux Amours”, 2005). In Italia ritorna a larghi intervalli: a Milano nel 1997 e due partecipazioni al festival estivo di Fano, nel 1999 e nel 2006. Due settimane fa Dee Dee partecipa per la prima volta, festeggiatissima, a una tre giorni tutta per lei al club Blue Note di Milano. Il Blue Note ha iniziato l'attività nel marzo 2003 e festeggia sempre il suo compleanno attribuendo un premio a qualche personalità del jazz internazionale: questa volta tocca a Dee Dee. C'è un cd/dvd a suo nome intitolato “Eleanora Fagan: To Billie With Love From Dee Dee Bridgewater”, ancora fresco di stampa, sul quale Dee Dee decide di impostare i suoi concerti nel club milanese, dov'è accompagnata dalla Montecarlo Nights Orchestra diretta da Gabriele Comeglio. Al contrario di altri cantanti pensosi della propria voce che si cimentano con un solo set ogni sera, Dee Dee annuncia di farne due e quindi i concerti sono sei. Canta brani scritti o frequentati da Billie Holiday come “Lady Sings The Blues”, “Good Morning Heartache”, “Lover Man”, ma anche altri come “Lady Be Good” e “Cotton Tail”. Come sempre lei ruba la scena, parla col pubblico, annuncia i brani e si sostituisce ogni tanto a Comeglio nella direzione, e come sempre tutto fila liscio. C'è il tempo per un breve colloquio che accetta volentieri. Glissa sul look adottato da qualche anno (ha i capelli rapati a zero, forse per dissimulare qualche ciuffo bianco) ma annuisce se le si dice che qualsiasi donna vorrebbe varcare la sessantina con il suo fisico eccetera. Tiene a far sapere di avere interpretato “Carmen” di Georges Bizet e che forse ci proverà con un'altra opera in omaggio a un altro suo idolo, Maria Callas. Ha un solo rimpianto: non aver cantato con Miles Davis. “Avevo la sua promessa, ma se n'è andato prima di mantenerla. Peccato”.
Universalismo individualistico