Viaggio nel mistero delle Variazioni Goldberg
La giovane pianista Beatrice Rana esegue l'opera di Bach nella Stagione di Musica da Camera dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia. Ma il suo è solo l'avvio di un percorso
Un dipinto per accostarsi alle Variazioni Goldberg di J. S. Bach. L’autoritratto, commissionato dallo stesso compositore di Lipsia al pittore Elias Gottlob Haussmann, ritrae il Maestro con in mano uno spartito, un Canon triplex detto anche canone enigmatico a sei voci. In verità nell’immagine se ne scorgono solo tre ma tanto basta, poiché è proprio la terza, quella del basso, che da Bach (e non solo) sarà individuata come linea fondamentale per l’Aria introduttiva delle Variazioni.
Opera misteriosa, scritta da Bach a cinquantasei anni, nel 1741, da sempre studiata e suonata senza mai esaurirne enigmi e criticità, le Goldberg sono in realtà una grande Suite che racchiude le forme della musica, per tastiera e non, del Barocco. I racconti di Johann Nikolaus Forkel, primo biografo di Bach, sul dedicatario dell’opera, amplificano l’aspetto leggendario dello spartito senza però facilitarne la comprensione. Studiando il repertorio bachiano si scopre come l’architettura di un’opera e alcuni particolari siano legati alla numerologia e alla Ghematria, tecnica cabalistica secondo cui si associa una lettera ad un numero, a rappresentare la posizione di questa lettera all'interno dell'alfabeto. Alcune composizioni bachiane sono firmate con il 14, risultante dai numeri corrispondenti alle lettere del nome “Bach” (2 + 1 + 3 + 8 = 14). Altre volte il Compositore firma in calce alle sue partiture con la sigla SDG (Soli Deo Gloria). Secondo la Ghematria, sia SDG (18 + 4 + 7) sia JSB (9 + 18 + 2) danno lo stesso risultato: 29. Nelle Variazioni Goldberg il 3 (simbolo della Trinità e della perfezione) con i suoi multipli è il perno strutturale dell’opera. L’intera Aria è variata in trenta modi diversi; ogni gruppo di tre variazioni viene chiuso dalla terza in forma di canone (3, 6, 9, 12, 15, 18, 21, 24, 27). I gruppi composti ciascuno da tre variazioni sono dieci, ma quelli conclusi da una variazione canonica sono nove, poiché la variazione numero 30 non è in forma di canone. L’Aria e le variazioni sono quasi tutte in tonalità maggiore, Sol, solo tre variazioni sono in tonalità minore, sempre Sol.
Ma non è tutto qui. Bach scrive le Variazioni e molta altra musica, per Klavier, ovvero per strumenti a tastiera. All’epoca il pianoforte non è ancora protagonista e lo stesso Bach ha molte riserve sul nuovo strumento inventato da Cristofori. L’organo, il clavicordo e il clavicembalo sono gli unici usati dal Maestro. Le Goldberg nascono per clavicembalo a due manuali ma nulla ci impedisce di credere che Bach le abbia provate all’organo (al clavicordo era impossibile perché non adatto all’estensione presente in partitura). Ancora oggi le esecuzioni al pianoforte creano non poche perplessità, soprattutto per i puristi della prassi esecutiva. La questione si è imposta anche dopo le due famosissime incisioni di Glenn Gould al pianoforte, quella del 1955, sfavillante, adamantina suonata dal vivo al Festival di Salisburgo e quella in studio del 1981, dolente, rarefatta, irreale.
Con tutto questo si deve confrontare l’esecutore che inizia il viaggio con le Goldberg, come la giovane pianista Beatrice Rana che dopo averle pubblicate da pochi giorni per la Warner Classics le ha eseguite a Roma nella Stagione di Musica da Camera dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia. Beatrice, ci permetta la confidenza, ha un talento sconfinato ma a stupire ancor di più è la sua unicità nella salda visione globale dell’opera e nella convinta affermazione delle sue personali idee interpretative. Possono non essere condivise, a volte estreme, ma mai si pongono prive di senso e fondamento. Esemplare lo ‘sfruttamento’ di tutte le potenzialità di un pianoforte dei nostri giorni (in una sala da concerto dalle dimensioni importanti), usandone il pedale, le risonanze e la giusta quantità di suono. Per penetrare profondamente le Goldberg occorre tutta una vita dedicata alla musica e al suo studio. Beatrice Rana ha intrapreso questo viaggio e ci è sembrato di vedere dall’alto, come un angelo custode, la pianista e clavicembalista Rosalyn Tureck, che tra una variazione e l’altra sorride compiaciuta.