Primo Maggio, Francesco Gabbani al concertone di Roma

Gabbani e Lerner, le due anime della sinistra al concertone del primo maggio

Andrea Minuz

“Qualcuno ci deve dare il diritto al lavoro ma noi ci dobbiamo mettere una cosa fondamentale: la voglia!” Applausi. Bis. Gabbani premier. “Occidentali’s Karma” cambia verso al concertone

Da ieri, l’Italia dei centri sociali e quella di Sanremo sono più vicine. “Occidentali’s Karma” vola sopra le cupe dolenze dell’indie italiano, incendia la piazza dell'antagonismo sindacale, fa dimenticare tamburelli proletari e chitarre scordate, Susanna Camusso balla nascosta dietro le quinte e Francesco Gabbani incornicia l’esibizione più pop del concertone nella meno banale delle dichiarazioni d’ordinanza nella festa del lavoro garantito: “Qualcuno ci deve dare il diritto al lavoro ma noi ci dobbiamo mettere una cosa fondamentale: la voglia!” Applausi. Bis. Gabbani premier. “Occidentali’s Karma” cambia verso al concertone. Peccato ieri non ci fosse anche la scimmia, magari con addosso la maglietta di Che Guevara.

 

Via il reggae stonato, l’ethno-music, la protesta dei collettivi bolognesi (l’ideona dello Stato Sociale, che tirano palloni dal palco contro il ministro Poletti); via le tarantelle in abiti d'epoca, via le indie-star italiane vestite tutte come giocolieri fuoricorso del Dams, via anche “Bella ciao”, stremata dopo ventisette concertoni e giunta al capolinea dell’inevitabile, temibile versione “balcanica”, come predetto da Elio ai tempi del “Complesso del primo maggio” (“e all’improvviso parte una canzone tipo Bregovic!”).

La nostra Woodstock a tempo indeterminato è sempre più anacronistica ma è ancora un rito di iniziazione per molti giovani, un rito di musica, libertà e viaggio a Roma in sacco a pelo. Una prosecuzione della lezione su Pasolini al liceo con altri mezzi. Una messa anticapitalista all’ombra di San Giovanni che, per una RaiTre in crisi di identità, è l’ultima “vera” piazza rimasta per la “vera” sinistra, anche se non ci crede nessuno. Perché il tempo passa. La memoria si allenta. Le bandiere diminuiscono edizione dopo edizione. Si potrebbe scrivere tutta una storia della sinistra italiana dopo il crollo del Muro contando le bandiere con falce e martello ai concerti del Primo Maggio. Ieri, soltanto una di “Rifondazione”, appena due con Che Guevara. Poca roba.

 

Forse sono maturi i tempi di un contro-concertone per “freelance” e partite Iva solo su Sky, in diretta da Piazza Duomo. Gad Lerner però ci ha provato con tenacia. È salito sul palco per spiegare ai ragazzi che i padroni li sfruttano, che loro magari non lo sanno ma sono tutti dei proletari e se vogliono saperne di più si vedano “Operai”, in onda su RaiTre dal 7 maggio, con un promo formidabile in cui Gad parla con la tomba di Marx a Highgate o almeno si leggano l’omonimo libro-inchiesta del 1987, ora anche in e-book. Gabbani e Lerner sono saliti sul palco uno dietro l’altro, come le due anime della sinistra. Quella che stravince le primarie e quella che parla col busto di Marx. Che un pezzo di Sanremo si prenda la piazza della “vera” sinistra, dei No a tutto e del sindacalismo radicale sa già di prova generale per un patto del Nazareno Bis. Perché, come diceva Renzi al Lingotto citando Brunori Sas, altra indie star presente ieri sul palco: “Non sarò mai abbastanza cinico di smettere di credere in un mondo migliore”.