X Factor si prepara a sfornare l'ennesima fotocopia di una star
Nel terzo live della trasmissione eliminati Sem&Stenn, ma al netto di qualche scaramuccia lo spettacolo non regale né grandi né piccole emozioni
Che cosa resta dell'ultima puntata di X Factor? Oltre alla noia, il dubbio che difficilmente da questa edizione uscirà una pop star. Anche ieri sera è andata in onda la sfilza di esibizioni dei concorrenti che, per oltre tre ore (!), hanno affollato la rete regina dell’intrattenimento di Sky al grido della contemporaneità, tema voluto per la terza puntata di live.
A dire il vero, il peccato originale è stato quello delle assegnazioni dei giudici, al più sbagliate.
C’è stata Lorde per l’esibizione di Camille Cabaltera la quale, brava interprete, fatica ad affermarsi in termini d’identità. I Ros sono passati da Francesca Michielin ai Muse, mentre Lorenzo Licitra, un po’ tenore un po’ banale, ha ucciso la profondità che rende Sere nere di Tiziano Ferro (artista che a suo tempo fu proprio di Mara Maionchi, giudice in carica del giovanotto), capolavoro senza pari negli ultimi 20 anni di musica leggera.
Quindi, il timbro accattivante di Samuel Storm, che però di accattivante ha solo quello. Il rock eccessivo dei Maneskin impegnati, al solito, in una performance dallo spirito metal che stona sul palco in questione. Rita con Lp, intensa come sempre, ma molto meno del consueto. Mentre Enrico Nigiotti, il re della pentatonica, ha portato “Il mio nemico” di Daniele Silvestri scatenando un certo indispensabile dissenso in giuria. “Tu non sei un interprete, quindi fuori di qui cosa canti?”, gli ha chiesto Agnelli a fine esibizione.
“Le tue canzoni”, gli ha risposto svelta Mara Maionchi.
“Io almeno le canzoni le scrivo, tu no”. Sipario.
E ancora, Sem&Stenn ai quali l’ostentazione orgiastica di un’esibizione decisamente troppo ricca non ha risparmiato l’eliminazione. Fuori. Lieti del fatto che apriranno i concerti degli Afterhours al Forum ad aprile dove, a intuito, mancherà tanta esagerazione di scena.
Penultimo a esibirsi, Gabriele Esposito, 19enne al quale Fedez, certamente sull’onda dell’esperienza personale, ha affidato un brano di rara delicatezza su un papà che accoglie l’arrivo di una figlia. Quindi, il ragazzotto, ben lontano dall’esperienza della paternità, non ha saputo certo rendere giustizia alla dolcezza richiesta da un brano del genere. Infine, bravo come sempre ma senza lode, Andrea Radice, ultima performance sul proscenio esausto.
Va detto che, se l’obiettivo - come ci auguriamo per la casa discografica che contrattualizzerà di default il vincitore di X Factor dal 15 dicembre -, è quello di fargli vendere dischi, la perplessità sorge spontanea. Anche questa volta.
Non è un caso, per dire, se la memoria che corre a rovistare fra passate edizioni e carrellate di nomi più o meno conosciuti, fatica a trovare una stella uscita da X Factor. Dopo Marco Mengoni, s’intende, quando però il programma di Simon Cowell di domicilio stava ancora a Viale Mazzini. Di aspiranti talentuosi ce ne sono stati, è innegabile. E anche i percorsi proseguiti fuori dal format, ormai di casa Murdoch, esistono. Basti pensare a Giusy Ferreri o alla rossa Noemi (sempre e ancora in quota Rai, comunque). Ma nessuno che ad oggi riempia i palazzetti, per capirci.
I cantanti di quest’anno, come i moltissimi che hanno costellato le edizioni passate, si stanno rivelando niente meno e niente più che virtuose fotocopie di pop star già esistenti. Oppure, altrettanto virtuose carte veline di retaggi punk, metal, rock che hanno ormai il sapore delle cose consumate, oltre ad apparire decontestualizzate sul patinatissimo palcoscenico di Sky Uno.
Al netto di qualche scaramuccia, quindi, lo spettacolo andato in scena ieri sera non ha lasciato grandi emozioni. Ma nemmeno piccole. Solo, nella sua eccessiva lunghezza, una discreta porzione di tedio ad accompagnare esibizioni di ragazzi che risultano bravi cantanti più che talenti e il dubbio che, anche questa volta, il vincitore della trasmissione non passerà alla storia. Anche se il dubbio più bello, si sa, è quello che viene smontato.