Un Baglioni con Sanremo intorno? È tutto quello che chiediamo
Non serve essere suoi fan per divertirsi durante il Festival. Basta essere persone con un minimo di memoria storica, di orecchio per la musica suonata ai falò di Ferragosto degli ultimi quarant’anni
Quando la terza sera, per niente stanco, Claudio Baglioni ha imitato Virginia Raffaele che imita Belén Rodríguez, le gambe in avanti, il sedere all’indietro, il pianoforte che la tocca e lei che tocca il pianoforte, e fino a quel momento aveva accettato anche il gioco comico che prevedeva lui nella parte dell’anziano ben conservato che riesce a scendere le scale dell’Ariston senza badante, e intanto su Twitter dicevano ma fa tutto Baglioni, sta sempre in mezzo Baglioni, io ho pensato: è tutto ciò che chiedo.
Un direttore artistico di cui ho voglia di ascoltare un concerto per cinque sere. Un conduttore che canta, un attore che balla, canta, imita e parla perfettamente in inglese, una bionda che sa fare tutte queste cose insieme. A che serve lo spettacolo di contorno, se lo spettacolo di contorno sanno farlo benissimo loro? Se Baglioni può fare un duetto con qualunque ospite e io il video di quel duetto lo vorrò conservare nella memoria del telefono per gli anni a venire? Non serve essere fan di Baglioni per divertirsi durante un Festival di Sanremo con Baglioni. Basta essere persone con un minimo di memoria storica, di orecchio per la musica suonata ai falò di Ferragosto degli ultimi quarant’anni.
Magari tu eri quello disgustato che aspettava solo di baciare la ragazza con la treccia, o forse eri quello con la chitarra che non baciava mai nessuno perché era costretto a suonare, ma in tutte le case, in tutte le strade, in tutte le radio e perfino nelle chiese queste voci ci hanno accompagnato anche mentre facevamo tutt’altro. Mio padre mi cantava Sabato pomeriggio per farmi addormentare, da neonata o poco più, non posso ricordarmelo ma è più di saperlo (e comunque non mi addormentavo mai), lui aveva venticinque anni e io zero, era una canzone appena uscita, era la modernità, e io questa modernità possiedo, prima di tutte. Se a Sanremo, insieme a canzoni nuove e antiche (e la canzone di Ermal Meta che forse è un mix fra le due cose e comunque è bella), posso avere Claudio Baglioni che canta Poster con i Negramaro, e si lascia trascinare da Giuliano Sangiorgi e dal suo tempo, restando sempre Baglioni, allora questa è la formula perfetta. C’è qualcuno in Italia che non ha voglia di sentire per tre minuti Baglioni cantare: “Gli occhi come due pezzi di vetro, tu non sei come ti credevo io, un autotreno mi ruggisce dietro, ma perché hai fatto il mondo così triste Dio”? E Ron che canta con Alice Almeno pensami, e tutto quello che è prezioso, e che si può avere solo qui, solo adesso, a febbraio per la sessantottesima volta. Anche le prossime centoquaranta volte si potrebbe fare così: il concerto della nostra vita in più serate, e sempre Ornella Vanoni che canta: Bisogna imparare ad amarsi.