Il Concerto del Primo Maggio e quel ridicolo processo alla misoginia della trap
Nell'anno del #MeToo c'è chi non gradisce la presenza sul palco di Gemitaiz, Nitro e Sfera Ebbasta. L'accusa: con le loro canzoni istigano alla violenza sulle donne
L'anno scorso l'indie, quest'anno il rap e persino la trap, che è il rap nato nelle case di spaccio, un decennio e qualcosa fa. E, accusano certi ritagliandone i testi, istiga alla violenza sulle donne, è misogino e sessista. Sul palco del Primo Maggio sale la rabbia e non più la politica o, almeno, non più la musica impegnata come eravamo abituati a vederla suonata in Piazza San Giovanni: un canto partigiano, un violino balcanico, Piero Pelù che dice "il mio sangue è rosso e il mio cuore batte a sinistra" e, insomma, tutti i crismi della sinistra di lotta per adolescenti, le parole giuste, i principi inviolabili per proteggere i quali, cinque anni fa, i sindacati annullarono l'esibizione di Fabri Fibra - "una decisione inopportuna", dice ora uno di quelli che la prese, Antonio Ascenzi (Uil).
Ed è proprio quella decisione che adesso viene ricordata a chi, stavolta, non ha voluto censurare artisti che cantano "la mia pussy gira in casa in lingerie orientale, in zona non pompano pezzi d'amore, si pompano la tua tipa che si fa scopare in cambio di un raglione" (Sfera Ebbasta); "la tua bitch mi incanta il cobra" (Gemitaiz); "Ciao, Troia! Ingoia paranoia, sei Jessica Rabbit mentre schiatti nella salamoia" (Nitro). Sfera Ebbasta (venticinque anni, unico artista italiano entrato nella top 100 delle canzoni più ascoltate al mondo su Spotify), ha detto a Rolling Stone che "parlare di politica ai bambini non serve a molto" e che, prima di lui, i ragazzini fan del rap erano emarginati, mentre ora "sembrano proprio fighi: abbiamo alzato la tapparella della loro stanzetta buia" (che è un risultato parecchio politico, non importa quanto lui ne sia consapevole). Ha anche detto che non gli interessa andare in tv perché gli domanderebbero solo quanto ha pagato i suoi denti (ha una protesi - grillz - che copre gli incisivi inferiori con capsule di oro zecchino), come effettivamente è successo, non molto dopo, a Le Iene.
Cosa c'entrano, si domandano in molti, questi ragazzini dei sobborghi, arricchiti (perché vendono, vendono tantissimo) e vanitosi, con l'aria da stronzi come quei gangsta che vedevamo su MTV, negli anni Novanta, quando era difficile immaginare che una delle coppie più potenti e influenti del mondo sarebbero diventati, non molti anni dopo, un rapper e una pop star (Jay-Z e Beyoncè), lui che dal palco dice alle bambine "potete diventare quello che volete!" e lei che proietta frasi femministe, 107,5 milioni di dollari di fatturato nel 2016. Questi ragazzini senza coscienza politica, senza appartenenza, indifferenti al voto, impermeabili alle correzioni del linguaggio (in particolare rispetto al femminile), scorretti negli anni in cui la scorrettezza rovina multinazionali, carriere, opere d'arte ma che nessuno, neppure i grandi sindacati, intendono (possono?) ignorare.
Ciascuno di loro ha un pubblico più vasto di quello di molti grandi artisti italiani e se Cgil, Cisl e Uil hanno pensato di avvicinarli e avvicinarglisi, è un fatto non solo ragionevole, ma pure logico. Non che questo sia stato sufficiente a dispensarci dal surreale dibattito su quanto sia ammissibile che, nell'anno del #MeToo, il Primo Maggio ospiti artisti non solo inadattabili e indifferenti alle prescrizioni del femminismo corrente, ma persino accusabili di apologia della violenza sulle donne. Su Fibra, nel 2013, intervenne Jovanotti, dando del Minculpop alle delegazioni sindacali e definendo il rapper "un acceleratore di immagini": è una definizione perfetta anche per Sfera Ebbasta e per moltissimi altri rapper (italiani, europei, americani). Si tratta, però, di immagini per nulla edificanti e, come avviene spesso di recente, soprattutto quando dentro c'è una donna, prima confondiamo il mostrarle con il propagandarle, e dopo desideriamo che rimangano al buio, sottochiave.
Si può credere che un adolescente che ascolta Gemitaiz si senta poi istigato a schiaffeggiare la ragazza che gli piace, a pensare alle donne come sanguisughe, "tipe" con cui finire a letto drogati abbastanza da non avere bisogno di presentarsi né, il giorno dopo, di ricordarsi come si chiamano, a non sperare mai che una ragazza possa essere nient'altro che una "che non mi ama quanto ama il mio conto in banca" - d'altronde, si è creduto di peggio: anni fa in molti si convinsero che i crimini delle bestie di Satana fossero stati ispirati del death metal. Si può credere che Gemitaiz sia, per questo, "incompatibile con la nostra linea politica e sindacale", come fu detto di Fabri Fibra - la cui censura a quel primo maggio del 2013 viene oggi ricordata per contestare una contraddizione ai sindacati e non per segnalare un innegabile passo in avanti (ripetiamo, sottolineiamo: si rimpiange una censura).
C'è, sulle donne, un'attenzione specifica e particolare: è stata conquistata, è legittima, è inevitabile. Ma è un'attenzione che spesso vuole negare la complessità e la capacità di intenderla, che vuole espungere il raccapricciante dalla realtà, che vuole illudersi che la sola arte possibile sia quella che guarda verso l'alto e mai verso il basso.
Sfera Ebbasta ha scritto un pezzo che fa: "Sfera Ebbasta piace a tutti come il Mc Donald's, come Cristiano Ronaldo
e Maradona, come dire che in Italia niente funziona". Il rap smaschera chi l'ascolta, non chi lo fa. Compiace chi lo suona, non chi lo segue. Prima di accusarlo di diseducare, aizzare, violare, è necessario comprenderne la meccanica (e pure fidarsi di quanto sia più chiara agli adolescenti che a noialtri tromboni che ci facciamo bastare la nostalgia dei migliori anni della nostra vita, scambiandoli per i migliori anni dell'umanità intera).
Un poveraccio della Cgil è stato costretto a dire che sul palco del Primo Maggio hanno suonato artisti con "altrettante criticità" e ha fatto i classici esempi di Afterhours (sei più bella vestita di lividi); Vasco (mi piaci perché sei porca), Vecchioni (voglio una donna con la gonna). Decidete voi se è più ridicolo il processo o l'accusa.