Foto LaPresse

Il Festival blindatissimo

Saverio Raimondo

Per la prima serata arrivano i metal detector e i cani antidroga, ma qui girano solo pasticche per la pressione

Sanremo, dal nostro inviato. Il giorno della prima puntata del Festival scorre lento qui a Sanremo. Baglioni non si presenta in conferenza stampa, e anche i cantanti restano rinchiusi nelle loro stanze d’albergo, nervosi e con i bigodini in testa. Sul corso antistante l’Ariston fanno la loro comparsa solo Francesco Renga e Anna Tatangelo, assaliti dagli annoiati disagiati in giro a mezzogiorno. Il sosia di Renato Zero (o meglio: sosia di Renato Zero se Renato Zero fosse sotto cortisone) si aggira fuori dai bar elemosinando attenzione; a un certo punto finge di ricevere una telefonata, ma è solo per tornare indietro con disinvoltura e ripassare di fronte al caffè più affollato del corso, non si sa mai che qualcuno stavolta ci caschi o anche solo s’impietosisca.

 

La polizia perquisisce tutti, ovunque; da oggi hanno anche il metal detector. Ci sono anche i cani in cerca di esplosivi, o droga. Credo abbiano sbagliato festival. A occhio, l’unica pasticca di cui qui si abusa è quella per la pressione.

 

Nel corso della mattinata, vengo fermato nei pressi dell’Ariston da due piccole tv private: nessuno dei due inviati sa chi io sia, vogliono che lo dica io in camera ai loro telespettatori. E allora io mi presento come il sosia di Luigi Di Maio.

 

Faccio un salto in farmacia: pasticche per la voce, propoli e spray per la gola ovunque. In bella mostra anche i preservativi, specie quelli balsamici e al miele.

 

Nel pomeriggio sale la tensione. Non solo quella dei cantanti (qualcuno vuol venire a levargli quei bigodini dalla testa?!), ma anche quella della gente comune: Sanremo è transennata da una cortina di ferro, divisa in Sanremo Est e Sanremo Ovest. L’Ariston è come Ground Zero, non si passa, si può solo circumnavigare la zona, praticamente per arrivare da una parte all’altra del corso devi passare per le prealpi liguri. Se hai anche le buste della spesa, metti anche una confezione da sei di minerale, ti sale il populismo.

 

Nella noia, nell’attesa delle canzoni, di Baglioni, degli ascolti, la “notizia” è solo quella che dà Rocco Papaleo in conferenza stampa: nel 2012 Belén gli parlò solo sul palco, con le battute scritte sul copione; mentre fuori dal palco non gli rivolse nemmeno una parola. La notizia è che Rocco Papaleo, con Belén, ci voleva parlare.

 

Io, nel mio piccolo, con Belén ho lavorato per tre settimane a Milano, nel 2009, in un programma tv: me la ricordo magrissima, mai vista mangiare (solo ghiaccioli), e da sotto la maglietta s’intuiva che non portasse il reggiseno, tanto erano levigati i suoi capezzoli dal chirurgo plastico. Neanche a me ha mai rivolto la parola. Quindi adesso anche noi uomini abbiamo il nostro #MeToo?

 

(A proposito: andatevi a rivedere su RaiPlay le partecipazioni in pompa magna al Festival di Sanremo di Kevin Spacey, nel 2009 e nel 2014. Con il senno di poi appaiono distopiche, esilaranti).

Di più su questi argomenti: