Da Astro del ciel a Let it snow!
Per tradizione e atmosfera a Natale può bastarci una canzone
Le vacanze di dicembre sono piene di musica e ritornelli che conosciamo a memoria. I pezzi migliori mai scritti, quelli che hanno cambiato la nostra percezione, quelli insultanti e provocatori. Un decalogo
Che feste sarebbero senza le canzoni natalizie? La colonna sonora degli ultimi giorni dell’anno è un ingrediente immancabile tanto quanto il panettone e l’albero. E sì, un po’ come ‘o presepe di Casa Cupiello non è detto che debbano piacere a tutti. Anzi. L’avvento degli evergreen natalizi, o sarebbe il caso di dire l’assedio, disturba qualcuno. Addirittura una psicologa britannica, Linda Blair, l’anno scorso spiegò che un abuso da ascolto di classici natalizi fa male alla salute perché i tormentoni entrano in testa e si fa fatica a pensare ad altro. Altri studiosi hanno evidenziato come l’ascolto di brani natalizi trasmessi in diffusione in negozi e grandi magazzini incentivi le vendite. E allora, poiché anche sotto Natale, anzi soprattutto a Natale, i soldi fan girare il mondo, l’overdose da canzoni natalizie si ripete ogni anno. Il genere è quanto mai affollato e in realtà è una prerogativa molto anglosassone. La musica leggera italiana, infatti, non ha mai partorito grosse hit commerciali natalizie. Dalle nostre parti resistono i superclassici tradizionali, roba come “Tu scendi dalle stelle” e “Astro del ciel”. Inevitabile, in un certo senso, perché se c’è una festa della tradizione quella è da sempre il Natale. Ma in America, dove il concetto di “tradizione” va declinato su altri archi temporali, quelli di una nazione giovanissima, la musica leggera ha partorito negli anni dei classici che si sono affiancati ai brani religiosi che mettevano in evidenza l’aspetto cristiano della festività, puntando piuttosto sulle atmosfere, le usanze, il contorno del Natale che nei decenni è diventato sempre più sostanza della festa.
Un nuovo genere che comincia negli anni Trenta e sforna nei due decenni successivi evergreen destinati a resistere per moltissimi anni, diventando patrimonio collettivo, non solo degli americani ma del mondo intero, anche grazie al cinema hollywoodiano che a quelle note attingerà per accompagnare i film natalizi. La golden age della canzone di Natale americana sta tutta lì, tra i Trenta e i Quaranta. Ma anche nel Dopoguerra si aggiungeranno altre canzoni, con il significativo contributo dei britannici che a più ondate “invaderanno” l’America a suon di note. E se i crooner di ogni tempo manterranno vivi i superclassici di Bing Crosby e Frank Sinatra, basti pensare al cantore natalizio per antonomasia Michael Buble, altri pezzi soprattutto degli anni Ottanta irromperanno sul Natale, tutta roba proveniente da questo lato dell’Atlantico. E capiterà persino che nelle Isole britanniche, la canzone sotto l’albero più amata sarà una (bellissima e intelligente) ballata da ubriaconi infarcita dal turpiloquio.
Ma come nasce un classico di Natale? Quale alchimia produce l’evergreen sotto l’albero, destinato a durare nel tempo? Ecco la storia di dieci superclassici natalizi che ciascuno di voi avrà ascoltato decine di volte in questa parte dell’anno. Dieci storie che spaziano da Sinatra agli ex Beatles, dagli anni della Guerra mondiale a quelli del Vietnam. Una curiosità: la più recente hit natalizia risale ormai a venticinque anni fa. Non che nel Ventunesimo secolo non siano ancora uscite buone canzoni natalizie, ma il superlcassico deve ancora vedere la luce.
Santa Claus is coming to town
Da più di ottant’anni, questa canzone è sinonimo di Natale negli Stati Uniti. E, anche grazie a Hollywood, in mezzo mondo. Un successo senza tempo che comincia nel 1934, quando Eddie Cantor per la prima volta la canta alla radio. La canzone fu composta da John Frederick Coots e Haven Gillespie, due assi. Il primo è tra le altre cose l’autore di “Love letters in the sand”, il secondo fu musicista di punta negli anni Venti e Trenta. Il testo fu scritto sul retro di una busta in un bar. La canzone che invita a fare attenzione e non mettere il broncio perché Babbo Natale sta arrivando in città è stata interpretata da più di duecento artisti. Tra gli altri, Mariah Carey, Neil Diamond, Bruce Springsteen, Frank Sinatra e i Jackson 5. Ne esistono anche traduzioni in varie lingue, italiano incluso. La versione di Michael Buble è la più scaricata su Spotify con oltre cento milioni di ascolti in streaming. Secondo la classifica degli autori Ascap redatta nel 2015, era il brano natalizio più suonato in assoluto.
White Christmas
La canzone di Natale per antonomasia fu scritta – prima curiosità degna di nota – da un ebreo americano e vide la luce nel 1940. La leggenda vuole che Irving Berlin, il giorno dopo averla composta, entrò nel suo ufficio ancora in preda all’eccitazione e disse alla sua segretaria di prendere appunti perché aveva scritto la migliore canzone di sempre (più precisamente “diavolo, la migliore canzone che chiunque abbia mai scritto!”). La prima performance pubblica del brano andò in onda il giorno di Natale del 1941. Cioè pochi giorni dopo l’attacco di Pearl Harbour. Cantava, alla radio, Bing Crosby, che poi la incise su disco. Il singolo che rievocava con un pizzico di malinconia il ricordo di un Natale gioioso (e bianco), divenne il più venduto della storia, con una stima di 50 milioni di copie. Contando le altre versioni del brano (da Frank Sinatra a Michael Bolton), il guinness dei primati stima un totale di cento milioni di dischi venduti. La canzone, inserita nel film “Holiday Inn”, vinse anche un Oscar. E ai soldati al fronte ricordava il Natale al caldo delle loro case. In radio, al cinema e in tv è da decenni sinonimo di Natale. Ma in Vietnam venne trasmessa dalla Afn (la radio delle truppe americane) il 30 aprile del 1975: era il segnale segreto che preannunciava l’evacuazione degli americani da Saigon.
Have yourself a merry little Christmas
L’avete sentita in una gran quantità di film natalizi. Per lo più nella celebre versione di Frank Sinatra. Ma la canzone fu scritta per Judy Garland, che la cantò nel film “Meet Me in St. Louis”. L’evergreen fu composto da Hugh Martin e Ralph Blane nel 1943. Il film uscì nel 1944, nell’ultimo scorcio della Seconda guerra mondiale, e divenne molto popolare tra le truppe americane che combattevano lontano dalla madre patria. Nel 1957 Frank Sinatra chiese a Martin di cambiare qualche verso e incise una versione con un testo diverso in un suo disco natalizio, riproponendola anche in un album del 1963. Da notare che il 1957 fu un anno propizio per il genere natalizio, con la pubblicazione di un altro futuro evergreen, “Jingle bell rock” di Bobby Helms, che sarebbe stata oggetto di innumerevoli cover (e di inserimenti in film natalizi). Il testo di “Have yourself a merry little Christmas” è un invito a trascorrere un Natale gioioso, mettendo da parte tristezze e difficoltà. La cover di The Voice fu un grandissimo successo. Il brano si sente nei film hollywoodiani sul Natale, in “Harry ti presento Sally” c’è la versione di Bing Crosby. L’elenco di star che hanno interpretato il brano è sconfinato e annovera tra gli altri Michael Buble (immancabile), Doris Day, James Taylor, Christina Aguilera, Tori Amos, Ella Fitzgerald. Alla fine di “Mamma ho perso l’aereo” (quando i due ladri maldestri vengono arrestati) si sente la versione del jazzista Mel Tormè. E pensare che gli autori, dopo aver partorito la melodia, l’avevano (letteralmente) gettata nel cestino della spazzatura, salvo poi ripescarla, dopo averci ripensato, un paio di giorni dopo.
Let it snow! Let it snow! Let it snow!
Altro superclassico a cui Hollywood ha attinto a mani basse: è diventato sinonimo di Natale anche se il Natale nel testo non viene mai menzionato. La canzone fu scritta dal paroliere Sammy Cahn (ventisette nomination agli Oscar e la bellezza di quattro statuette vinte) e dal musicista Jule Styne (un signore che tra le altre cose firmò la mitica “Diamonds are a girl’s best friend”) nel 1945 e venne originariamente interpretata da Vaughn Monroe, baritono e trombettista. Divenne subito un grande successo scalando le classifiche e rimanendo al primo posto su Billboard per cinque settimane. Negli anni è stata interpretata da una sfilza di cantanti, da Bing Crosby a Frank Sinatra, da Smokey Robinson a Doris Day, da Mina a Kiley Minogue. Ma la cover più fortunata di questa amena canzone d’amore si deve a un americano d’Abruzzo, Dean Martin, al secolo Dino Crocetti, che la incise nel 1966. E fu, manco a dirlo, un successo planetario. La canzone si ascolta (nella sua versione originale) anche alla fine del film d’azione “Die Hard” (“Trappola di cristallo” in italiano) e nel suo sequel “Die harder”.
Happy Xmas (War is over)
John Lennon era uno straordinario compositore di inni. Gli riusciva naturale, anche per la sua abitudine di spendere parecchio tempo davanti alla tv. Più di una volta trasse spunto dalle pubblicità per sue canzoni. E in generale, il Beatle sviluppò una efficacissima attitudine a partorire brani che si prestavano a diventare inni di qualcosa: da “Give peace a chance”, inno del pacifismo, a “All you need is love”, inno dell’amore universale. E questo brano si iscrive alla perfezione in quel filone. Lennon la pubblicò insieme alla moglie Yoko Ono, coautrice del brano, nel Natale del 1971, cioè l’anno dopo lo scioglimento dei Beatles, negli Stati Uniti. Solo il Natale dell’anno successivo, per una diatriba di diritti, la canzone uscì nel Regno Unito, dove ebbe maggiore successo di quanto non ottenuto in America. Il brano mise insieme il genere natalizio con la canzone pacifista contro la guerra del Vietnam. E divenne un successo planetario e un evergreen, tanto che ancora nel 2012 un sondaggio della rete televisiva britannica Itv la elesse come canzone natalizia preferita dalla nazione. Il brano, eseguito insieme al coro delle voci bianche di Harlem, è stabilmente tra i dieci natalizi più trasmessi in Gran Bretagna. Già nel 1969, i coniugi Lennon avevano usato il concetto de “la guerra è finita se lo vuoi”, tappezzando dodici città del mondo con manifesti che recitavano: “WAR IS OVER! If You Want It – Happy Christmas from John & Yoko”. Dopo il successo di “Imagine” nel 1971, Lennon disse di aver capito cosa serviva, cioè “mischiare il messaggio pacifista con un po’ di miele”. E così fece nel comporre il brano che musicalmente attinge a un tradizionale inglese settecentesco, “Skewball”. Nel Natale 1980, pochi giorni dopo l’omicidio di Lennon avvenuto l’8 dicembre, il singolo raggiunse il numero due su Billboard, nove anni dopo la sua pubblicazione. Il magniloquente arrangiamento è farina del sacco di Phil Spector, vecchia volpe che in quegli anni collaborava con Lennon dopo aver messo mano all’ultimo album dei Beatles “Let it be”. La canzone negli anni è stata reinterpretata da diversi artisti tra i quali Neil Diamond e Celine Dion.
Wonderful Christmas time
Se Lennon aveva la sua hit natalizia, poteva l’ex socio non fare altrettanto? Certo che no. Paul McCartney pubblicò “Wonderful Christmastime” nel 1979. E diciamo che non fu certo l’apice qualitativo della sua importante produzione da solista. Il brano in Italia è assai meno conosciuto della ballata natalizia del socio Lennon ma nei paesi anglosassoni è ancora un classico, tra i più trasmessi per Natale, soprattutto, in Gran Bretagna. La canzone fu realizzata nel corso delle session dell’album McCartney II. L’ex Beatle registrò il pezzo tutto da solo, suonando tastiere, chitarre, basso, batteria e percussioni, e cantando tutte le voci. Il risultato non fu proprio una perla, i critici furono concordi nel giudicarlo negativamente, eppure il brano ebbe il suo seguito e nel 2010 si calcolava che la canzone fruttasse al baronetto di Liverpool 400 mila dollari di diritti d’autore solo per quell’anno, non male per un brano con quel testo lì. Diversi artisti tra cui Diana Ross e Demi Lovato hanno inciso cover della canzone. Ma se avete voglia di un McCartney tutto neve, inverno e storie da raccontare al calduccio ai bambini, meglio “Once upon a long ago” del 1987.
Do they know it’s Christmas?
Correva l’anno 1984. La Gran Bretagna era scioccata da una serie di servizi televisivi sugli effetti atroci della carestia in Etiopia. Le immagini dei bambini denutriti erano trasmesse quotidianamente dalla tv. E qualcuno decise che era ora di fare qualcosa. Quel qualcuno era il cantautore irlandese Bob Geldof, che l’anno dopo avrebbe organizzato il leggendario Live Aid, il mega concerto di beneficenza che si svolse in Inghilterra e Stati Uniti il 13 luglio. Ma prima del Live Aid ci fu il Band Aid. Così venne battezzato il collettivo di superstar chiamate a raccolta da Geldof per incidere un brano natalizio i cui proventi fossero destinati all’Etiopia. La canzone fu composta dallo stesso Geldof e da Midge Ure del gruppo Ultravox. Venne registrata a Londra il 25 novembre del 1984. I studio c’era la crema della musica britannica del tempo, Bono degli U2, Sting, George Michael, i Duran Duran, gli Spanau Ballet, gli Status Quo, Boy George, le Bananarama, Paul Young (che cantò il primo verso). Mostri sacri come Paul McCartney e Davide Bowie non fecero in tempo a unirsi alla compagnia ma mandarono dei messaggi. Phil Collins suonò la batteria, John Taylor dei Duran Duran il basso, Ure curò tutto il resto. Il disco fu uno straordinario successo, pompato da tutte le radio britanniche raggiunse il numero uno nelle classifiche di una ventina di paesi. Non negli Stati Uniti, dove comunque ebbe il suo seguito, tanto che da lì a tre mesi gli americani “risposero” con il loro disco benefico di all stars, cioè “We are the world” di Lionel Richie e Michael Jasckson (e Bob Geldof cantò nel coro anche lì). “Do they know it’s Christmas” fu reincisa altre tre volte, sempre per raccogliere fondi per buone cause. Nel 1989 nel “Band Aid II” c’erano tra gli altri Lisa Stansfield, Kylie Minogue e Jimmy Sommerville. Nel 2004 con il nome “Band Aid 20” il collettivo annoverò tra gli altri Joss Stone, Jamelia, Chris Martin dei Coldplay, Paul McCartney al basso. Infine, nel 2014, ecco il “Band Aid 30”, con, tra gli altri, Bono (che c’era anche nella prima e nella terza band), One Direction, Ed Sheeran, Roger Taylor dei Queen alla batteria. In questa occasione Bobo cambiò il criticatissimo verso “Tonight thank God it’s them instead of you” (“stanotte grazie a Dio tocca a loro invece che a te”) in “Tonight we’re reaching out and touching you” (“stanotte vi stiamo raggiungendo e toccando”).
Last Christmas
Certo, è una bella coincidenza che due evergreen destinati a restare per decenni classici natalizi siano usciti nello stesso anno. E si siano trovati in classifica uno accanto all’altro per settimane. E che in entrambi i dischi si sentisse la voce dello stesso cantante. Eppure accadde. Nel 1984, mentre “Do they know it’s Christmas” spopolava, in classifica alle sue spalle c’erano gli Wham. Il duo inglese composto da George Michael e Andy Ridgeley aveva pubblicato negli stessi giorni il singolo doppio lato A “Everything she wants” / “Last Christmas”. Questo secondo brano, composto e prodotto da George Michael, divenne subito una hit mondiale, e rimane trentacinque anni dopo una delle canzoni natalizie più trasmesse al mondo. George compose la canzone nella cameretta della sua infanzia, in occasione di una visita a casa dei suoi genitori. In Gran Bretagna la canzone fece coppia con il Band Aid (dove pure era presente George Michael) al secondo posto delle classifiche per settimane. Il duo donò gli incassi del singolo in beneficenza per l’Etiopia. Ma il successo dell’amara canzone d’amore natalizia (“lo scorso Natale ti ho dato il mio cuore ma il giorno dopo l’hai buttato via”, il celebre incipit) non si limitò alla madre patria. In Italia il singolo arrivò al numero due, in tre paesi europei al numero uno, in Germania è la canzone di Natale più venduta di tutti i tempi. Il celeberrimo video di “Last Christmas”, girato in Svizzera, è stato visto 475 milioni di volte su YouTube. Quest’anno la Universal Pictures ha prodotto un film omonimo – ovviamente una commedia romantica – scritto da Emma Thompson e ispirato alla canzone degli Wham. Esiste un gioco di sopravvivenza inventato da alcuni ragazzi danesi che si chiama Whamaggedon: lo scopo è riuscire ad arrivare a Natale, dall’1 al 24 dicembre, senza mai sentire “Last Chrismas”. Se perdi (e non è facile vincere), devi scrivere #Whamaggedon sui social.
Fairytale of New York
Se avete una qualche confidenza con pub o club britannici o irlandesi, è impossibile che almeno una volta non abbiate ascoltato questa canzone, cantata a squarciagola dagli astanti. E sì, perché questo pezzo, non molto conosciuto in Italia, è diventato col tempo la canzone di Natale per antonomasia nelle isole britanniche. I Pogues la incisero nel 1987 insieme alla cantante Kirsty MacColl. La band irlandese la inserì nell’album “If I Should Fall from Grace with God”. E’ firmata da due membri del gruppo, Jem Finer e il cantante Shane MacGowan. La canzone parla di un immigrato irlandese che sta trascorrendo la vigilia di Natale smaltendo la sbornia chiuso in una cella a New York. E quando un altro beone rinchiuso con lui canta una strofa della ballata irlandese “The Rare Old Mountain Dew”, il narratore (MacGowan) inizia un dialogo immaginario con il personaggio femminile del brano in un botta e risposta con tanto di parolacce (censurate dalla Bbc e da Mtv) che durante la vigilia di Natale, vede la coppia litigare e prendere atto delle proprie speranze giovanili distrutte. Il coro della polizia di New York (che in realtà un coro non ce l’ha) riporta però tutto al clima natalizio della Grande Mela. La ballata folk irlandese divenne in breve tempo la canzone di Natale più amata dai britannici, piazzandosi al primo posto in diversi sondaggi indetti da tv, radio e riviste e conquistando il primato di canzone natalizia più trasmessa nel ventunesimo secolo. E in effetti, il fatto che una nazione intera preferisca tra le canzoni legate alla Natalità del Salvatore un brano con frasi del tipo “Happy Christmas your arse” (letteralmente “buon Natale il tuo culo” ma in italiano si direbbe in un altro modo) o “you cheap lousy faggot” (“tu schifoso frocio da quattro soldi”) è una cosa parecchio curiosa. Tra i performer che in seguito hanno cantato il brano ci sono anche Ed Sheeran e Jimmy Fallon.
All I want for Christmas is you
La più recente grande hit natalizia che ha resistito alla grande al tempo risale ormai a un quarto di secolo fa. Era il 1994 quando Mariah Carey, all’apice della popolarità, incise questo brano firmato da lei stessa e da Walter Afanasieff. Il disco venne pubblicato dalla Columbia Records il 1º novembre 1994 come singolo di lancio dal quarto album in studio della cantante americana, il primo interamente dedicato al Natale, “Merry Christmas”. La canzone natalizia dal tempo accelerato dichiara che la protagonista non è interessata ai regali perché tutto ciò che vuole per Natale è stare insieme al suo uomo. “All I want for Christmas is you” ha ottenuto sin dalla pubblicazione un enorme successo e ogni anno, tra dicembre e gennaio, rientra nelle classifiche musicali. Sino al 2013 aveva guadagnato oltre cinquanta milioni di royalties e venduto 16.5 milioni di copie. Non solo, il brano è il singolo natalizio più venduto della storia inciso da un’artista femminile. Il segreto del successo? Forse si trova in un commento della Carey sul brano: “E’ molto retrò, una specie di cosa anni Sessanta”. E d’altronde, cosa mai può funzionare meglio della tradizione a Natale?