Roma. Quadriplete si può dire? No? Mannaggia. Facciamo di sì, coniamolo qui. Quadriplete è la cosa che ha fatto domenica sera Billie Eilish, andando ai Grammy vestita orrendamente ma con stile, in Gucci dalla testa ai piedi, e vincendone ben quattro. Miglior disco dell’anno, canzone, recording, artista dell’anno. Non era mai successo a una donna, non era mai successo a un’adolescente. Che novità, direte, una ragazzina che vince tutto, l’ennesima enfant prodige figlia del tempo delle vigilie anticipate e dell’elisir della precocità. Più invecchiamo e inquiniamo il pianeta e più osanniamo i ragazzini, e leggiamo i loro libri che diventano bestseller, li facciamo andare a parlare all’Onu, e forse lo facciamo a titolo di rimborso, per ringiovanirci pure noi, o anche in forma precauzionale, perché sono così bravi e formidabili, questi adolescenti della Gen Z, che persino noi abbiamo capito che conviene tenerceli buoni, prima che ci spazzino via senza pietà.
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