Mozart non aveva nemmeno quindici anni quando mise in scena al Regio Teatro Ducale di Milano il “Mitridate re del Ponto”, la sua prima opera seria. Era la sera di Santo Stefano del 1770. Il Maestrino non era più il bambino prodigio che per anni, guidato dal padre, si era esibito davanti alle corti e ai salotti di mezza Europa, ma un giovanottello biondo e minuto, alto 1 metro e 63, l’incarnato pallido, gli occhi cerulei, il volto butterato dal vaiolo, le mani piccole: “Non mostrava il genio e lo spirito di cui il buon Dio lo aveva dotato”, scriverà la sorella Nannerl. Eppure era stato proprio lui a musicare quell’opera ispirata alla tragedia di Racine, tradotta in italiano da Giuseppe Parini. E adesso si trovava non solo a inaugurare la principale stagione del teatro più importante di Milano, ma a dirigere lui, debuttante straniero, musicisti esperti e cantanti famosi. Eppure, anche se per lui era un terreno sconosciuto, precluso peraltro anche al padre, se la sarebbe cavata benissimo, ripagando in pieno la fiducia del governatore della Lombardia.
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