Quando Lucio divenne Dalla, l’Italia stava scivolando nel tempo più buio dei suoi Anni di piombo. Un paese agitato della violenza si emozionava al cinema per “Un borghese piccolo piccolo”, in cui la coppia Monicelli-Sordi afferrava i luoghi e le cifre della commedia all’italiana per trascinarli sui sentieri del sangue e della brutalità di quel tempo, trasponendo sul grande schermo il romanzo di Vincenzo Cerami. Le Br sparavano, rossi e neri si combattevano per strada, le manifestazioni di piazza erano state vietate, Giorgiana Masi era morta a maggio, i giudici popolari scappavano dai processi ai brigatisti. Un anno difficile quel 1977, quando la tv italiana divenne a colori e “Carosello” andò in pensione per lasciare posto ai moderni spot. Gli italiani apprendono dai telegiornali ormai a colori il quotidiano bollettino di omicidi, agguati, gambizzazioni, scontri. Ed è nel contesto di questo dramma collettivo che il cantante bolognese matura la svolta decisiva della sua carriera, decidendo dopo anni di collaborazioni, di far da sé, di scrivere da solo i testi delle sue canzoni. Sarà un’illuminazione, che regalerà alla musica italiana un trittico di album che diventeranno capisaldi della storia del pop nostrano. E che consacreranno il mito di Dalla da lì in avanti.
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