Il musicista californiano ha dato alle stampe "For Free", quinto disco negli ultimi sette anni e nuova immersione nella West Coast 2.0. Dopo una vita di eccessi come pochi altri, a ottant'anni "Croz" canta come ne avesse venti. Il segreto? Non ha mai fumato sigarette, dice lui
Circa 50 secondi dentro “River Rise”, brano d’apertura di “For Free”, nuovo album dell’ottantenne David Crosby, ci si ritrova proiettati nella West Coast 2.0. Il disco diventa una sorpresa, sia per chi coltiva da decenni il culto della più irregolare figura della California eroica del Laurel Canyon, sia per chi s’avvicini casualmente a questo nonno dalle corde vocali limpidissime, almeno quanto i suoi trascorsi esistenziali sono densi e torbidi. Il fatto è che davvero Crosby ha interpretato tutti gli assiomi sottoculturali di quella terra nel suo momento magico, imboccando ogni strada controsenso. Una trentina d’anni di dipendenza da eroina, cocaina e varie combinazioni, una vita sessuale delirante, seminando amanti (Joni Mitchell la più clamorosa, di cui fu pigmalione, scoprendola in Florida e proiettandola nella scena hip losangelesiana), figli – James Raymond l’ha conosciuto solo quando lui aveva già trent’anni, ma poi, dopo una complicata riappacificazione, adesso è il suo principale collaboratore artistico – e band, dalle quali veniva messo alla porta per cattiva condotta (The Byrds) o che contribuiva a trasformare in effimeri laboratori di meraviglie, ma anche in ring pugilistici tra ego troppo espansi (Crosby, Stills, Nash & Young – adesso lui si rivolge la parola solo con Stills. Altro che reunion…).
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