La mafia canta le canzoni neomelodiche
Da Napoli a Palermo, un libro ricostruisce il legame simbiotico tra la musica neomelodica e la criminalità organizzata
La mafia uccide, corrompe e ammorba la società civile. Dovevamo attendere il libro di Gery Ferrara, già sostituto procuratore presso la Procura di Palermo e oggi procuratore delegato europeo, e di Francesco Pitruzzella, analista informatico presso la Procura di Palermo, per scoprirne la vena artistica e scoprire anche che canta, purtroppo solo nel senso letterale del termine. Nel loro libro “La mafia che canta” (Zolfo editore), gli autori ricostruiscono, a partire da dati giudiziari, indagini e documentazione processuale, il legame simbiotico tra la musica neomelodica e la criminalità organizzata, con particolare riferimento alla mafia siciliana. I neomelodici protagonisti cantano in napoletano, a Napoli come a Palermo, a Roma come a Torino, nelle periferie spesso dimenticate delle metropoli italiane. Napoli e Palermo sono unite, come ai tempi del regno delle due Sicilie, in un grottesco e drammatico rigurgito neoborbonico di criminalità organizzata e malaffare che si contrappone allo stato alieno, ingiusto e vendicativo che schiaccia, nella narrazione dei neomelodici, eroi tragici a cui la vita non ha dato possibilità di scelta per condizioni di nascita troppo dure da superare.
Le periferie del mondo unite dalla musica come nei riferimenti che gli autori fanno al gangsta rap statunitense, al narcocorrido messicano o ai canti di guerra della jihad islamica. Un filo nascosto lega queste esperienze e queste espressioni culturali di degrado, malavita, mancanza di legalità eppure, in qualche modo, di speranza di una vita migliore. Gli autori prendono questo filo e lo seguono con attenzione, competenza e giusto distacco, accompagnando il lettore in un viaggio che, a tratti, sembra surreale e fantastico.
E’ un viaggio alla scoperta di un mondo che appare lontano a chi ogni giorno ha l’abitudine di sfogliare un quotidiano o informarsi di quello che accade nel mondo. Chiusi nella nostra bolla intellettuale, possiamo sfogliare le pagine del libro per scoprire una galassia che non è “lontana lontana” ma si espande e arriva a toccarci, anche se non vogliamo rendercene conto. Una galassia di disperazione, malaffare e sistemi valoriali peculiari che parte dal Sud e, come la linea della palma, sale fino a lambire con sempre più convinzione anche le grandi città industriali del ricco nord operoso.
Il libro accende i riflettori su un fenomeno che non può essere trascurato. E a chi si occupa di Sud e di sviluppo economico ricorda che non esistono automatismi e bacchette magiche che assicurino la crescita necessaria a fuggire dalla trappola della povertà e dal degrado. La lettura dei testi delle canzoni dedicati a capomafia e uomini d’onore, l’odio verso i pentiti e gli “sbirri” impressiona. Gli autori riescono a suscitare sgomento e sfidano quella indifferenza che, per troppo tempo, ha consentito al fenomeno mafioso di prosperare. Gery Ferrara e Francesco Pitruzzella sanno per esperienza diretta che gli strumenti repressivi non bastano. Serve un cambio di mentalità e la rottura delle norme sociali che legittimano la criminalità organizzata, dipingendola come uno strumento di protezione per i disperati o come l’unico mezzo di sussistenza. Il libro appassiona, impressiona, spaventa ma, a tratti, strappa anche un sorriso. Ma soprattutto è utile se si vuole capire il Sud, il suo sottosviluppo e la strada che c’è da fare per non condannarlo a essere perennemente una delle tragiche periferie del mondo.