I Maneskin celebrano la vittoria all'Eurovision (LaPresse)

Un nuovo boom

La musica in radio non è morta. Sta benissimo ed è un modello da imitare

I Maneskin e l'Eurovision, il finanziere Bolloré, Universal music: il settore funziona e continua a reggere la concorrenza delle serie tv e dei canali streaming, da Spotify a YouTube

I Maneskin, il finanziere Vincent Bolloré, i 34,16 milioni di ascolti giornalieri raggiunti dalle radio italiane nel periodo maggio-luglio, che cosa hanno in comune? Un nuovo boom globale, quello della musica. Del gruppo romano vincitore a Sanremo e all’Eurovision Contest e che continua a spopolare nei concerti live in Europa (prossimo appuntamento il 25 settembre a Londra con i Coldplay ed i Duran Duran) si sa quasi tutto e comunque ci teniamo informati. Vivendi, la holding di Bolloré, ha quotato ieri ad Amsterdam la controllata Universal Music, prima casa discografica al mondo che ha già in portafoglio il catalogo di Lady Gaga, Beatles e Bob Dylan ed i diritti per Kanye West e Amy Winehouse: valutata 33 miliardi di euro ha realizzato in apertura un più 33 per cento.

 

Quanto alla radio, cresce su base annua a doppia cifra tanto nel 2021 quanto già nel 2020 quando era stata spinta anche dal lockdown. Non solo internet, dunque, e non solo streaming. Le discoteche, almeno da noi, non sono ancora state riaperte, ma la musica, che anche delle radio è il primo motore, non se la passa affatto male. Gli esperti, a cominciare dal solito Financial Times, vi individuano un fenomeno che ricorda la voglia di libertà, divertimento e ottimismo degli anni 50 e l’esplosione del rock dei 60 e 70. Come in quei due periodi il quotidiano londinese nota che le pop star si stanno sempre più cimentando in un campo che, almeno altrove, è a sua volta in crescita: i musical. Oltre che con i film a sfondo musicale-documentario, dopo gli apripista “Bohemian Rapsody” (2019) sul frontman dei Queen, Freddy Mercury e il quarto remake del 2018 di “A star is born” con Lady Gaga e Bradley Cooper. Il prossimo evento dovrebbe essere il film su Amy Winehouse dopo il biopic “Amy” del 2015, vincitore di Oscar come “A Star is born” e “Bohemian Rapsody”. Ed è in gestazione la quinta pellicola su John Lennon, stavolta concentrato sulla storia con Yoko Ono.

 

Ma perché la musica continua a reggere la concorrenza delle serie tv e le radio quelle dei canali streaming dedicati, da Spotify a YouTube? Presentando l’ultimo Global music report di Ipfi, la federazione mondiale delle case discografiche, la ceo Frances Moore, una scozzese tosta che ha appena ricevuto l’Ordine dell’impero britannico, ha spiegato che dieci anni fa il settore era sull’orlo del default dopo il sostanziale fallimento di Napster, il primo servizio web gratuito di musica: “Bisognava gestire lo streaming, combattere la pirateria e rilanciare la musica. Ogni anno le aziende investono quasi 6 miliardi di dollari, e difendono i copyright. Ma gli algoritmi non servirebbero a nulla senza i nuovi talenti e senza riproporre quelli hanno fatto la storia”.

 

I Maneskin sono ancora all’inizio sulla scena internazionale e subito dopo la vittoria all’Eurocontest il Sole 24 ore stimò in mezzo milione di euro il loro valore. Da allora però hanno raggiunto la vetta della classifica mondiale di Spotify e la 29esima posizione di Billboard hot 100. Questo ha portato per ora 5,5 milioni di follower su Instagram, gli spot di Tim e Pepsi e perfino dei sosia per pubblicizzare una mozzarella prodotta in Lettonia. Le radio italiane censite sono un migliaio, 300 hanno i maggiori ascolti e la metà una dimensione d’impresa (cioè dipendenti e bilanci depositati). Si tratta comunque del primato europeo in rapporto alla popolazione. Il nuovo sistema di trasmissione digitale, Dab+ (Digital audio broadcasting), nato in Norvegia e ora diffuso in tutta Europa, ne favorisce lo “spacchettamento” in canali tematici, è sugli ultimi modelli di auto; ma ora la vera sfida è ovviamente per gli smartphone e tablet.

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