Sanremo Giovani trascura la musica che “forse ai vostri figli piacerà”
La kermesse voluta da Amadeus quest'anno ha raschiato il fondo dell’innocuo, dopo tre anni di scossoni. Chi sono Yuman, Tananai e Matteo Romano, i tre cantanti che andranno al Festival
La rivoluzione partorì il topolino, almeno per ora. Cambi di regolamento e giuria, proclami tesi a dare più valore alle prove, responsabilità crescenti in capo agli staff: eppure il Festival di Sanremo Giovani voluto da Amadeus per l’edizione 2021 raschia il fondo dell’innocuo, dopo tre anni di scossoni. La finale, andata in onda ieri in prima serata su RaiUno, ha promosso tre artisti – o, come va di moda dire oggi, “progetti musicali” – che a diverso titolo si inseriscono nel solco della canzone pop modernizzata, anzi leggerissima, e li proietta direttamente a confronto con Gianni Morandi, Massimo Ranieri, Elisa e gli altri 22 big comunicati in precedenza. Una scelta, assunta pienamente dal direttore artistico della manifestazione, giustificata con la volontà di attribuire “peso” a coloro che fino all’anno scorso sarebbero stati confinati nella sezione Nuove Proposte: magari Amadeus un giorno spiegherà cosa li differenzia da altri – segnatamente Aka 7even, Ditonellapiaga, Highsnob e Hu- che invece hanno avuto accesso diretto al palco dell’Ariston, senza alcun barrage.
Almeno così non è possibile “dare la colpa” al pubblico del televoto e dei network, dal momento che la valutazione spettava per metà alla commissione musicale (Leonardo de Amicis, Claudio Fasulo, Massimo Martelli e Gian Marco Mazzi) e per metà allo stesso ex speaker di Radio Deejay: il timore, manco troppo taciuto, era che la fandom adolescente di Tiktok, per esempio, alterasse l’esito della competizione. Nemmeno tanto infondato, considerando che uno dei vincitori, Matteo Romano, pare faccia i numeri grossi attraverso la piattaforma cinese: il pianista di Cuneo, uomo di mondo per avere solo 19 anni, colloca le proprie velleità nei paraggi melodici di Diodato e per “Testa e croce” si serve di una produzione tanto internazionale quanto leggermente datata. Il suo faccino dolce acchiappa-teen se la dovrà vedere ancora una volta con Yuman, romano-capoverdiano in quota soul: voce ruvida il giusto (anche se un po’ nasale), si cimenta con la lingua italiana dopo anni di brani in inglese, spinti da Youtube e MTV. Alfine la sua “Mille notti” non si rivela troppo distante dalla tradizione, fra scuole di musica e piattezza da radio FM, tanto che si rischia di dimenticarla appena conclude.
Terzo qualificato, ma non ultimo per l’appuntamento d’inizio febbraio, è Tananai, rapper dell’hinterland milanese con le rime a posto e un ovetto kinder dentro la bocca: “Esagerata” apre quasi melodica nel ritornello, a riprova di un precedente featuring per Fedez, e vuol far ballare per ripagare lo scouting di Universal a suon di titoli ruffiani.
Niente carne da X-Factor, nessun outsider à la Gabbani prima maniera, nemmeno tracce di Margherita Vicario o Federica Abbate: le più brave tra le giovani autrici in circolazione. Davvero non c’era di meglio in gara? Forse l’androgina Senza_Cri, o Littamè (la cui “Cazzo avete da guardare” sta fra Ibrahimovic e Madame), perché non Esseho wannabe Calcutta, o piuttosto Bais che torna a dare un senso nostalgico al concetto di indie? Se il verdetto dice “l’itpop ora è qui”, per adesso non ci siamo: magari le ultime edizioni avranno pure osato, sparando Mahmood dalle eliminatorie dritto al podio nell’Eurofestival e poi spalancando le cataratte dei Måneskin, ma quella di oggi è acqua di rose. In piena sintonia, peraltro, con il riflusso generale: dopo Colapesce e Dimartino, Coma_Cose, Ghemon, qualche ramanzina generalista avrà evidentemente riportato “Ama” a più miti consigli. Due nomi su tre comunque, Romano e Tananai, li aveva azzeccati dieci giorni fa anche Simone Stefanini, redattore della webzine capofila Rockit, parlando dell’annuncio relativo ai grossi calibri: "Il conduttore pare aver voluto accontentare un po' tutti, ogni orecchio ha la sua rappresentanza in questo Festival. La tradizione e l'innovazione, il trash e la seriosità, le grandi star e gli sconosciuti… un cast schizofrenico che ad una prima lettura sembra guardare indietro, e invece in qualche modo guarda verso un grande centro mastelliano e cerchiobottista". A quali giovani sono indirizzati invero, Romano, Tananai e Yuman? Forse non ai contagiosi “Diciott’anni” di Ariete, né a quelli che nel weekend faranno scalo al Bronson di Ravenna, mecca delle musiche altre, dove la rassegna Passatelli promuove i suoni di Marta del Grandi, Møaa, Koko, Julinko, Clever Square, Leatherette, Studio Murena, Smile e Phill Reynolds: ibridi, contemporanei, elettronici, sperimentali nella forma canzone, oggetto di discussione nei media specializzati che avanzano le loro istanze molto prima di altrove. Là, dove la prima serata di RaiUno è ancora un tabù, e Marty McFly avrebbe buon diritto a dire “forse ai vostri figli piacerà”.